Sono oltre 17mila. E dal primo gennaio rischiano di riversarsi per le strade italiane, senza un tetto, senza assistenza sanitaria, senza un qualunque modo per procurarsi sostentamento. Sono i rifugiati accolti nel nostro paese grazie allo stato di emergenza dichiarato il 12 febbraio 2011 dopo i primi sbarchi di cittadini in fuga dalla cosiddetta “Primavera Araba” e ad oggi senza un futuro certo.

Allo scattare della mezzanotte di capodanno, infatti, l'emergenza predisposta dal governo italiano finirà nel nulla, e la maggior parte di queste persone si ritroverà sulla strada. Il rischio insomma è che si ritrovino nella stessa identica situazione di moltissimi altri rifugiati e richiedenti asilo che vivono tuttora nel nostro paese, le cui condizioni di vita noi di Rassegna.it abbiamo già più volte documentato.

Finora questi profughi avevano goduto di una diaria assicurata dallo Stato, e gestita, in maniera più o meno trasparente, dalla Protezione civile. L'organizzazione, infatti, aveva distribuito i fondi ad associazioni e fondazioni, che avevano sistemato queste persone in alberghi, centri della rete associativa, strutture comunali, appartamenti, caserme, sparsi su tutto il territorio nazionale. Ora i fondi sono destinati a finire e nessuno ha ancora pensato a cosa potrebbe succedere dopo.

Stato di emergenza
Nel febbraio 2011, il governo varò un decreto emergenziale con il quale stanziava dei fondi per i rifugiati provenienti soprattutto dalla Libia in guerra e dalla Tunisia. Erano tanti, e venivano sopratutto dal Ghana, dal Mali, Sudan, Nigeria, Costa d’Avorio, Etiopia, Ciad, Burkina Faso, Pakistan, Bangladesh e Somalia. Tutti fuggiti “a forza” dal nord Africa. In data 6 ottobre 2011, a pochi mesi dalla scadenza del primo decreto, il consiglio dei ministri firmò due ulteriori decreti per prorogare fino al 31 dicembre 2012 lo stato di emergenza umanitaria e di ulteriori sei mesi la durata dei permessi di soggiorno per motivi umanitari rilasciati in base ad un provvedimento datato 5 aprile 2011. In questo periodo oltre 17.500 profughi sono stati ospitati (e lo sono tuttora) nei centri dell'emergenza. 1765 solo nel Lazio (il 50% circa nell'area metropolitana di Roma) e 1519 in Toscana. La spesa complessiva per lo stato è stata di 1.300 milioni di euro per il biennio, di cui però poco meno di 600 destinati direttamente all'accoglienza e l'assistenza dei profughi. Il resto si è perso in altre voci: accordi con la Tunisia e la Libia, sostegno alle forze armate che sono intervenute e all'apparato del Ministero dell'Interno. Ciò che restava è servito a corrispondere direttamente una diaria di 46 euro per persona agli enti gestori, scelti direttamente dalla Protezione civile. Per i centri Sprar (specializzati in fornire servizi, non solo di accoglienza, ma anche che favoriscano l'integrazione) la diaria è stata invece di 35 euro.

Le polemiche.
Nel corso di questo periodo sono  germogliate centinaia di associazioni, costituite col solo scopo di accedere ai fondi. La scelta delle associazioni beneficiarie delle diarie era di fatto affidata direttamente alla Protezione Civile, senza la predisposizione di un qualsiasi bando pubblico. Ci sono anche stati casi eclatanti di associazioni che intascavano buona parte del denaro e che costringevano i rifugiati a vivere in condizioni non certo dignitose. In molti altri casi, poi, non è stato attivato alcun processo di integrazione per queste persone.

Rifugiati in Italia.

Eppure l'emergenza non riguarda solo loro. I rifugiati in Italia, secondo l'associazione Medici per i diritti umani, non sono poi così tanti. Sono complessivamente 58.000, vale a dire meno di uno ogni 1000 abitanti. Per fare un paragone, basta dire che nel 2011, la Germania, primo paese europeo per numero di rifugiati accolti, ne ospitava 571.000. In Paesi come la Francia, i Paesi Bassi e il Regno Unito, invece, i rifugiati sono tra i 3 e i 4 ogni 1000 abitanti mentre in Svezia sono oltre 9 ogni 1000 abitanti. I migranti forzati in lista d'attesa per entrare nei progetti di accoglienza dello Sprar, il Sistema di protezione italiano per richiedenti asilo, sono però pochissimi: soltanto 7431. In sostanza si è creato un sistema "ad imbuto" per cui della totalità dei migranti forzati in uscita dai centri di prima accoglienza (Cara), solo una parte riesce a superare il collo stretto del sistema e ad accedere ai pochi posti disponibili nei progetti Sprar o nel circuito dia altri centri metropolitani. Di conseguenza la maggior parte di loro si trova per strada, in rifugi di fortuna, senza assistenza sanitaria. In condizioni disperate. Molti di questi casi, noi di Rassegna.it li abbiamo già documentati, così come le disfunzioni del sistema Dublino, il meccanismo di accoglienza dei rifugiati in Europa. L'accoglienza italiana non funziona e il nostro paese è ormai diventato un caso internazionale, oggetto di accuse e preoccupazione.

I dati dello Sprar.
Secondo lo Sprar, però, nel 2011 il numero dei rifugiati e dei richiedenti asilo accolti nella loro rete è aumentato quasi dell’11 per cento rispetto all’anno precedente. Per il biennio 2011-2012, la rete ha aumentato a 3979 i posti di accoglienza complessivamente disponibili, grazie ai fondi straordinari. Hanno aggiunto quindi ai 3000 posti strutturali altri 163 posti implementati grazie alle risorse Otto per mille assegnati ad Anci e agli 816 posti messi a disposizione della Protezione civile in occasione dello stato di emergenza. Già a prima vista si capisce che è una goccia nell'oceano. Basta una semplice sottrazione: 58.000 rifugiati complessivi meno  7500 rifugiati accolti, fa 50.500 rifugiati per strada. Di questi circa 17.000 hanno finora usufruito dello stato di emergenza, e ora finiranno per strada. Gli altri già ci stavano. 

Capodanno amaro.
Medici per i Diritti Umani, Naga e Cittadini del Mondo, sono associazioni che prestano assistenza socio-sanitaria a questi migranti forzati, che vivono in condizioni di precarietà a Roma, Milano e Firenze. Questo esercito di disperati in fuga da guerre e persecuzioni vive in tendopoli, baraccopoli, edifici abbandonati e stazioni ferroviarie, soprattutto nelle grandi aree metropolitane. Le tre associazioni hanno recentemente lanciato l'allarme. Dal primo di gennaio la situazione precipiterà. Ecco perché hanno rivolto un appello al Ministero dell’Interno affinché le migliaia di profughi dell’Emergenza non vengano abbandonati a se stessi e vengano loro assicurate la necessaria protezione e gli opportuni percorsi di integrazione.  “In una prospettiva di civiltà e di rispetto dei diritti fondamentali della persona che il nostro Paese ha il dovere di assicurare- scrivono in una nota – sono ineludibili e prioritari il potenziamento e la razionalizzazione del sistema di accoglienza per i richiedenti asilo e i rifugiati, sia dal punto di vista delle risorse finanziare sia per quanto riguarda la pianificazione dei servizi in un sistema organico e coerente”. Se non si fa molto in fretta, però, il capodanno dei rifugiati dell'emergenza sarà di certo molto amaro.