L’Inps nega il bonus bebè ad una cittadina extracomunitaria, ma il tribunale lo condanna a pagarlo ritenendo tale rifiuto discriminatorio e in contrasto con la direttiva europea 2011/98/UE. "La sentenza è stata emessa il 15 aprile scorso dal tribunale di Bergamo che, già altre volte, è stato chiamato a pronunciarsi su analoghi casi, spesso promossi da noi dell’Inca - scrive in una nota il patronato della Cgil - confermando un orientamento che potremmo definire acquisito: e cioè che non si può subordinare il riconoscimento di prestazioni assistenziali al possesso della carta di soggiorno per lungo soggiornanti".

Questa la storia: il ricorso viene avviato da una cittadina albanese che fa domanda di Bonus Bebè, ma l’Inps glielo rifiuta contestando il mancato possesso della Carta per lungo soggiornanti. Il Tribunale di Bergamo dà però ragione alla richiedente, sottolineando che “l’articolo 12 della direttiva 2011/98/UE è preciso: i lavoratori  beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano…”. E aggiunge: ”…se, infatti, la legislazione nazionale pone lo straniero in una situazione di svantaggio rispetto al cittadino italiano, realizza una forma di discriminazione oggettiva, sanzionabile…” “D’altra parte – si legge nel dispositivo - l’obbligo di applicazione diretta della norma comunitaria grava su tutti gli organi dello Stato, ivi comprese le pubbliche amministrazioni”. Aggiunge inoltre che “non prevede alcuna deroga, né per le prestazioni non assistenziali né per quelle essenziali”.

Con questo pronunciamento, l’Inps è stato condannato a pagare alla donna un assegno di 1.920 euro all’anno fino al compimento del terzo anno di vita della bambina, così come prevedono le disposizioni normative italiane in merito al riconoscimento del bonus bebè, fermo restando il rispetto dei limiti reddituali previsti, nonché le spese giudiziarie sostenute pari a 2.000 euro.

“I nostri uffici sono attivi dalla emanazione della norma nel presentare le domande e impugnare i dinieghi per affermare i principi di uguaglianza sanciti dai regolamenti comunitari e dalle convenzioni ormai consolidati ma mai completamente applicati dall’Istituto”, commenta Claudio Piccinini, coordinatore degli Uffici Immigrazione dell’Inca.