“La Carta dei diritti universali del lavoro è una cosa importantissima, è un atto di grande responsabilità, di grande forza e di grande innovazione. Abbiamo amato tutti lo Statuto dei lavoratori del 1970, e ne siamo stati legati come a una pietra miliare del diritto. In questi anni, però, è stato variamente manomesso, tanto che ora non solo c'è la presunzione di parità tra il lavoratore e il datore di lavoro, ma addirittura c'è l'obbrobrio giuridico delle deroghe alla legge attraverso gli accordi individuali o collettivi”. A dirlo è stata Morena Piccinini, presidente del Comitato direttivo Cgil nonché del patronato Inca, ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1.

“La proposta di legge della Cgil - ha continuato Piccinini - vuole riposizionare il sindacato  in un mondo del lavoro che è profondamente cambiato. Non c'è più solo la centralità del lavoro dipendente, ma una Carta dei diritti universali per tutto il mondo del lavoro, che sia dipendente, autonomo o parasubordinato. I diritti sono universali, quindi bisogna esercitarli in modo universale e ritornare a un principio di tutela. Perché il lavoro va tutelato, per salvaguardare la dignità della persona e lo sviluppo stesso dell'impresa. L'impresa, infatti, non può svilupparsi in modo positivo se non c'è un riconoscimento della dignità del lavoro. Questa carta verrà quindi sottoposta alla consultazione straordinaria di tutti gli iscritti e, se i lavoratori nostri iscritti saranno d'accordo, ben presto diventerà oggetto di una proposta di legge di iniziativa popolare, tale da farne una grande campagna in tutta Italia. E' un passaggio molto importante”.  

Quella della proposta di legge di iniziativa popolare, però, è una strada fitta di ostacoli. “Abbiamo pensato  - ha detto poi presidente del Comitato direttivo Cgil – che proprio perché c'è un'afasia complessiva e generale sul lavoro, deve essere la Cgil a porre il tema di cosa serve e su cosa discutere. Certo sarebbe stato più semplice un referendum abrogativo sul Jobs act, ma non sarebbe stato risolutivo del problema. Così come non sarebbe stato risolutivo ritornare allo Statuto così com'era in origine”. 

“Anche il fatto che la Carta sia così corposa – ha concluso – sottolinea  che vogliamo affrontare il tema a tutto tondo, e che lo vogliamo mettere a disposizione del mondo accademico, giuridico, e della cultura, oltre che dei lavoratori e delle imprese. La stampa, in prima battuta, ha colto soltanto gli aspetti più marginali, sebbene importanti. Ma quel testo non può essere visto soltanto alla luce del se e quanto si ritorni a recuperare l'articolo 18. Noi vogliamo ragionare di uno schema di diritti molto più ampio, molto più profondo rispetto a quanto oggi sia stato messo in campo. Ci auguriamo che si apra un dibattito che oggi non c'è. Noi chiediamo che il paese cominci ad approfondire il tema del lavoro”.