L’invecchiamento degli operatori del Servizio sanitario nazionale è un problema di crescente rilevanza. Tra le tante cause rilevanti, sono la riduzione dei finanziamenti e del turn over, assieme all’insufficiente gestione del personale da parte delle Aziende, i fattori che impediscono di “utilizzare” in modo efficace i professionisti con elevata anzianità. Eppure i “senior” sarebbero un’opportunità, come dimostra la ricerca “L’anzianità lavorativa, una risorsa per le Aziende sanitarie”, realizzata (mediante questionari e focus group) all’interno della Usl di Bologna e presentata dal direttore dei Sistemi per la sicurezza Daniele Tovoli in un recente convegno a Milano. La ricerca fa parte del progetto “Anzianità lavorativa”, inserito nelle azioni di promozione della salute organizzativa della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), con l’obiettivo di individuare le strategie per migliorare l’utilizzo delle loro competenze.

L’età media del personale del Servizio sanitario nazionale in Italia, in larga maggioranza composto di donne, è di 47,3 anni, con valori più bassi per gli infermieri (44,5), i tecnici sanitari (45,9) e gli operatori con funzioni riabilitative (46,7). Più alta l’età media dei medici, che arriva a 50,3 anni: la classe d’età compresa tra 50 e 59 è quella più numerosa, mentre la meno nutrita è quella tra 30 e 34 anni. Più alta ancora, fino ai 56 anni, è l’età delle altre figure dirigenziali. La situazione italiana rispecchia quella degli altri paesi: l’età media degli infermieri è di 50 anni negli Stati Uniti e di 46 in Canada (dove il 41 per cento è sopra i 55 anni), in Germania è over 50 il 29 per cento del personale sanitario e il 32 dei medici, mentre in Gran Bretagna l’età media del personale è di 47 anni.

La (scarsa) letteratura sull’invecchiamento del personale sanitario evidenzia che con il tempo, in generale, vi può essere una riduzione della capacità fisica al lavoro, si possono manifestare alcune cronicità (soprattutto a livello muscolo-scheletrico) e possono aumentare le percezioni di malessere. Si segnalano, in particolare, l’aumento dell’insofferenza ai turni notturni, le manifestazioni di disagio e di burn out, quest’ultime più evidenti per le professioni di assistenza alla persona (come gli infermieri). Nello stesso tempo, però, si evidenzia come l’età e l’esperienza migliorino il prezioso capitale sociale dei lavoratori, aumentino la competenza professionale, le conoscenze tacite e il pensiero strategico.

Veniamo allora ai contenuti della ricerca, cui hanno partecipato gli over 50 della Usl bolognese (pari al 38 per cento dell’intero personale). I senior affermano di avere buone condizioni di lavoro, di sentirsi soddisfatti e stimati, di essere in buona salute: pensano, inoltre, di essere ancora utili sul lavoro, e si propongono con un ruolo attivo nella trasmissione delle conoscenze ai giovani. In generale lamentano lo scarso tempo a disposizione per svolgere al meglio i propri compiti, una sostanziale diminuzione della motivazione e pensano che comunque le condizioni lavorative in futuro tenderanno a peggiorare.

Ci sono poi alcune differenze tra le diverse professioni. Medici e direttori di unità operativa individuano principalmente problemi inerenti l’organizzazione del lavoro, come il lavoro a turni notturno; segnalano la perdita del proprio ruolo (in particolare legato all’introduzione dell’intensità di cura) e la difficoltà sia di poter fare un’adeguata formazione ai giovani sia di coniugare ruolo gestionale e professionale. Gli infermieri lamentano soprattutto i carichi di lavoro (anch’essi con particolare riferimento al lavoro a turno notturno), i problemi di comunicazione con i medici, lo scarso riconoscimento professionale e del merito, la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia.

Interessante, infine, è quanto emerge dai focus group. I professionisti senior fanno spesso riferimento alla fatica, alla stanchezza non riconosciuta dall’organizzazione, all’aumento dello stress lavorativo. Chiedono di ri-equilibrare i turni e i carichi di lavoro (spesso diventati molto intensi), di alleggerire la pesantezza della routine, di destinare ai colleghi più avanti negli anni i ruoli meno impegnativi fisicamente ma che valorizzino maggiormente le conoscenze e l’esperienza accumulata fino a quel momento.