Esuberi, produzione, investimenti: si torna a parlare di Ilva. Governo, sindacati e l’acquirente Am InvestCo s’incontrano oggi (martedì 28 novembre) a Roma per un nuovo confronto sul piano industriale del colosso siderurgico (che prevede 1,25 miliardi per gli investimenti industriali e 1,15 miliardi per quelli ambientali). L’appuntamento è alle ore 9 presso il ministero dello Sviluppo economico (in via Molise 2), per la Cgil partecipa il segretario confederale Maurizio Landini.

Il piano industriale, com’è noto, prevede circa 4 mila esuberi rispetto all’attuale organico del gruppo (attualmente i dipendenti sono 14.200). Allontanamenti che, secondo quanto dichiarato a più riprese dal ministro Carlo Calenda, verranno riassorbiti dalla struttura commissariale per essere impiegati nel vasto programma di opere di bonifica e risanamento ambientale. Ma governo e sindacati auspicano (“ora continua il confronto per abbassare il numero degli esuberi” ha dichiarato Calenda alla vigilia del confronto odierno) che il numero degli esuberi si possa ridurre.

“Siamo impegnati a mantenere almeno 10 mila posti di lavoro”, ha dichiarato il 22 novembre scorso Matthieu Jehl, vicepresidente del gruppo franco-indiano Arcelor Mittal (che detiene l’85 per cento di Am InvestCo) in un’audizione alla Commissione Industria del Senato. In quell’occasione Jehl ha aggiunto che ai lavoratori saranno riconosciuti “l'anzianità, quindi stiamo parlando di anni di servizio nel gruppo, e l'attuale quadro retributivo, che sarà ovviamente collegato al piano commerciale che verrà varato”.

Un altro passaggio fondamentale della complessa cessione dell’Ilva è l’approvazione da parte dell’Antitrust Ue, che l’8 novembre scorso ha avviato sull’operazione un’indagine approfondita. “Stiamo lavorando in modo costruttivo con la Commissione europea, trattando riga su riga, vogliamo convincerli della validità del nostro progetto” ha detto Jehl sempre nel corso dell’audizione. Le notizie finora trapelate da Bruxelles, su cui però non vi sono conferme ufficiali, riguardano l’eventuale uscita del gruppo Marcegaglia da Am Investco (di cui è azionista di minoranza con il 15 per cento) e la cessione, da parte di Arcelor Mittal, dello stabilimento Magona di Piombino.