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Chi domina il mondo? Chi può decidere con poche parole le sorti di un paese? Secondo molti politici, politologi, analisti dei mercati finanziari: le agenzie di rating Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch. Con sede a New York, Stati Uniti.
Quando Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch emanano i loro „verdetti“ sull’affidabilità creditizia di uno stato, vale a dire sulla sua capacità di puntuale rimborso di un credito, tremano interi governi. Ne sanno qualcosa la Grecia, l’Italia allorché lo scorso maggio Standard & Poor’s definì inadeguati i piani di risparmio del governo, e gli Stati Uniti.
Pur mantenendo al top l’affidabilità creditizia degli USA, con la valutazione AAA, un ranking tipico delle agenzie di rating indicante il massimo di sicurezza e qualità, Standard & Poor’s ha lasciato intendere che in prospettiva essa potrebbe ridotta da „stabile“ a „negativa“. Le possibilità di declassamento sono ora al 33%, fanno sapere gli analisti di S&P, e potrebbero verificarsi nei prossimi due anni. La causa: l’enorme e sempre crescente debito pubblico degli USA pari ormai a 14.294 miliardi di dollari. Una somma immensa che potrebbe portare al default del paese con conseguenze incalcolabili.
Il dominio delle tre agenzie di rating Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch nei mercati monetarie e finanziari è incontrastato. Da sole le tre agenzie di New York assegnano il 95% delle valutazioni di solvibilità economico-finanziaria.
Non a caso, da più parti si levano sempre più forti le voci contro questo potere assoluto delle agenzie di rating americane giudicate corresponsabili della peggiore crisi finanziaria dai tempi della grande depressione. Sotto accusa non solo le banche, ma anche le „tre grandi sorelle“ Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch. Secondo i loro maggiori critici, le tre agenzie di rating avevano dato valutazioni positive di mutui subprime finiti nel portfolio di molte banche, mutui che in realtà – senza il giudizio positivo delle agenzie – non sarebbero stati acquistati dalle banche e pertanto la crisi non si sarebbe estesa. Il problema è che, a partire dagli anni `70 (si veda a tal proposito uno studio della Luiss firmato da Alexi Aliko), le agenzie di rating subirono un cambiamento importante nella loro attività: gli investitori ora non acquistano più i servizi delle agenzie bensì le agenzie sono consulenti a pagamento di banche e società emittenti strumenti finanziari sottoposti in seguito alla valutazione delle agenzie.
Sono dunque le tre agenzie americane le responsabili della crisi finanziaria cominciata con la bolla speculativa immobiliare negli USA? Non è semplice da dimostrare, e comunque non sono le sole. Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch hanno contribuito, consapevolmente? inconsapevolmente?, alla sua amplificazione.
D’altra parte sono state le banche a distribuire mutui subprime in grande stile e a decidere di cederli a investitori oltreché scegliere in quali titoli investire e pertanto quali rischi essere disposte ad accettare.
È da alcuni anni che la politica promette di occuparsi dello strapotere delle agenzie di rating e di volerne riformare le norme che ne regolano le attività.
A tal proposito, il Financial Stability Board (FSB), un organismo che si occupa di promuovere la stabilità finanziaria e che riunisce rappresentanti dei governi, delle banche centrali, di autorità nazionali di vigilanza sulle istituzioni e sui mercati finanziari, di istituzioni finanziarie internazionali, di associazioni internazionali di autorità di regolamentazione e supervisione e di comitati di esperti di banche centrali (fonte Banca d’Italia, nda), ha elaborato alcune proposte di riforma:
1. Per evitare l’effetto-cliff, cioè fare in modo che non non si verifichi una fuga di massa dai titoli di uno stato non appena una agenzia di rating ne riduce la solvibilità, dovrebbero essere cancellati da leggi, norme e valutazioni di azione i richiami ai ratings.
2. Le banche centrali, le grandi banche e i fondi di investimento non dovrebbero più fare affidamento sui ratings, ma valutare i rischi da soli mettendo a disposizione personale a sufficienza. Qualsiasi automatismo (nella valutazione dei rischi, nda) legato ai ratings dovrebbe essere eliminato.
3. Le agenzie di rating non dovrebbero più avere alcun accesso privilegiato ad informazioni sui titoli per cui gli investori non dovrebbero essere indotti a credere che gli analisti delle agenzie siano meglio informati.
Il Parlamento e La Commissione europea si stanno occupando anche di altre regolamentazioni, come l’ipotesi di obbligare le agenzie di rating a dare un preavviso di tre giorni ai governi prima del loro declassamento. Una delle possibilità maggiormente discusse al Parlamento europeo è la creazione di una agenzia di rating europea che funga da contraltare alla dominanza di quelle americane. Progetto ostacolato con forza dalla Banca centrale europea e dal governo inglese in quanto „ i ratings di una autorità finanziata con denaro pubblico non sarebbero presi sul serio dai mercati i quali sospetterebbero un’influenza politica dei governi europei“ (Spiegel online).
Non sarà un gioco facile la partita apertasi contro Fitch, Moody’s e Standard & Poor’s, sia per le enormi resistenze a livello internazionale sia per la posizione dominante da esse assunta negli anni e per la loro posizione centrale nel sistema finanziario mondiale. Ci vorranno probabilmente anni per scalfirne la centralità.
Secondo alcuni analisti bisognerebbe cominciare riducendo l’importanza dei loro ratings; proibendo le consulenze a pagamento quando legate al rilascio di un rating; creando regole comuni e condivise a livello mondiale; istituendo una autorità che regolamenti con standard accettati l‘attività delle agenzie che operano internazionalmente e che abbia la possibilità di prendere visione delle procedure di rilascio dei rating, visto che non sono rese pubbliche, e avere la possibilità di controllare la qualità dei giudizi di rating.