Oltre 41mila assemblee in tutta Italia – nell'arco di due mesi – per circa un milione e mezzo di votanti. Il consenso è amplissimo: il 98 per cento degli interpellati ha detto sì alla proposta sulla Carta; il 93,59 per cento si è espresso per il sostengo ai referendum abrogativi nella fase di raccolta firme per la legge di iniziativa popolare. A tracciare il bilancio della prima fase sul nuovo statuto, conclusa lo scorso 19 marzo, è il segretario generale della confederazione di Corso d'Italia, Susanna Camusso, in una conferenza stampa tenuta oggi (21 marzo) nella sede nazionale del sindacato. “La consultazione – ha detto – è stato uno straordinario evento democratico che per numeri e dimensioni non ha uguali. Le forme democratiche di partecipazione sono una nostra caratteristica, non è vero che viviamo nella stagione della mancata partecipazione” (qui le tabelle di Regioni e categorie in pdf).

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Dignità e libertà le parole chiave di una proposta che “vuole dare diritti al lavoro precario, subordinato e autonomo” precisa la dirigente sindacale. “Abbiamo riscontrato un interesse che va oltre la dimensione dei nostri iscritti; colpisce anche l'uniformità del voto, la grande voglia di provare a discutere di una prospettiva. La Carta contiene in sé una vera e propria rivoluzione rispetto alle modalità tradizionali della nostra organizzazione nell'affrontare il lavoro: abbiamo proposto di avviare una stagione in cui non è il lavoro dipendente l'attenzione centrale della nostra attività, ma è il lavoro in tutte le sue tipologie e tutte le sue sfumature”.

Insomma, “il mondo del lavoro ha voglia di provare a cambiare pagina, di uscire dalla lunga nottata della crisi e dalle ricette finora proposte”. Rispetto alla quotidianità, riferisce Camusso, dalle assemblee “è emerso con forza il problema della disoccupazione, soprattutto dei giovani, e della paura di perdere il lavoro; accompagnato dalla fin quasi rancorosa rivendicazione sulla necessità di cambiare la legge sulle pensioni” e dal preoccupante boom dei voucher. “Ora – aggiunge – abbiamo la conferma che ci sono tutte le condizioni per provare a rilanciare una discussione vera su cos'è il lavoro, sulla sua funzione economica rispetto al liberismo e all'austerità. E non vogliamo farlo nel rimpianto del 'come eravamo', bensì con la voglia di guardare al futuro”.

Sulla base del mandato ricevuto la Cgil si appresta alla seconda fase, quella della raccolta di firme dal 9 aprile in tutti i luoghi di lavoro e in tutte le piazze italiane. “Navigheremo in mare aperto, sarà una mobilitazione non burocratica che avvia una stagione di interlocuzione per superare il pregiudizio sul fatto che la Cgil si occupa solo del lavoro dipendente. Parleremo anche con la politica, presenteremo la nostra proposta ai gruppi parlamentari e alle istituzioni sul territorio”.

Una precisazione sui quesiti referendari. “Non sono stati al centro delle assemblee”, riferisce Camusso. Le proposte saranno “autonome e finalizzate a sostenere le soluzioni che emergono dalla proposta di legge, non abbiamo intenzione di accompagnare ogni singolo articolo della Carta con altrettanti quesiti”. I referendum rafforzeranno i tre elementi distintivi proposta Cgil: inclusione (quindi contrastare il boom dei voucher); solidarietà (il discorso degli appalti, che riguarda qualche milione di persone); libertà. Quest'ultimo punto toccherà “la tutela reintegratoria di fronte a licenziamenti illegittimi di ogni natura”, precisa Camusso. “Ovviamente, lo penseremo in coerenza con la Carta: non ci muoviamo nella direzione di ritornare alle precedenti normative, guardiamo invece a tutta la legislazione nel suo complesso per definire nuove regole che guardano al mondo attuale e alla sua destrutturazione che parte da lontano, da prima del Jobs Act”.