Il caso di Gela e i piani industriali di Eni, le vicende di Taranto e Genova all'interno della vertenza Ilva, le ultime statistiche sulla produzione industriale con il segno meno. Tanti segnali che confermano le difficoltà che vive il nostro Paese, come ha raccontato oggi ai microfoni di RadioArticolo1 il segretario confederale della Cgil, Fabrizio Solari, ospite della trasmissione Italia parla (ascolta il podcast integrale)

“Gela, Taranto, sono vicende particolarmente complicate – ha esordito il dirigente sindacale –, non solo per i grandi numeri che comportano tali vertenze, ma perché mettono in discussione quel che più manca alla struttura produttiva italiana, ovvero le grandi aziende in grado di fare innovazione e investimenti. E quelle poche che abbiamo rischiano di essere ulteriormente ridimensionate. Il problema è serio, perché a Gela, ma anche a Taranto, esistono accordi alle spalle: quello di programma sull'Ilva e l’altro con l’Eni sulla riconversione degli stabilimenti siciliani. Il sindacato, ma anche le rispettive istituzioni locali, chiedono sostanzialmente il rispetto dei patti sottoscritti. Cosa che non sta facendo Eni, i cui piani sono di disimpegno un po’ in tutto il settore della chimica, mentre l’Ilva è commissariata e il Governo intende venderla”.

“In entrambi i casi in questione – ha proseguito Solari –, il grande assente continua ad essere la politica industriale. Il problema è sempre lo stesso, quello del ruolo del Governo che non c’è. Anche nell’ultima legge di Stabilità abbiamo assistito, per l’ennesima volta, all’idea che basta dare qualche contributo a pioggia e poi gli imprenditori sono in grado di portare il Paese fuori dalla secche. Purtroppo non è così, e i numeri anche stavolta sono lì a dimostrarcelo”.

“Gli scostamenti zero virgola non segnano una tendenza – ha continuato il sindacalista Cgil –, ma, almeno in questa fase, forse è finita la discesa verso il baratro. Certo, però, non siamo in condizione di dire che si è invertita la tendenza. La domanda interna dà segnali di risveglio, ma gli ultimi dati evidenziano un allentamento del contributo positivo delle esportazioni, che, se venissero confermati nei prossimi mesi, ripiomberemmo tranquillamente in una situazione di stagnazione nella migliore delle ipotesi. E sappiamo che se non c’è crescita, l’occupazione non aumenta: è il classico cane che si mangia la coda! Parimenti, non aumenta il reddito disponibile delle famiglie né la domanda di beni e servizi e c’è un calo della produzione. Sono ormai otto anni che stiamo all’interno di questo incubo, e quel che è mancato negli ultimi vent’anni sono sostanzialmente gli investimenti”.

“Noi abbiamo un costo del lavoro tra i più bassi d’Europa – ha evidenziato Solari –, altrettanto accade per i salari, mentre l’orario di lavoro è più alto che altrove. Se il nostro sistema non funziona, è perché la composizione organica della nostra capacità produttiva è troppo tarata verso il basso, ha poco valore aggiunto, e ciò non dipende dalla velocità con cui si muovono le braccia di operai o impiegati, ma dalla qualità dell’investimento che un’azienda è in grado di mettere in campo, in termini d’innovazione di processo e di prodotto”.

“La produttività che manca al sistema italiano è largamente riconducibile a un’insufficiente capacità d'innovarsi – ha rilevato ancora il segretario confederale –. Anche da tale punto di vista ci sono dati oggettivi: non è un caso che la bassa produttività sia connessa alla più bassa penetrazione delle tecnologie nell’industria italiana rispetto al resto d’Europa. Nel ciclo della crisi, abbiamo cancellato circa un quarto della capacità produttiva installata nel Paese, ed è chiaro che risalire la china sarà complicato, e data anche la scarsissima propensione agli investimenti dei privati non ci arriveremo mai! Ma, soprattutto, se mancherà nei prossimi anni una componente importante di finanziamento e investimento pubblico, credo proprio che non ce la faremo”.

“L’accordo unitario sul nuovo modello contrattuale è importante – ha precisato l’esponente Cgil –, perché si misura con un’esigenza strategica, una proposta di dialogo per costruire un nuovo sistema di relazioni industriali, sulla falsariga di quello stipulato nel 1993, cioè il protocollo Ciampi, che salvò l’Italia dal disastro. Ora si tratta di cambiare pagina, sul tema della partecipazione in azienda, rompendo un tabù, avendo la necessità di alzare la specializzazione produttiva nazionale in termini di qualità e valore aggiunto: ciò comporta una partecipazione consapevole della forza lavoro, ma, purtroppo, l’unica cosa che si sta sviluppando in termini abnormi sono i voucher, dove non c’è alcun rapporto di fidelizzazione verso le imprese, e quindi di formazione, conoscenza e partecipazione".

"Noi chiediamo un sistema di relazioni basato su regole certe, sulla rappresentanza, che si colleghi ai princìpi fondanti della Costituzione, partendo dall’articolo 39. Vorrei che si smettesse di dire che la contrattazione si fa solo al secondo livello, perché non è vero. Anche qui, i numeri sono chiari: nel 95% delle aziende esistenti - 5 milioni e 120.000 -, tutte al di sotto dei 15 dipendenti, non è possibile organizzare un sindacato né eleggere una Rsu. Forse si vuole fare contrattazione nello zero virgola delle imprese? Mi sembra una follia! Per ovviare a questo, abbiamo ideato la contrattazione di filiera e territorio. Su questa e altre proposte, attendiamo risposte dalle controparti. Sarebbe opportuno discuterne e trovare un’intesa: noi ce la metteremo tutta”, ha concluso Solari.

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