Palermo – Da Palermo, luogo simbolo della lotta alle illegalità, la Cgil lancia il suo invito al Parlamento ad accelerare misure forti nei confronti della criminalità organizzata, a partire dal tema dei beni confiscati. Un appello esteso alla stessa Agenzia dei beni confiscati, perché intervenga per mettere in campo risorse e strumenti per le aziende in amministrazione giudiziaria, alcune delle quali oggi versano in difficoltà finanziarie, con i lavoratori non pagati da mesi.

La richiesta di intervento è stata lanciata, nel giorno del ricordo di Carlo Alberto Dalla Chiesa, in una conferenza stampa dal segretario generale della Cgil di Palermo Enzo Campo, dalla segretaria nazionale Gianna Fracassi e dal responsabile del dipartimento legalità e sicurezza del sindacato Luciano Silvestri, presenti alla commemorazione.

L’occasione è servita per fare un bilancio dopo 10 anni di amministrazioni giudiziarie e rinnovare la solidarietà a don Luigi Ciotti, minacciato dal boss Salvatore Riina proprio per l’impegno rivolto ai beni confiscati. A Palermo, dove sono 390 le aziende confiscate alla mafia, ben più della metà rispetto alle 560 aziende confiscate in tutta la Sicilia, la Cgil oggi registra luci e ombre, esperienze positive, come quelle della cooperativa “Lavoro e non solo”, che gestisce 300 ettari di terreno a Corleone, con i lavoratori forti di garanzie contrattuali e iscritti alla Cgil. Ma anche “paradossi”. E’ il caso dell’Ati Group e delle altre due aziende edili del gruppo Aiello di Bagheria Emar ed Ediltecna).

“Da quando, a fine 2013, il patrimonio dell’Ati Group su decisione dell’Agenzia, è stato scorporato e acquisito all’erario, l’azienda si è ritrovata in crisi di liquidità, senza più credito con le banche – ha affermato il segretario generale della Cgil Enzo Campo - Lo Stato di fatto ha tolto le risorse finanziarie all’azienda, ci sono 120 lavoratori che a giugno hanno ricevuto un acconto di 400 euro dello stipendio di febbraio e cinque opere in corso per 40 milioni di euro di appalti che rischiano di restare delle incompiute: gli ospedali di Bronte e di Barcellona Pozzo di Gotto, il mattatoio di Partinico, l’ampliamento della casa di cura villa Santa Teresa e un lavoro al Policlinico di Palermo. Per i lavoratori chiediamo che la cassa integrazione per il 2014, ancora in sospeso, venga approvata in corsia preferenziale. E all’Agenzia, al ministero dell’Interno e a quello del Lavoro, che risolvano il paradosso”.

“La Cgil – aggiunge Campo - intende portare avanti a partire da Palermo una linea di iniziative, non in contrapposizione con la gestione straordinaria. A noi interessa difendere gli interessi dei lavoratori, chiediamo il rispetto dei contratti e un lavoro continuativo, consapevoli delle difficoltà di mercato. Ma non ci possono essere inadempienze da parte dello Stato. La nostra impostazione è che il lavoro porta valore, che con lo Stato si lavora e con la mafia no. Non può passare l’idea che con lo Stato non si può cambiare”.

La segretaria nazionale Gianna Fracassi ha ribadito che l’impegno del sindacato nella lotta alla criminalità è totale. “Oggi sono 1.700 le aziende confiscate in Italia. E delle 1.200 in gestione da parte dell’Agenzia nazionale circa la metà è in chiusura, in fallimento o in definizione del suo ruolo imprenditoriale. Siamo stati tra i promotori del disegno di legge di iniziativa popolare “Io riattivo il lavoro” già depositato in Commissione e in via di approvazione, che tra le sue norme prevede forme di tutela per i lavoratori delle aziende confiscate e anche un fondo per le aziende, per superare le difficoltà nei rapporti con le banche. Non possiamo sprecare lavoro. Il messaggio ai lavoratori e al Paese deve essere che la legalità conviene. Chiediamo alle forze politiche di fare uno sforzo. E all’Agenzia che, superata la fase di stallo della sua costituzione, si mettano in campo tutte le azioni per consentire alle aziende di proseguire il loro lavoro”.

Il segretario della Camera del Lavoro di Corleone, Dino Paternostro, ha illustrato la positiva esperienza della cooperativa “Lavoro e non solo”, che ha promosso il riuso significativo di un bene confiscato con l’ingresso dei prodotti agricoli nella filiera nazionale, e che ha visto la partecipazione di 8 mila ragazzi italiani in 10 anni al lavoro nei campi. “Questa partecipazione massiccia ha creato una coscienza antimafiosa diffusa, una consapevolezza maturata dal basso – ha detto Paternostro – Chiediamo che l’esempio di Corleone sia seguito anche nelle altre città, a partire da Palermo, mettendo a disposizione terreni confiscati per farne orti e giardini che aprano prospettive occupazionali e appartamenti confiscati per l’emergenza abitativa”.