All’inizio di aprile il governo ha finalmente varato una commissione d’inchiesta sul sistema bancario. Se ne era già parlato più di un anno fa, all’epoca dell’esecutivo Renzi. Non capisco davvero perché si è atteso tanto tempo, prima si operava e meglio era”. È quanto ha affermato Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1, nell’ambito della rubrica ‘Diamo credito al lavoro’.

Già nel 2013, presentando il manifesto sulla buona finanza, messo a punto da Cgil e Fisac – ha sostenuto il dirigente sindacale –, invocammo una commissione capace di fare il punto su tutte le vicende del settore, compresa quella della presenza dei derivati bancari nel nostro Paese. Oggi abbiamo una commissione che può e deve agire senza intralciare o sovrapporsi all’operato della magistratura, che indaga ottimamente su tanti top manager sotto inchiesta, ma deve condurre un lavoro di analisi puntuale, a partire dalla dozzina di realtà dove si sono individuati i casi di ‘mala gestio’. Non serve intervenire a tutto tondo, ma lo si deve fare su Banca Marche, Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare dell’Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara e di Chieti e sulle due banche venete (Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, ndr). E non si tratta di operare alcuna resa dei conti, ma di fare quel lavoro che non è stato attuato sin qui, cioè piena luce e chiarezza sui tanti casi sospetti per mettere in condizione il sistema bancario italiano di diventare quello che deve essere: una banca al servizio dei cittadini e del Paese”.

Per il segretario Fisac, “la vicenda Crédit Agricole-Cariparma che acquisisce le casse di risparmio di Cesena, Rimini e San Miniato è positiva: Cariparma è uno dei pochi gruppi che a suo tempo ha fatto un accordo con noi per l’assunzione di 600 giovani, intesa controcorrente in un momento in cui l’occupazione crollava. La solidità patrimoniale e di prospettive del gruppo francese è oltremodo simbolo di garanzia. È vero – precisa Megale -, i fondi esteri non sono tutti uguali, e anche le casse di risparmio in questione sono diverse: ad esempio, Cesena ha già dato in termini di ristrutturazione, ma in ogni caso è una vera operazione industriale, con un intervento sull’occupazione in linea con la storia delle relazioni. Condizioni occupazionali e contrattuali sono effettivamente mantenute. Vediamo tempi e modi in cui vengono assorbite le tre casse”.

Il Fondo monetario internazionale vuole focalizzare l’attenzione sulle sofferenze bancarie e sul numero degli sportelli – ha osservato ancora il sindacalista –. Il problema delle sofferenze non è dissimile da quello che poniamo da almeno tre anni. A suo tempo, nel 2016 lanciammo una proposta d’intervento pubblico, anche misto, tra fondo interbancario e capitale pubblico, capace di produrre un’operazione di ‘bad bank’ per quelle dodici banche più in difficoltà. Per tale ragione, dei 20 miliardi previsti dal governo per il salvataggio delle banche, una volta sistemate Mps e le due banche venete, sarebbe importante che 6-7 miliardi venissero destinati per tale operazione, al fine di eliminare 40-45 miliardi di sofferenze, consentendo alle banche più in difficoltà di poter ripartire. Sulla questione degli sportelli bancari, direi che l’Italia non ne ha più di Germania o Spagna, e il problema è comune nell’ambito dell’Ue”.

Il rapporto tra crisi e innovazione digitale comporta dei cambiamenti e delle conseguenze. Voglio ricordare al Fmi che, nell’arco di otto anni di crisi, aver chiuso 3.500 sportelli, aver gestito 48.000 esuberi, aver configurato 13.000 giovani nuovi assunti e aver previsto nella legge di Stabilità un intervento straordinario ad hoc per favorire gli esodi volontari, senza drammi sociali, ma con gli strumenti volontari e senza alcun licenziamento, è stata un’operazione di successo per il sindacato, che ha fatto appieno il proprio dovere. Ora potremmo anche immaginare di governare eventuali nuovi esuberi, con interventi senza sofferenze, grazie all’innovazione digitale e a investimenti mirati, per un sistema bancario teso al rilancio produttivo e alla difesa della dignità del lavoro”, ha concluso Megale.