Cgil, Cisl, Uil chiedono al Parlamento di non convertire in legge il decreto relativo alle “misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della nazione”, approvato il mese scorso dal Consiglio dei ministri. E’ questa la richiesta avanzata oggi, in un’audizione alla commissione Lavoro della Camera dei deputati, dai rappresentanti sindacali delle tre confederazioni e delle rispettive categorie.

Il decreto approvato il 18 settembre interviene sulla regolamentazione dei servizi pubblici essenziali costituzionalmente tutelati sui quali regolamentare il diritto di sciopero. La legge 146/90, come spiegano i sindacati nella nota unitaria presentata oggi (vedi documento allegato), già prevede la tutela del patrimonio storico artistico. Un accordo stipulato tra Aran e sindacati nel 2005 prevede ulteriori norme di garanzia dei servizi pubblici essenziali e sulle procedure di raffreddamento e conciliazione in caso di sciopero.

La regolamentazione c'è, sottolineano insomma i sindacati. Su di essa, però, interviene il decreto del governo che contiene misure urgenti per il patrimonio storico-artistico ed estende la previsione contenuta nell'art.1 della legge 146/90 anche all'apertura dei musei e dei luoghi di cultura individuati dal Codice dei Beni Culturali.

“Il decreto – si legge nella nota di Cgil Cisl Uil - interviene sul diritto di sciopero e il testo che ha accompagnato lo stesso in un comunicato dichiarava che 'l'intervento legislativo si è reso necessario ed urgente alla luce del ripetuto verificarsi di episodi che hanno impedito la continuità del servizio pubblico di fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione' e si conclude affermando che si tratta di un’iniziativa che è stata auspicata anche dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali”.

“Il comunicato – secondo i sindacati - contiene in sintesi tutte le contraddizioni e le illegittimità che caratterizzano il decreto legge” a partire “dall'eccesso, anche politico, di intervenire con una norma sullo sciopero per reagire ad un'assemblea dei lavoratori, indetta nel rispetto del contratto collettivo e dell’art. 20 dello Statuto dei lavoratori, a seguito del mancato pagamento del salario accessorio protrattosi per mesi”.

Per le confederazioni e le categorie il decreto legge “non integra i requisiti di necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione e lo spavaldo uso ricorrente a questo strumento cui purtroppo ci hanno abituato le nostre istituzioni non può costituire una giustificazione.

Per la legge 146/1990 lo sciopero (che è previsto quale diritto costituzionale all’art. 40) va contemperato con altri diritti costituzionali “della persona”. Ma – motivano i sindacati - “per quanto si voglia ragionare in termini di espansione naturale dei diritti sociali di seconda o terza generazione, è difficile immaginare che la fruizione di un sito museale proprio quel giorno e a quell’ora, in forma individuale o aggregata per gruppi, possa costituire 'diritto della persona' individuabile nella Costituzione”.

Le organizzazioni dei lavoratori sottolineano invece che “è più illegittimo e sanzionabile il degrado nel quale si trovano molti siti storici e ambientali che l’eventuale chiusura di un sito per assemblea o sciopero assistiti da preavviso e rispetto delle norme contrattuali già esistenti”.

Prosegue la nota: “Il Governo, che dovrebbe emettere decreti legge a tutela dell’abuso di potere del datore di lavoro, emana norme urgenti per sopprimere le proteste legittime dei lavoratori”. Per questo motivo “il Parlamento non può accettare un atteggiamento che potrebbe essere identificato come dittatoriale di padre padrone che si verificava nelle fabbriche degli anni '70”.

Cgil Cisl Uil ricordano che “il diritto allo sciopero è una conquista dei nostri padri e non può essere cancellato con un decreto legge”, e che “non sono le assemblee dei lavoratori a denigrare l'immagine della Nazione ma forse i mancati provvedimenti che il Governo dovrebbe emettere per la ristrutturazione dei beni artistici della nazione”.

Per questo motivo le organizzazioni sindacali “chiedono che il Parlamento non converta il decreto legge 146/2015 ritenendolo illegittimo”.