Don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera, è stato oggetto nei mesi scorsi di una serie di minacce intercettate dalle conversazioni che Totò Riina, il capo di Cosa nostra, ha avuto con un suo compagno di ora d'aria nel carcere di Bollate a Milano. La Cgil ha espresso profonda solidarietà a don Ciotti per le minacce mafiose di cui è stato oggetto. Una delle ragioni per le quali Totò Riina si è scagliato contro don Ciotti è l'impegno che lui e Libera insieme a altri tra cui la Cgil hanno messo nel tentativo di recuperare alla socialità e alla collettività del nostro paese i patrimoni dei mafiosi. Riina parla della “roba”, la “roba” che gli viene sottratta, dice anche in queste intercettazioni che in realtà il suo patrimonio è nascosto da un'altra parte e che poco è stato scalfito dai sequestri della magistratura. Ma insomma questo è il punto centrale dell'impegno della Cgil per la legalità e il lavoro legale.

“Con Libera e con tutto il movimento antimafia la Cgil ha fatto ormai da tanti anni un'esperienza, un percorso unitario e un'esperienza straordinaria a partire dalla raccolta del milione di firme sulla petizione lanciata oltre 10 anni fa con la quale si invitava il Parlamento a legiferare in relazione alla proposta che Pio La Torre seppe lanciare con forza attraverso la famosa legge Pio La Torre, poi ripresa da Rognoni, con la quale si individuava appunto l'obiettivo strategico della lotta alla mafia, vale a dire colpire la mafia nei suoi interessi più forti, più robusti, innanzitutto negli interessi economici, aggredendo i patrimoni. Quella legge passò, purtroppo dopo l'uccisione di Pio La Torre”. E’ quanto ricorda Luciano Silvestri ai microfoni di RadioArticolo1 (podcast).

Era stato segretario della Camera del lavoro di Palermo, era stato poi parlamentare del Partito comunista italiano e come parlamentare aveva scritto quella proposta di legge che individuava appunto nel patrimonio uno degli elementi cui attaccare la criminalità organizzata e per questo fu ucciso.

Silvestri Vorrei riprendere un aspetto di Pio La Torre che è sempre un po' in ombra. Ha portato con sé da parlamentare un'esperienza straordinaria di sindacalista siciliano, che si è battuto fin dal suo impegno nella Cgil per la riconquista delle terre abbandonate e per consegnarle ai contadini che le lavoravano, quindi anche lì ci sono le radici profonde dell'impegno della Cgil contro la mafia e quella evoluzione di Pio La Torre con la legge presentata e votata in Parlamento ci fu appunto la raccolta di un milione di firme, insieme a Libera, insieme alla Cgil, all'Arci a questo movimento straordinario perché quei beni poi fossero riconsegnati alla comunità e al loro uso sociale. Però quelle norme a distanza di così tanto tempo non hanno avuto un'attuazione concreta, don Ciotti reagendo alle minacce lo ha fatto in maniera come sa fare lui, molto concreta, invitando il Parlamento a accelerare le decisioni che occorrono oggi perché questo immenso patrimonio che la magistratura riesce con grande fatica a recuperare allo Stato e al Paese sia messo nelle condizioni di essere dal Paese e dallo Stato utilizzato davvero.

Vogliamo ricordare che il grande patrimonio sottratto alla criminalità organizzata che è un patrimonio che non è concentrato solo nelle regioni meridionali ma anzi alcune delle aziende più grandi, dei beni più grandi, sono in regioni diverse, dalla Toscana all'Emilia Romagna, alla Lombardia. C'è una legge, una proposta di legge di iniziativa popolare "Io riattivo il lavoro", promossa dalla Cgil, da Libera e da moltissime altre associazioni antimafia, le firme sono state raccolte, depositate in Parlamento un anno fa e adesso?

Silvestri Sì, noi ci siamo sentiti responsabili dentro a questo movimento straordinario che è il movimento antimafia perché volevamo dare un contributo molto concreto, a partire dalla nostra esperienza che è quella di sindacalisti che sempre di più sono chiamati dai lavoratori loro malgrado coinvolti dai sequestri delle tantissime aziende della mafia, perché ogni volta che siamo chiamati ci troviamo di fronte a problemi giganteschi. La mafia non ha una vocazione nelle aziende che gestisce per renderle produttive, gli succhia il sangue e le utilizza soprattutto per riciclare il denaro sporco. Sono spesso scatole vuote ma spesso sono anche invece presidi economici molto importanti e quindi ci siamo resi conto che quando arriva il sequestro scopri mille situazioni complicate e difficili.

