Ambiente e lavoro, inevitabile pensare a Taranto, alla vicenda dell’Ilva. Ne ha parlato, durante la tre giorni del Congresso Fiom di Rimini, il segretario generale Fiom della città ionica Donato Stefanelli. Ci siamo tornati su direttamente con lui, partendo dallo stato dell’arte, dai contorni attuali della questione.

“La situazione è preoccupante – dice Stefanelli –. La realizzazione degli interventi Aia è ancora in alto mare. Gli ordini in merito sono per ora al 30 per cento. Siamo lontani, lontanissimi. E questo a due anni dall’esplosione della vicenda”.

Ma il piano industriale? “Non può partire. La premessa è il piano di tutela ambientale”. Che c’è e non si vede… “Sì, che deve essere ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Dopodiché scatterebbe l’obbligo della presentazione, entro trenta giorni, del piano industriale”.

“Le ragioni del ritardo? Credo che il commissario Bondi si stia adoperando per prendere tempo e rendere meno onerosi, per l’azienda, i costi del risanamento. Ma questo significa un danno ulteriore, il rischio di una vera e propria catastrofe sociale”.

“Perché? Beh, di fronte a nuovi ritardi potrebbero esserci altre ordinanze della magistratura. E non dimentichiamo, fra l’altro, che il 19 giugno c’è l’udienza preliminare dell’inchiesta Ambiente svenduto. Nel processo la Fiom tarantina e nazionale, e la Camera del lavoro, hanno deciso di costituirsi parte civile”.

“Per realizzare il piano ambientale e il piano industriale – prosegue Stefanelli – occorrono 4 miliardi. Chi le mette queste risorse? I Riva avevano già svuotato la cassaforte prima che esplodesse il caso, consapevoli degli atti criminali che stavano compiendo. Il sistema bancario non assicura nessuna linea di credito a causa delle incognite che incombono sull’Ilva. E nel frattempo le residue disponibilità aziendali si vanno esaurendo”.

Che fare? “L’intervento pubblico, anche se provvisorio, non è più revocabile. Occorre che lo Stato, con la Cassa depositi e prestiti, faccia un prestito ponte per assicurare l’avvio di ambo i piani. Questo intervento finanziario deve essere accompagnato da altre decisioni del governo. Lo Stato deve entrare negli assetti societari, sempre provvisoriamente, per favorire l’ingresso di nuovi partner industriali e mettere quindi i Riva in condizione di non nuocere o addirittura per estrometterli dalla proprietà in applicazione degli articoli 42 e 43 della Costituzione. Come del resto certificò la prima legge “salva Ilva” del gennaio 2013”.

Un percorso, questo disegnato da Stefanelli, in assoluta sintonia con la Cgil. Ma gli umori di Taranto, oggi? “Quelli di prima: contrapposizione tra ambiente e lavoro. Una contrapposizione che si supera solo con i fatti, se la città di Taranto ha la certezza che si va nel verso giusto. E quando dico la città dico i lavoratori, tra i quali la consapevolezza di quanto è avvenuto è sicuramente maggiore di un tempo”.