“La fine degli incentivi e degli sgravi fiscali legati al Jobs act ha segnato in maniera evidentissima la fine o quasi delle assunzioni a tempo indeterminato. Nei prossimi giorni usciremo con la nostra solita lettura ragionata di questi dati, però anche soltanto da un primo sguardo alle tabelle Inps si può notare il continuo arretramento dei contratti a tempo indeterminato, mentre invece c'è una fortissima espansione dei contratti precari”. A dirlo è il presidente della Fondazione Di Vittorio Fulvio Fammoni intervistato da RadioArticolo1. Anziché sulla decontribuzione, per la Cgil sarebbe meglio investire direttamente nella creazione di lavoro, soprattutto al Sud: “Questo – sottolinea Fammoni – è l'assunto del nostro Piano del lavoro: un investimento diretto in lavoro che crei occupazione e sviluppo più stabile e duraturo”.

L'altra evidenza che colpisce – tra le ultime segnalate dall'Inps – è l'aumento dei licenziamenti insieme al boom della precarietà. “Il dato sui voucher fa impressione, ne sono stati venduti oltre 300 milioni. Rispetto al 2014 è il triplo e dobbiamo sempre ricordarci che questa è soltanto la parte che emerge, perché sappiamo benissimo che sotto c'è una quota di lavoro nero nascosto e quindi la quantità complessiva è decisamente più alta”. Numeri che “confermano le ragioni della Cgil nel promuovere i quesiti referendari dell'anno prossimo”, tra cui proprio quello per l'abolizione dei voucher: “Stiamo parlando di centinaia di migliaia di persone coinvolte fra voucher e licenziamenti, senza contare che non appaiono i dati sui cambi di appalto, cioè il tema del terzo referendum sulle clausole sociali”.

Ci sono poi i dati dell'Istat secondo cui l'Italia è tornata in deflazione. “Purtroppo – sottolinea Fammoni – la crisi non è finita. Le statistiche ci dicono che nei prossimi tre mesi ci sarà un ulteriore rallentamento. C'è una ripresa bassa e soprattutto molto discontinua, in ogni momento può cambiare segno. Il dato sulla deflazione – conclude – mostra che continua a esserci una contrazione dei consumi legata alla sfiducia sulle prospettive future delle persone. Osserviamo un crescente pessimismo che viene rilevato anche dall'Istituto di statistica. Il meccanismo è semplice: ci sono meno soldi in giro e, anche chi ha qualche risorsa a disposizione in questo momento, non avendo fiducia, non spende”.