“Ogni anno a Casale Monferrato abbiamo più di 50 diagnosi di mesotelioma pleurico. Sono persone senza speranza, ai cui danni si sta perpetuando un reato. Finché ci sarà anche un solo ammalato noi continueremo a cercare e chiedere giustizia. Speriamo che questo nuovo processo possa consentirci di averla”. Il presidente del Fondo per le vittime dell’amianto Nicola Pondrano, in una conversazione con RadioArticolo1, guarda con fiducia al nuovo procedimento giudiziario, denominato “Eternit bis”, avviato dalla Procura di Torino contro il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, allora proprietario dell’azienda. Il capo d’imputazione è omicidio doloso nei confronti di 258 persone (ex lavoratori e cittadini), morte appunto per patologie derivanti dall’esposizione all’amianto.

Il procedimento è ora nella fase delle udienze preliminari, ma il 14 luglio la Gup Federica Bompieri deciderà se rinviare o meno a giudizio gli imputati. “La strategia della difesa – spiega Pondrano – è fondata principalmente sul ‘ne bis in idem’, cioè sul fatto che non si può essere processati due volte per la medesima condotta. Ma direi che il pubblico ministro Guariniello ha smontato questa tesi con ottime argomentazioni”. Una di queste, senza entrare in questioni più strettamente giuridiche, “può essere compresa anche da un profano: la diversità dei beni giuridici tutelati. Nell’omicidio è in gioco la vita delle persone, nel disastro lo è la pubblica incolumità, è del tutto evidente che non si può parlare di fatti identici”. Comunque, aggiunge il presidente del Fondo, se “l’ipotesi di omicidio doloso non dovesse reggere, ci auguriamo che venga almeno derubricata a omicidio colposo. L’importante è che alle vittime sia garantito il giusto riconoscimento, nei termini sia di condanna dei colpevoli sia di risarcimento delle vittime”.

Pondrano non nasconde l’amarezza per la sentenza della Cassazione del novembre scorso, che ha prescritto il reato ipotizzato di disastro colposo. “È subentrato scoramento e sfiducia nella giustizia, sono stati vanificati anni di lavoro, deluse migliaia di persone” spiega il presidente del Fondo per le vittime: “Ma abbiamo l’obbligo e il dovere, come spesso ci diciamo per confortarci l’un l’altro, di guardare avanti, di tutelare chi si sta ammalando ancora oggi”. E guardare avanti significa arrivare al 14 luglio: “Il Tribunale di Torino ci ha abituato a tempi abbastanza celeri, se la Giudice per le indagini preliminari rinvierà a giudizio gli imputati, il processo sicuramente inizierà nella primavera 2016”. Un processo che, conclude il presidente del Fondo per le vittime dell’amianto, si inserirà in un clima nuovo, visto che “in questo periodo molto è stato fatto, dalla legge sugli ecoreati alla revisione della prescrizione, senza dimenticare che nel nuovo procedimento si è costituita parte civile anche la presidenza del Consiglio dei ministri, che ha mantenuto quanto ci aveva promesso dopo l’ultima sentenza”.