Eppure noi siamo di fronte a un fenomeno che potrebbe dare un contributo straordinario all'occupazione e allo sviluppo. In Toscana, c'è uno dei beni più grandi confiscati alla mafia. Un bene di 700 ettari con 12 casolari, una villa padronale, un agriturismo, una riserva di caccia che a malapena occupa 4-5 persone stagionali, oggi, e che invece potrebbe rappresentare un contributo, piccolo quanto si vuole, ma se uno somma il fenomeno delle aziende confiscate si rende conto che il contributo potrebbe essere grandissimo.

E da qui nasce l'idea di Io riattivo il lavoro, una proposta di legge di iniziativa popolare che ha al suo interno gli articoli che servono da un lato a tutelare i lavoratori e le lavoratrici di queste aziende facendoli accedere immediatamente alla cassa integrazione con procedure straordinarie, e contemporaneamente una serie di articoli che servono a riattivare il lavoro per quelle aziende. Un anno fa sono state consegnate le firme in Parlamento…

Silvestri La legge ha un numero (la 1138) e quindi è pronta, è 1138. Sono terminate le audizioni da parte della commissione giustizia della Camera e adesso ci aspettiamo che la commissione definisca un testo definitivo, lo voti e lo metta a disposizione della discussione parlamentare. C'è bisogno di accelerare. Io in ufficio ho una foto che nel 2005 mi hanno mandato i ragazzi che hanno aiutato la cooperativa Lavoro e non solo, a Corleone, che ha in gestione i terreni confiscati a Totò Riina, e questi ragazzi sono sopra a una mietitrebbia. Quella mietitrebbia è stata acquistata all'epoca grazie alle cene di legalità che in Toscana, insieme al circuito dell'Arci e della Cgil, abbiamo organizzato per raccogliere i fondi. Ma vi sembra normale che una potenzialità come questa, la voglia di fare di tanti giovani debba contare soltanto su una rete di solidarietà e lo Stato non faccia niente? Noi domani andiamo a Corleone come Cgil, andiamo a trovare i ragazzi della cooperativa Lavoro e non solo.

Nei campi confiscati alle mafie, alla criminalità organizzata. Tu insieme a Gianna Fracassi della segreteria confederale sarete a Palermo e a Corleone perché il 3 settembre è il 32° anniversario dell'uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, mandato come prefetto a Palermo per arginare il fenomeno mafioso che 33 anni faceva morti quasi quotidianamente nelle strade siciliane. Ma l'allora tenente dei Carabinieri, Dalla Chiesa, nel '48, indagò su un altro delitto di mafia che riguardava un sindacalista, era l'uccisione di Placido Rizzotto. In realtà Dalla Chiesa aveva individuato i colpevoli di quell'assassinio ma anche quella volta depistaggi e ritrattazioni fecero sì che quell'omicidio rimanesse senza colpevoli e non si trovasse nemmeno il corpo di Rizzotto, fino a due anni fa.

Silvestri La storia del generale Dalla Chiesa è singolare. Sostanzialmente dopo il '48 lo ritroviamo di nuovo a Palermo dopo un lungo percorso, a dimostrazione di come qui siamo di fronte a una storia infinita che lo Stato non riesce mai non dico a chiudere ma almeno a collocare in un binario risolutivo e credo che oggi si possa dire, in occasione di questo anniversario, che il vero spread dell'Italia rispetto all'Europa, rispetto al resto del mondo, sia proprio questo tema della legalità. Che mina alla radice le possibilità e le prospettive di sviluppo economico, perché senza legalità queste prospettive non ci saranno, non ci potranno essere e colpisce anche la convivenza civile, colpisce anche la vita democratica, perché la penetrazione delle mafie, della 'Ndrangheta, della Camorra è forte e va ormai dal nord al sud del paese. Milano è la terza città dopo Palermo e dopo Napoli che ha nel suo territorio il numero più alto di aziende e di beni confiscati. Ormai la 'Ndrangheta la troviamo ovunque, la troviamo nel Veneto, la troviamo in Piemonte, in Toscana, in Emilia. Dobbiamo aggredire questo fenomeno.