Da diversi mesi in Emilia Romagna abbiamo sviluppato un’azione di supporto alla definizione di Piani del lavoro territoriali e abbiamo cercato di elaborare contenuti e priorità per un possibile confronto su questo tema con la stessa nuova amministrazione regionale. Su questo l’Ires regionale ci ha dato un importante contributo di elaborazione e di ricerca.

Ora, poiché viviamo una fase complessa e in continua evoluzione, sia sul piano sociale, sia sul piano politico, può accadere che mentre a livello nazionale manca qualsiasi interlocuzione con il governo, la nuova giunta regionale proponga a noi e alle altre forze sociali di definire un nuovo Patto per il lavoro. Forse sarà l’effetto della crisi che ha investito pesantemente anche il nostro sistema economico e in particolare il settore manifatturiero, forse sarà una reazione al clamoroso calo di affluenza registrato alle ultime elezioni regionali, sta di fatto che il tavolo finalizzato al Patto per il lavoro è stato costituito e a esso partecipano tutti i soggetti che noi stessi abbiamo indicato come necessari.

Non solo le imprese, ma anche le università, non solo l'Anci, ma anche tutti i nuovi presidenti delle Province, che poi sono quasi sempre anche i sindaci dei comuni capoluogo, per evitare il rischio che a fronte di una Regione che definisce degli indirizzi, poi ogni amministrazione locale dia le proprie interpretazioni e persegua le proprie finalità, anche in contrasto con quegli indirizzi.

L'impianto proposto a quel tavolo è di qualità, contiene molto delle nostre proposte, anche se magari per opportunità non viene riconosciuto in esplicito. Noi abbiamo fatto alcune scelte importanti. Il nostro direttivo regionale ha approvato un documento ricco di contenuti, grazie al quale abbiamo potuto posizionarci nel merito al momento dell'apertura del confronto. Ma non basta: abbiamo deciso di vincolare le nostre scelte a una consultazione capace di coinvolgere in modo ampio la nostra base, i lavoratori e i pensionati.

Una scelta chiara, importante, che vuole anche riaprire un dialogo tra istituzioni e società, tra istituzioni e mondo del lavoro. Ora siamo in una fase di discussione e di contrattazione. Certo le risorse sono scarse, ma ci sono – da valorizzare – quei fondi strutturali europei che nella nostra regione ammontano complessivamente a 2 miliardi e mezzo: non si tratta di poca cosa.

Quali sono le nostre priorità? La prima riguarda la messa in sicurezza del territorio. Siamo una regione che in questi anni ha vissuto eventi drammatici: un terremoto, alluvioni, frane e altre distruzioni provocate da eventi atmosferici sempre più imprevedibili. C’è un grande bisogno di intervenire nella manutenzione di un territorio troppo spensieratamente sfruttato negli scorsi decenni.

La gestione della fase successiva al terremoto del 2012 ha messo in evidenza come ci possa essere un modello di governance pubblico davvero efficace: è un modello che mette in stretta relazione amministrazioni pubbliche, regionali e locali, e forze sociali presenti sul territorio. È un modello che può funzionare anche nella manutenzione e nella messa in sicurezza preventiva del territorio. Non solo. Alcune altre nostre priorità si incrociano con i temi della contrattazione. Esistono, com’è noto, imprese che grazie alle esportazioni, nonostante la crisi, vivono una fase di grande crescita e nelle quali la contrattazione può produrre risultati importanti se ci diamo degli obiettivi e traiettorie precisi.

E allora uno dei temi sui quali esercitarci è quello del welfare. È un terreno sul quale dobbiamo dare risposte anche nuove ai tanti bisogni inevasi che si concentrano nel tessuto della nostra società. Perché non pensare a un fondo regionale supportato anche dalla contrattazione, che intervenga, per esempio, nel campo della sanità integrativa, fermo restando il fatto che deve trattarsi di un welfare davvero integrativo?

Un altro tema può essere quello dell’alternanza scuola-lavoro, seguendo la strada tracciata da alcuni importanti accordi aziendali sottoscritti nella nostra regione (penso a Ducati e Lamborghini), che hanno consentito l'inserimento nel mondo del lavoro di diverse decine di giovani con il coinvolgimento della scuola pubblica, degli istituti tecnici. Per sostenere questo tipo di percorsi occorre che anche il sistema pubblico investa e per questo abbiamo chiesto di impegnare la parte più grossa del finanziamenti del Fondo sociale europeo per creare lavoro.

Infine, l'altra grande priorità sulla quale abbiamo deciso di concentrarci è quella che riguarda il tema legalità e appalti, perché sappiamo che su questo terreno si gioca una partita decisiva per affermare un sistema produttivo di qualità, non inquinato dalla presenza di aziende, e penso soprattutto, ma non solo, al mondo della cooperazione, che – giocando sul sistema del massimo ribasso e sulla svalutazione del lavoro – finiscono con il mettere fuori mercato le aziende sane che tutelano il lavoro e guardano alla qualità delle produzioni.

Per questo siamo fortemente impegnati dentro al negoziato del Patto del lavoro a ottenere anche a livello regionale normative più efficaci e più stringenti – magari riorganizzate in un testo unico – per qualificare il sistema degli appalti e combattere l’illegalità.

* Segretario generale Cgil Emilia Romagna