La musica italiana rischia il collasso. Arriva senza giri di parole il grido di allarme dagli Stati Generali delle etichette indipendenti e degli emergenti. Una rete di festival, promoter, associazioni, band, autori, indies che costituisce l’ossatura del settore (circa il 40%) e che rischia di essere spazzata via dall’emergenza. “La crisi economica per noi è una costante dal 2008, a causa dell’avvento di internet, che ha colpito le situazioni più fragili – osserva il presidente di AudioCoop Giordano Sangiorgi – ma il coronavirus potrebbe cancellare il 30% del mercato musicale entro giugno”. Dietro le percentuali, ci sono persone in carne e ossa: circa 50mila addetti impiegati in 10mila aziende, senza cui il mercato italiano crollerebbe con i soli tour delle major negli stadi. “Questa situazione potrebbe essere la mazzata finale”. Sangiorgi non vuole passare per chi lancia presagi negativi, ma la situazione è preoccupante e, viene da dire, da tempo la rete della musica indipendente chiede interventi strutturati, come una Cassandra inascoltata.

Le otto proposte presentate al Mibact sono la sintesi di un percorso cominciato un anno fa dalla Milano Music Week, che ha coinvolto tutti i protagonisti della filiera musicale più piccola tra start up, partite iva e freelance. Il passo che ci si aspetta ora, successivo a questo primo confronto con il Ministero, è “l’apertura di un tavolo costante della Musica con il Mibact, il Mise e il ministero del Lavoro, per la crisi delle imprese maggiormente a rischio e con meno coperture”. Quelle spesso a più alto tasso innovativo ma più fragili economicamente. Oltre che a livello nazionale, si caldeggia anche l’avvio di tavoli regionali, per un monitoraggio della crisi che tenga conto di quanto viene realizzato sui territori.

Tra gli otto punti del documento inviato al Mibact, c’è il riconoscimento immediato di una serie di tutele a tutti i lavoratori della musica: l’indennità di malattia, la Naspi, la cassa integrazione in deroga per le imprese e gli operatori costretti a cancellare tutti gli eventi. “Bene il Cura Italia- commenta il presidente di AudioCoop – ma bisogna fare di più. Bisogna allargare la platea dei tutelati. Ad esempio, eliminando barriere burocratiche come quella dei trenta contributi giornalieri in un anno”. Sangiorgi pensa ai giovani artisti appena entrati nel circuito, che avevano fatto poche date, molte delle quali sono saltate. Ma pensa anche a tutte quelle figure che “sono la benzina per mettere in moto il circuito della musica, investendo risorse proprie sugli artisti sconosciuti”. Festival, club, circoli, che hanno irrimediabilmente perso il loro fatturato economico fino a giugno. “A loro non basterà rialzare la saracinesca per recuperare ciò che è andato perduto”.

Un commento positivo va anche al provvedimento che prevede l’emissione di voucher per i biglietti già acquistati dal pubblico ma, sottolinea Sangiorgi, “occorrerebbe ricordarsi anche di tutti i piccoli eventi che non fanno prevendita, o gli eventi free che fanno girare il mercato musicale, rimasti senza alcuna copertura”. La crisi sta facendo emergere con violenza le disparità tra i big della musica tutelati e i più deboli, troppo poco presenti nel decreto. Lo stesso Mei (Meeting delle Etichette Indipendenti) e AudioCoop rischiano di venire cancellati, se mancano le risorse a sostegno delle “nuove scoperte”. Oggi lo scouting si fa attraverso la rete, ma anche grazie ai live, durante i festival e i contest. Queste realtà sopravvivono soprattutto con i bandi promossi annualmente dal Ministero dei Beni Culturali, dall’Imaie e dalla Siae.

La Società degli Autori avrebbe dovuto lanciare proprio in questi giorni la nuova edizione del bando “S’Illumina”, che permette alle etichette indipendenti di avviare produzioni altrimenti non sostenibili economicamente. E’ anche a loro che Sangiorgi pensa. “Non basta solo redistribuire tra gli artisti, in forma solidale, il 10% degli introiti sui diritti d’autore. Vogliamo la garanzia che questi bandi restino e che i finanziamenti già assegnati vengano erogati”. E’ giusto supportare gli autori, secondo Sangiorgi, ma non si possono sostenere allo stesso modo i giovani alle prime armi e gli artisti affermati che incassano migliaia di euro di diritti. La perdita non è minimamente comparabile. “Dobbiamo salvare il Made in Italy e il futuro della cultura nel nostro paese. Dobbiamo tenere accesa la fiamma della musica italiana”. Che ora rischia di spegnersi.