La proposta di aggiornamento degli attuali Lea (Livelli essenziali di assistenza) sanitari – prevista nel Patto per la salute 2014-2016 e oggi in via di approvazione dopo il via libera condizionato di ieri (8 luglio) da parte della Conferenza delle Regioni alla proposta di dpcm del governo – riprende in gran parte il lavoro compiuto con il “dpcm Prodi” nel 2008. Decreto che fu poi ritirato dal governo Berlusconi per mancanza di copertura finanziaria. La nuova proposta (l’articolato dpcm e 19 allegati) è stata costruita in modo poco trasparente, sono filtrate pochissime informazioni, e senza un confronto con le forze sociali (sindacato confederale e associazioni dei cittadini utenti). Si tratta di un grave errore: se si vogliono rendere effettivi ed esigibili i Lea ai cittadini, governo e Regioni devono aprirsi al confronto e alla partecipazione democratica.

Non c’è la copertura finanziaria effettiva
La Legge di stabilità 2016 (comma 555 articolo 1 legge 208/2015) stabilisce che il finanziamento dei nuovi Lea avverrà finalizzando (vincolando) 800 milioni di euro del Fondo sanitario vigente, cioè senza risorse aggiuntive. In pratica, i costi aggiuntivi dei Lea vanno a gravare sul finanziamento esistente, già pesantemente ridotto per effetto delle ultime Leggi di stabilità. La Tabella della Relazione tecnica (qui sotto) che accompagna il dpcm di revisione dei Lea stima l'impatto economico in 771,8 milioni di euro, calcolati tenendo conto anche di un aumento dei ticket a carico dei cittadini per 60,4 milioni di euro.

Aumentano così le prestazioni da garantire ai cittadini, ma a parità di finanziamento complessivo. Si rischia così di creare un’inaccettabile “selezione” delle prestazioni: solo per fare un esempio, dovendo garantire i nuovi vaccini (nuova prestazione Lea: valore stimato 220 milioni anno) si dovrà tagliare altrove. Di qui la posizione della Conferenza delle Regioni che ha dato il via libera al dpcm relativamente al 2016, ma che chiede di calcolare l’impatto economico in modo più preciso e soprattutto di avere risorse effettivamente aggiuntive dal 2017. Si tratta di una posizione quantomeno anomala: sapendo che la revisione dei Lea non è valida solo per il 2016.

Il rischio di approvare un provvedimento velleitario
La lunga crisi economica e sociale, aggravata da insensate politiche di austerity che hanno tagliato il finanziamento alla sanità e ai servizi del welfare socio assistenziale, ha messo in discussione la garanzia dei Lea, soprattutto in alcune regioni. I monitoraggi sulla garanzia dei Lea sono preoccupanti e descrivono una drammatica frammentazione del Servizio sanitario nazionale. Se non si mette in sicurezza il finanziamento dello stesso Ssn, l’aggiornamento dei Lea proposto rischia di essere un provvedimento velleitario.

Eppure, l’aggiornamento dei Lea è necessario e condivisibile: può dare alla programmazione regionale e locale un punto di riferimento più forte, per favorire i processi di riorganizzazione dei servizi sanitari e socio sanitari, rispondendo in modo appropriato alla domanda di salute e di cure dei cittadini e alle trasformazioni intervenute in questi anni: si vedano gli articoli da 21 a 35 della bozza di spcm sull’Asssistenza socio sanitaria integrata.

Il dpcm da solo non basta per garantire uniformità ed esigibilità dei Lea
In ogni caso, l’aggiornamento non basta, deve essere completato con gli strumenti adeguati a favorire l’uniformità nella diffusione dei Lea in tutto il Paese e la loro reale esigibilità. Si tratta di adottare i provvedimenti già previsti nel Patto per la salute 2014-2016 sul monitoraggio dei Lea (articolo 10) e mai attuati. Servono, con le dovute flessibilità per adattarli ai diversi contesti locali, indicatori di risultato, di offerta e standard organizzativi di riferimento (dei servizi, del personale, target di utenza percentuale su popolazione ecc.).

In particolare, sono indispensabili i fabbisogni di personale. Gli indicatori e gli standard esistenti sono del tutto parziali: esistono per l’ospedale, ma non per i servizi distrettuali. Una carenza incomprensibile, che ostacola i processi di riorganizzazione. Non solo. Come sappiamo, l’effettiva garanzia dei Lea è strettamente legata alle liste di attesa. E ancora, senza la definizione dei corrispondenti Lea per l’Assistenza sociale l’esigibilità e l’uniformità del diritto all’assistenza socio sanitaria resta impossibile.

Infine, occorre definire una relazione chiara tra prestazioni e diritti, come prevede la Costituzione, compreso l’esercizio dei poteri dello Stato, anche sostitutivi, per rimediare quella frantumazione del Servizio sanitario nazionale che ha prodotto 20 differenti sistemi regionali. La stessa recente revisione del titolo V della Costituzione, pur assegnando maggiori competenze allo Stato, non sembra offrire risposte adeguate. Insomma, senza risorse e senza poteri l’effettiva garanzia dei Lea, vecchi e nuovi che siano, resta una pia illusione.

Stefano Cecconi è responsabile Politiche della salute Cgil nazionale