I dati Istat sul mercato del lavoro ad aprile sono stati "generalmente positivi". Lo afferma il presidente della Fondazione di Vittorio, Fulvio Fammoni: "Il calo dell'inattività - dice - rimette in gioco una parte di popolazione scoraggiata nella ricerca attiva di lavoro".

"Spesso - a suo avviso - si danno giudizi analogamente positivi quando la disoccupazione cala, ma si afferma invece un effetto di travaso verso l’inattività. Occorre allora, anche per la dimensione del fenomeno in Italia, utilizzare un metro di giudizio che – per coerenza - sia sempre valido rispetto alla lettura dei dati".

Ad aprile la disoccupazione italiana è dell’11,7% e si conferma stabilmente più alta di quella europea: nell’area euro è del 10,2% (-1,5% rispetto all’Italia), nella UE a 28 dell’8,7% (-3%). I dati Eurostat sull’inattività si fermano al quarto trimestre 2015, ma sono comunque utili per spiegare e paragonare il fenomeno. L’Italia ha il tasso di inattività più alto d’ Europa, 35,4% ad aprile: il dato europeo della fine del 2015 è del 27,3% mentre quello italiano dello stesso periodo è del 35,5% (+8,2%).

"Nel nostro paese - prosegue Fammoni - gli inattivi sono oltre 14 milioni di persone di cui circa il 20% si dichiara disoccupato. Eurostat delimita ulteriormente il campo attraverso l’individuazione delle forze di lavoro potenziali, ovvero persone che cercano lavoro non attivamente e inattivi disponibili a lavorare. Si tratta di circa 3 milioni e mezzo di unità di cui 2,4 milioni si dichiara disoccupato, nella maggioranza dei casi con precedenti esperienze di lavoro".

"Questo spiega la differenza tra il tasso di occupazione europeo e quello italiano. Ad aprile il tasso di occupazione italiano è di 56,9%; nel quarto trimestre 2015 quello europeo è del 66%, mentre il nostro è del 56,6% (-9,4%)".

Fammoni si sofferma quindi sulle misure da adottare. "Per arrivare ad un mercato del lavoro con un profilo almeno coerente con quello medio europeo - a suo giudizio - si dovrebbe generare in Italia una domanda di lavoro tale da assorbire gran parte degli attuali disoccupati ufficiali. Poi si dovrebbe prevedere una progressiva emersione delle forze di lavoro potenziali, iniziando da quelli che si dichiarano disoccupati. Sarebbe un fatto sicuramente positivo, anche se il tasso di disoccupazione non calerebbe. Queste - conclude - sono le vere differenze da colmare tra l’Italia e l’Europa".