Bilancio di due anni d’attività. È ciò che ha fatto la Cgil nazionale il 24 e 25 ottobre scorsi, allorquando si è riunito il coordinamento nazionale della formazione all’Impruneta (in provincia di Firenze) per un seminario di approfondimento. “Si tratta di un organismo largo e complesso – spiega Giancarlo Pelucchi, responsabile della formazione per la Cgil nazionale –, formato da rappresentanti di ogni regione e di ogni categoria. La nostra è la scommessa di tutta l’organizzazione Cgil, che pensa alla formazione per fare una nuova politica dei dirigenti, dei quadri e dei delegati della confederazione”.

“Vogliamo costruire una nuova classe dirigente Cgil a tutti i livelli – afferma Nino Baseotto, segretario confederale, responsabile dell’organizzazione –. E il bilancio di questi primi due anni d’investimento sull’attività formativa è decisamente positivo. Abbiamo deciso di ridare priorità alla formazione – un tema abbandonato da molto tempo – con un’iniziativa nazionale non a senso unico. L’obiettivo è valorizzare le tante buone pratiche che ci sono in giro sul territorio e che funzionano a livello di Cdl e di categorie. Nell’arco di 24 mesi abbiamo fatto un grande lavoro, l’inizio è stato incoraggiante, le strutture di formazione non si sono ritratte nel loro orticello, ma hanno messo la loro esperienza a disposizione di tutti. Al fine di favorire una diffusione maggiore di formazione, anche da parte di dirigenti con ruoli apicali. La formazione è un contenuto che può dare riconoscibilità a un’organizzazione come la Cgil”.    

 

Il coordinamento si è riunito dopo circa dieci anni ed è diventato un organo elettivo, secondo quanto è stato stabilito all’ultima conferenza di organizzazione della Cgil. “La confederazione ci ha chiesto un piano formativo nazionale – osserva Pelucchi –, con l’obiettivo di valorizzare quello che c’è, mettendo tutte le strutture in grado di crescere e di costruire un progetto condiviso e collettivo, sapendo che le esperienze sono assai diverse l’una dall’altra. Sono nati dei gruppi di lavoro che affrontano le varie tematiche, su cui poi creare il piano”.

Tra i temi più ‘gettonati’ dai gruppi di lavoro c’è la formazione di genere. “Vi sono diverse proposte in ballo – sostiene Giorgia Fattinnanzi, che si occupa dell’argomento –: una è relativa alla violenza di genere, fenomeno purtroppo in continuo aumento, con corsi riservati agli uomini. Altro progetto, la disparità salariale fra uomini e donne.  E anche qui, il gap sugli stipendi fra i sessi è in crescita costante e la contrattazione non è riuscita in alcun modo ad arginare il fenomeno. I corsi di formazione che organizziamo hanno l’obiettivo di superare l’arretramento dei diritti delle donne. Ma il problema è soprattutto di carattere culturale”.      

“In realtà, la formazione di genere c’è sempre stata, ma oggi diventa un modo di leggere la contrattazione in modo trasversale – rileva Pelucchi –. È una chiave di lettura emersa dalla discussione, che fa parte dei valori della Cgil, così come lo sono la confederalità, il bisogno di rinnovare e di ribadire l’identità della Cgil. È venuta poi fuori la Carta dei diritti e il problema dell’inclusività. E ancora, industria 4.0, contrattazione. Il fine è quello di costruire un sistema che diffonda in larghezza e in profondità, ovvero fare di più e fare meglio”.  

L’economia è anch’essa una delle questioni centrali della formazione Cgil. “È un tema ostico – commenta Riccardo Sanna, capo area politiche di sviluppo Cgil nazionale –, ma noi cerchiamo di parlare dei fondamentali dell’economia, recuperando il pensiero degli autori classici e di renderlo facilmente accessibile ai sindacalisti interessati. La Cgil ha immaginato un progetto pilota con una formazione a distanza, fatto con docenti appartenenti al forum delle politiche economiche della Cgil. Le materie sono: salari, orari, produttività, il mestiere del sindacalista, il piano del lavoro, la carta dei diritti, il sistema delle relazioni industriali, con l’ultima parte dedicata al mercato del lavoro e alle politiche occupazionali. Il corso si divide in tre parti, per una quindicina di lezioni in totale, con sperimentazioni in aula. E si termina con l’almanacco dell’economia. È un progetto pilota, messo a punto con una certa ambizione, alla presenza di un tutor, con un test per passare poi al livello successivo, ed è riservato a quadri e dirigenti e successivamente verrà esteso anche ai delegati”.

Adriano Filice è responsabile dell’organizzazione, nonché della formazione, della Cgil Veneto. “Stiamo cercando di elaborare il livello regionale formativo per tutti i delegati e i dirigenti. Stiamo organizzando un coordinamento per mettere in rete tutte le esperienze e nello stesso tempo relazionarci con il piano nazionale di formazione. Sussidiarietà nella solidarietà, cioè le esperienze di ciascuno diventano importanti per gli altri, in una logica di relazione e di scambio. È in atto un passaggio generazionale all’interno del nostro sindacato e si è formato un gruppo dirigente più giovane. È la realtà della nuova Cgil, dove teniamo vivo il rapporto tra vecchi e giovani. E l’intervento sulla formazione può favorire il ricambio generazionale”.

 

Cristiana Ricci è nella segreteria della Cgil genovese e fa parte del gruppo di formatori nazionali. “Noi cerchiamo di favorire il rapporto tra formatori senior e gli altri che si affacciano da poco alla formazione. Un valore prezioso è la contaminazione, oltre alla sussidiarietà e alla solidarietà. Per facilitare e favorire lo scambio, prestiamo le nostre competenze nell’ottica della reciprocità. Oggi attenzione maggiore va verso la persona, valorizzando le competenze, le attitudini e i requisiti che sono all’interno di ogni struttura. Il compito della formazione è molto importante, perché dà gli strumenti per poterli osservare. È una competenza che si può esprimere su più livelli e l’’apprendimento va veicolato”.

“Utilizziamo la leva della formazione come forma di cambiamento e quasi ovunque siamo riusciti ad allargare il ruolo del coordinamento. Il confine fra la tutela individuale e la tutela collettiva degli interessi è molto labile e segue la frammentazione dei luoghi di lavoro. La scommessa della formazione è la scommessa dell’organizzazione, che pensa alla formazione per fare una politica dei quadri e creare una nuova classe dirigente della Cgil a tutti i livelli. Proviamo a creare un modello condiviso. Un piano nazionale formativo ancora non è stato completato; dobbiamo stabilire contenuti, modi, risorse, competenze, formatori e individuare le scuole per una formazione permanente, a distanza e innovativa. Il piano, che dovrà essere pronto da qui al congresso, non sarà un elenco di corsi e vi sono già alcune linee d’indirizzo. Ogni struttura dev’essere in grado di creare un ciclo di formazione, inclusa la valorizzazione delle persone. Per farlo, bisogna investire nella costruzione di strutture formative e di formatori capaci. La macchina si deve mettere in movimento e deve funzionare a livelli e per macroaree”, conclude Pelucchi.