Il Jobs Act e tutte le implicazioni negative che la riforma del mercato del lavoro del Governo Renzi comporta: su questo, è intervenuta stamattina a Italia parla, la rubrica quotidiana di RadioArticolo1, Serena Sorrentino, segretaria confederale Cgil (ascolta il podcast). 

“Intanto, cominciamo col dire che i testi definitivi del Jobs act non ci sono, e neanche le bozze della nuova legge abbiamo avuto la possibilità di visionare né tantomeno di discutere – ha esordito la dirigente sindacale –. E siccome parliamo di controlli a distanza, salute e sicurezza, ammortizzatori sociali, politiche attive del lavoro, tutte cose fondamentali per la vita dei lavoratori, ci saremmo aspettati dal Governo quantomeno il massimo di chiarezza e corretta informazione, visto che dal 1° gennaio 2016 cambierà di molto la gestione delle crisi aziendali, ma anche delle politiche ordinarie”. 

“Il tetto di due anni alla cassa integrazione non va bene – ha rilevato l’esponente Cgil –: ci sono troppi lavoratori che resteranno fuori. Non si tratta di fare assistenzialismo, come qualcuno ci ha accusato; il problema è proteggere un milione di posti di lavoro, tanti sono coloro che il rapporto Cnel ha enumerato dal 2008 ad oggi sottoposti a tutela, in seguito alla crisi e alla perdita del 25% di produzione industriale. Grazie agli ammortizzatori sociali, questo esercito di persone finora si è salvato. Dunque, è sbagliato ridurli ora che si manifestano timidi segnali di ripresa, grazie al traino dell’export. Al contrario, quegli strumenti andrebbero consolidati, in attesa del compimento dei processi d’innovazione e riorganizzazione delle imprese, che dovrebbero permettere di reggere la sfida della competitività, aumentando l’occupazione”. 

“Parimenti importanti sono le politiche attive del lavoro – ha detto ancora la segretaria confederale –, dove Renzi ha fatto un altro pasticcio, complice il riordino istituzionale di regioni, province e comuni. I centri per l’impiego sono la cartina di tornasole del fallimento di una politica puramente demagogica: anziché investire, creando nuove politiche d’integrazione attraverso la costruzione di una rete per i servizi del lavoro per risolvere il dramma dell’inattività, che colpisce giovani neet, soprattutto laureati, ma anche una massa considerevole di over 50, ci troviamo di fronte 8.600 dipendenti delle province in bilico, dei quali 2.000 precari, perchè la continuità lavorativa gli verrà garantita solo dalle convenzioni che le regioni stipuleranno con la costituenda agenzia nazionale. Con il Jobs Act, il Governo ha fatto un’altra operazione d’indebolimento a proposito di disabili , mettendone in discussione proprio il principio della legge in materia d’inserimento al lavoro, così come tanti altri compiti che oggi gravano sui centri per l’impiego. In questo momento, la nostra priorità è tutelare tutti questi lavoratori, garantendo soprattutto coloro che sono disoccupati”. 

“Per quanto riguarda i controlli a distanza – ha aggiunto la sindacalista –, noi puntiamo a ripristinare l’obbligo di accordo sindacale, in vigore con il vecchio articolo 4 della legge 300/1970, che finora ha sempre funzionato bene, perché l’accordo sindacale e il coinvolgimento dei rappresentanti sindacali garantiva il bilanciamento fra la tutela dei diritti dei lavoratori e le esigenze aziendali di controllo. La riformulazione che ne ha fatto il Jobs act istituisce per noi un principio lesivo dei diritti dei lavoratori. Perciò, ci siamo rivolti al Garante della privacy, in quanto è cambiata la prospettiva con cui vengono utilizzati i controlli a distanza: se l’azienda può disporre unilateralmente del trattamento dei dati che vengono immagazzinati dagli strumenti di lavoro, il lavoratore non è pienamente consapevole di quando viene intercettato, e soprattutto non c’è distinzione fra i dati che riguardano la sua vita personale e quelli che attengono alla sua prestazione lavorativa. Abbiamo chiesto al Garante che si lavori su un codice deontologico che le imprese devono utilizzare, stabilendo quali sono i confini intangibili per la tutela dei dati personali dei lavoratori, e che poi il resto della materia sia demandata alla contrattazione. Di recente, all’Expo, Cgil e Nidil hanno stipulato un accordo con Manpower sulla geolocalizzazione degli atipici, che è servita a proteggere i lavoratori dai rischi che il relativo monitoraggio avrebbe comportato”. 

Infine, sulla conferenza dì organizzazione Cgil, “c’è un’esigenza di rinnovamento in tutta la Cgil, dando maggiore protagonismo ai delegati, ai territori, spostando risorse e competenze verso formazione e qualificazione di chi ha la titolarità della contrattazione sia in azienda che a livello nazionale, premiando la contrattazione inclusiva, aumentando gli strumenti, anche di sperimentazione, di nuove forme contrattuali che amplino sempre più il perimetro delle tutele dei lavoratori: insomma, c’è una chiave che intreccia il bisogno d’innovazione delle forme di rappresentanza, incluse le modalità con cui si esercitano le funzioni sindacali, con il dare più strumenti di lavoro ai delegati e a chi ha compiti e responsabilità di fare contrattazione, per reggere sfide altissime: da un lato, quella poste dal governo con il Jobs act e le politiche economiche; dall’altro, quella dei rinnovi contrattuali, che riteniamo vada affrontata difendendo le prerogative dell’autonomia collettiva, alla luce del Testo unico sulla rappresentanza sottoscritto con le imprese. Dunque, dopodomani la Cgil farà una scelta: meno poteri e burocrazia al centro, più risorse sul territorio e nei luoghi di lavoro, dove c’è bisogno non solo di reinsediarsi, ma anche di avere maggiore protagonismo”, ha concluso Sorrentino.