Questa mattina si è svolta una riunione della segreteria della Cgil per mettere a punto la proposta che verrà presentata al direttivo, "confermo che proporremo lo sciopero generale". Lo afferma ai microfoni di RadioArticolo1 il segretario confederale della Cgil, Franco Martini (qui si può ascoltare il podcast).

"Confermo anche - aggiunge - che lo faremo con l'idea di convergere su una mobilitazione generale con Uil e Cisl. Già i sindacati della scuola unitariamente stanno orientandosi verso una decisione di sciopero generale per le mancate risposte che in queste ore sono venute. Il pubblico impiego avrà in questi giorni il confronto con il governo, ma con poche speranze. Quindi - conclude - al direttivo confermeremo la proposta di sciopero generale in un quadro di ricerca ostinata del rapporto con Cisl e Uil".

Alla base della protesta, ricorda Martini, c'è il mancato rinnovo dei contratti per circa 7 milioni di persone: “È la fotografia della crisi che stiamo attraversando, basterebbe pensare a tutto quello che è collegato al consumo o ai settori legati alle attività di servizio come gli appalti. Ma i tagli della spending review metteranno ancora più in difficoltà i Comuni, le Regioni e lì, nel mercato degli appalti, non c'è una grande prospettiva”.

Quanto ai famosi 80 euro, “come era facilmente pronosticabile - osserva l'esponente della Cgil - non hanno avuto un grande effetto sui consumi, come gli stessi operatori commerciali hanno dimostrato, perché la gente li ha usati per pagare debiti e bollette”. Critiche anche sull'anticipo in busta del Tfr: “È una beffa, perché quello che può essere capitalizzato sotto forma di anticipo poi viene penalizzato con un provvedimento fiscale che equipara il Tfr al reddito e al salario”

Perché non si punta invece sul rinnovo dei contratti? “Per quanto riguarda quelli pubblici, il governo non vuole spendere, è chiaramente in una fase di taglio drastico della spesa e dunque il rischio che il blocco rimanga fino al 2018 è concreto”. Per i contratti privati, osserva Martini, “quello che potrebbe aiutarli è la crescita del mercato, ma le imprese hanno difficoltà, non vendono, non riescono a produrre. Inutile girarci intorno: se il governo non rilancia lo sviluppo, non ci sono possibilità e del resto le stesse stime fatte dalla legge di Stabilità prevedono per i prossimi anni una sostanziale stagnazione”.

L'altro tema è il Jobs Act. “L'auspicio della Cgil è che il governo dia priorità al merito e alla sostanza, non ai tempi di approvazione. Noi abbiamo evidenziato i punti che non vanno bene, è un ddl sbagliato come impostazione: non riduce la precarietà, non contiene una vera politica attiva del lavoro, non contiene le risorse necessarie per rendere universali gli ammortizzatori. Vorremmo che almeno su queste tre o quattro questioni fondamentali il governo consentisse al Parlamento qualche modifica, anche se per noi è tutto sbagliato”. Invece, l'idea di approvare la delega sul lavoro prima della legge di Stabilità, conclude Martini, conferma l'intenzione di non modificare nulla: “Si approvare una riforma del mercato del lavoro che prevede e richiede risorse importanti ma prima non si discute dello strumento che dovrebbe definire quali sono queste risorse, cioè la manovra”.