“Negli anni è stata perseguita l'idea della disintermediazione nel rapporto con le organizzazioni sindacali, ma più in generale anche con le parti sociali ed economiche. Si tratta di un'idea sbagliata e dannosa per i lavoratori, tanto più se attuata nella fase acuta della crisi che ha colpito pesantemente il lavoro e importanti settori produttivi del paese”. A dirlo è Gianna Fracassi, segretaria confederale della Cgil e vicepresidente del Cnel, in un'ampia intervista pubblicata sul nuovo portale del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. “La rappresentanza sociale ed economica – spiega – è una parte fondamentale dei processi democratici: bisognerebbe non dimenticare mai il senso e il valore che la nostra stessa Costituzione ha attribuito alla libera organizzazione sindacale e in generale alla rappresentanza sociale”. Il Cnel, rileva, è esattamente “coerente con quei valori, per dirla con Di Vittorio aveva e ha il ruolo di dare la possibilità alle parti economiche e sociali ‘di esercitare un'influenza nell'evoluzione sociale ed economica del nostro paese’. Non credo che questa non sia più un'esigenza attuale, anzi osservo che paradossalmente è addirittura cresciuta”.

Il lavoro, spiega ancora Fracassi, “si crea se si costruiscono le condizioni economiche per lo sviluppo, se si individuano le filiere produttive in cui scommettere e investire. Per farlo la sfida più urgente per il paese è mettere al centro delle politiche pubbliche la scuola e l'università. Le disuguaglianze sociali ed economiche sono aumentate nel corso degli ultimi anni diventando, allo stesso tempo, causa ed effetto della crisi. Ciò è avvenuto perché le risposte alla crisi messe in campo dai governi, tra cui, in particolare, le politiche di austerità, hanno contribuito a un maggiore impoverimento di fasce sempre più larghe della popolazione. Invertire la tendenza significa cambiare profondamente le politiche economiche”. Per contrastare le quattro emergenze individuate dal Cnel nel parere sul Def 2018 (povertà, Mezzogiorno, lavoro giovanile e famiglia), bisogna “rimettere al centro delle politiche pubbliche i problemi e i bisogni sociali delle persone. Non bastano più gli interventi spot e le misure una tantum, servono interventi strutturali e un cambiamento della politica economica. Da questo punto di vista è necessario definire un programma di investimenti pubblici, selezionare le priorità e governare le politiche di sviluppo”.