PIOMBINO - Alla fine per la Lucchini l'ha spuntata l'azienda algerina Cevital: nel tardo pomeriggio di ieri è arrivato il via libera all'istanza presentata dal commissario Piero Nardi, con cui si chiede al ministero dello Sviluppo Economico l'autorizzazione a firmare il preliminare di vendita con il gruppo algerino. Questo, presentatosi poco più di un mese fa, ha infatti presentato un'offerta ben più allettante rispetto agli indiani di Jindal South West e non era un segreto che fosse preferita da più parti, mancava solo l'ufficialità.

“L’offerta presenta condizioni più vantaggiose della concorrente – riporta il comunicato della Lucchini – sia per gli interessi dei creditori, sia per le ricadute sociali del piano industriale, che prevede a regime l’occupazione di tutto il personale col rilancio della produzione di acciaio”. Il dato occupazionale è quello più interessante, riflettendo l'ampio piano industriale: quasi 2.200 lavoratori, cioè quelli oggi impiegati direttamente dagli stabilimenti. Circa 800 saranno subito reimpiegati, mentre gli altri resteranno in “solidarietà” in attesa dei due forni elettrici che Cevital ritiene realizzabili uno in 18 mesi e l'altro in due anni. L'offerta Jindal invece si fermava a solo 7-800 lavoratori ed era chiaro che fosse inferiore a quella algerina: chiedeva solo l'acquisizione dei tre laminatoi e si impegnava solo verbalmente alla costruzione in futuro di un forno elettrico. Troppo poco, a quanto pare, agli occhi di Nardi e del Comitato di sorveglianza. Soprattutto di fronte a Cevital, che appena scesa in campo poco tempo fa ha formalizzato una proposta che comprende l’acquisizione di quasi tutte le aree, della Vertek e del 69% delle quote Gsi (rami dell'azienda Lucchini), la realizzazione di due forni elettrici, oltre all’acquisto dei tre laminatoi, prevedendo il loro revamping e la costruzione di un quarto impianto.

Nei piani così è previsto un vero e proprio rilancio della produzione di acciaio a Piombino, auspicata da istituzioni e sindacati. Ma il gruppo algerino non si ferma qui, perché il piano industriale prevede di diversificare la produzione: l'obiettivo è realizzare nelle aree da bonificare della vecchia acciaieria un impianto agroalimentare, settore di cui è leader in patria, sfruttando le nuove opportunità del porto completamente modernizzato, promettendo così l’occupazione di altri 500 lavoratori. Il gruppo Cevital, guidato dall'algerino Issad Rebrab è infatti un colosso nel settore agroalimentare, pur avendo avuto un passato metallurgico e aver ampliato il proprio raggio d'azione in altri settori. Proprio i suoi “interessi” industriali avevano in un primo momento fatto dubitare della possibilità di un suo successo, rispetto ad un concorrente ben più specializzato nel settore e con la città memore dell'offerta-truffa di Khaled Al Habahbeh. Ma con la sua credibilità e solidità al momento ha convinto tutti, tra politici, istituzioni e sindacati.

Questi, dopo le polemiche accesesi negli ultimi giorni, si son ritrovati unanimi a salutare positivamente l'esito della vicenda. “E’ una grande soddisfazione – dichiara Luciano Gabrielli, responsabile provinciale Fiom – Dopo anni di lotte, delusioni e continui rinvii, finalmente una scelta che garantisce occupazione e un piano industriale serio. Una speranza anche per l’Italia perché è la dimostrazione che le crisi si possono risolvere. Resta da augurarsi che il preliminare di vendita sia fatto il prima possibile”. Ora spetta al ministro Federica Guidi dare il via libera definitivo alla firma del preliminare, atto che da più parti ritengono scontato e atteso in tempi rapidi.