Alla fine la stabilizzazione è arrivata. Così, infatti, il 7 giugno scorso si è pronunciato il Tribunale Civile di Pistoia, in merito alla vertenza nei confronti del Comune omonimo, da parte di una lavoratrice degli asili comunali, che chiameremo per la privacy Margherita. Una vertenza portata avanti con forza dalla Fp Cgil locale per difendere il diritto di Margherita a vedersi riconosciuti i mesi di maternità per il raggiungimento dei 36 mesi necessari per poter essere inserita nelle graduatorie di accesso al processo di stabilizzazione del personale del comune toscano, così come prescritto dalla normativa vigente.

Tutto inizia a maggio 2007, quando il Comune di Pistoia apre le graduatorie per una selezione pubblica, ai fini della stabilizzazione del personale interno. Margherita, collaboratrice scolastica ormai da tre anni, ha i requisiti necessari per partecipare e fa domanda, così come altre sue colleghe nella stessa situazione. Arriva il giorno del responso e Margherita non rientra nel personale convertito a tempo indeterminato, al contrario delle sue colleghe. La motivazione? Non sono stati conteggiati, per il raggiungimento dei fatidici 36 mesi, le mensilità di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità. Motivazione che non solo si pone in contrasto con la normativa italiana, ma anche con la direttiva europea che riguarda l’attuazione del principio delle pari opportunità e "della parità di trattamento tra uomini e donne, in materia di occupazione e di impiego".

Inizia così il lunghissimo iter processuale, durato fino al 7 giugno scorso, quando Margherita ha visto riconosciuto il suo diritto a essere riassunta come addetta ai servizi socio-educativi, finalmente a tempo indeterminato. Lunghi anni in cui la lavoratrice ha continuato a collaborare con gli asili del Comune con contratti a tempo determinato, dove non solo i riflessi economici sono stati forti, ma è stata importante, in particolare, la ricaduta psicologica della condotta dell'amministrazione pistoiese sulla dipendente pubblica. Tanto importante da determinare, nella sentenza del tribunale, oltre agli arretrati, anche un risarcimento di 10.000 euro per danno morale a Margherita.  

"Una sentenza molto importante – afferma in un comunicato la Fp Cgil locale –, seppur di primo grado, perché ha riportato giustizia in una vicenda di discriminazione di genere, che nega un diritto fondamentale della persona: la libera scelta di costruire una famiglia e, quindi, avere figli". E anche un grande risultato per il sindacato, che, con grande tenacia, si è battuto per il riconoscimento alla stabilizzazione di Margherita.