Pubblichiamo di seguito un intervento sull'esperienza innovativa della Case della salute del Navile a firma di Sonia Sovilla, Cgil Bologna, Gastone Spizzichino, Uil Bologna, Alberto Schincaglia, Cisl area metropolitana bolognese 

La Casa della salute del Navile continua ad essere oggetto di un dibattito cittadino. La quantità di soldi pubblici investiti e l'importanza di realizzare concretamente una innovazione sanitaria sbandierata ma, spesso, poco praticata sicuramente lo giustificano. Temiamo però che, come spesso capita, prevalga più che il merito la polemica a prescindere. E questo, a meno che non ci sia ancora qualcuno orientato a pensare che la qualità della sanità si fa estendendo il numero dei posti letto in ospedale, rischia di far prevalere una discussione che non va certo a vantaggio di coloro che hanno bisogno di “più sanità e maggior presa in carico” da parte del sistema pubblico. 

Per questo Cgil, Cisl e Uil confederali di Bologna, a fronte di una medicina fortemente mutata ma anche di un aumento crescente di bisogno sanitario giustificato dai cambiamenti demografici in essere sul nostro territorio, da anni credono nella necessità di avviare un percorso di trasformazione nelle scelte sanitarie per far sì che il diritto costituzionale alla salute continui ad essere nei fatti esigibile e garantito a tutti i cittadini, italiani e non, ma soprattutto ai più fragili. Da anni sosteniamo che il decollo delle Case della salute sul territorio rappresenti un punto imprescindibile di questi fondamentali processi, per ciò che esse rappresentano nei vari provvedimenti legislativi che si sono succeduti e che abbiamo fortemente voluto. Case della salute che, ricordiamo, non devono essere solo una sostituzione degli attuali poliambulatori che andavano comunque, in molti casi, ristrutturati in quanto logisticamente fatiscenti e poco accessibili.

Nelle Case della salute abbiamo creduto al punto di presentare, unici nel panorama italiano, piattaforme di distretto con precise richieste in tal senso, come solo un sindacato confederale sa fare. Richieste che hanno portato, nei vari distretti, ad un livello di contrattazione che mai si era visto in questi anni e che si è concretizzato in accordi importantissimi che monitoreremo passo dopo passo, consapevoli che processi di questo tipo non si realizzano in poche settimane. Ci siamo assunti la responsabilità di criticare, concertare, ma anche di fare proposte su temi di rilevante attualità, il welfare nel suo complesso, nell'aspetto integrato socio/sanitario, con la consapevolezza di chi sa di avere ancora (siamo rimasti forse gli unici) un importante ruolo di rappresentanza, tra le lavoratrici e i lavoratori coinvolti ma anche tra gli utenti, i lavoratori e pensionati e la cittadinanza tutta. Questo è il ruolo storico del nostro sindacato confederale che intendiamo, in un contesto difficile e per certi versi cambiato, continuare ad esercitare. A maggior ragione, in uno scenario nel quale una politica sempre più populista e lacerata da guerre intestine si dimostra sempre più incapace di sviluppare risposte ai bisogni della gente.

La Casa della salute del Navile rappresenta per noi il punto a oggi più qualificato di questo processo di innovazione sanitaria, già fortemente in ritardo, che va difeso per quello che oggi già rappresenta ma anche come punto di partenza per arrivare ad un traguardo oggi ancora lontano. Sta nel nostro ruolo monitorare, contrattare costantemente, criticare ma anche assumersi la responsabilità dei risultati ottenuti, frutto spesso, negli ultimi anni, della nostra determinazione e di quella di tanti bravi professionisti che lavorano quotidianamente sul campo con grande tenacia e competenza.

Ma non buttiamo il bambino con l'acqua sporca, se non altro per le ingenti risorse pubbliche impiegate e per i tanti che, spesso in controtendenza, in un mondo di grandi interessi corporativi, si sono impegnati per la sua realizzazione; risolviamo i problemi ancora aperti come sta, del resto, nella storia del sindacato confederale, consapevoli che, su questa partita, Bologna può essere ancora un punto di riferimento per il dibattito nazionale, sia sul sociale che sul sanitario, sapendo che oggi, al di là del dibattito tutto bolognese, solo poche regioni del nostro Paese garantiscono, di fatto, ai loro cittadini, l'universalità del diritto alla salute.

Se il presidente dell'Ordine dei medici dichiara che “i medici di medicina generale non saranno mai obbligati ad entrare nelle Case della salute”, oggi sappiamo che al Navile, ma non solo, parecchi di loro sono entrati insieme ai pediatri di libera scelta, e altri stanno chiedendo giustamente di entrare. Anche loro, evidentemente, ritengono che si tratti di un'esperienza nuova che valorizza tutte le professioni coinvolte, percepita positivamente dall'utenza che sicuramente non vede nell'immediato la soluzione di tutti i problemi ma, di sicuro, si indirizza verso un orizzonte di maggior assistenza per chi ha più bisogno. Urge, ad esempio, ad oggi una soluzione per il quartiere Savena, dove siamo ancora in attesa di trovare un immobile da trasformare in Casa della salute per garantire uguale accesso ai servizi sociosanitari anche a chi vive in quella zona della città.