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Si terrà martedì 2 dicembre a Roma, alle ore 15 presso la sala Santi della Cgil nazionale, la presentazione del Manuale dei diritti sociali a cura dell'Inca Cgil e dell'Associazione Trentin, pubblicato dalla casa editrice Ediesse. Il dibatttito sarà introdotto e coordinato da Morena Piccinini, presidente del Patronato Inca. Interverranno Massimo Cassano (sottosegretario al ministero del Lavoro), David Natali (professore Università di Bologna), Stefano Giubboni (professore Università di Perugia), Fulvio Fammoni (presidente Associazione Trentin), Vera Lamonica (segretario confederale Cgil), Carlo Caldarini (direttore osservatorio Inca su politiche sociali in Europa), Luigina De Santis (già del collegio di presidenza Inca), Franca Gasparri (già del collegio di presidenza Inca). Pubblichiamo qui l'introduzione di Morena Piccinini
La lunga storia dell’Inca Cgil, 70 anni a febbraio 2015, e il costante impegno nella affermazione dei diritti sociali, previdenziali ed assistenziali, espresso dalle tante generazioni di sindacalisti della tutela che si sono susseguite, ha reso il nostro Patronato un agente di diritto fondamentale al fianco dei cittadini, dei lavoratori e dei pensionati, nell’interpretare i nuovi bisogni derivanti da una società in cambiamento, dalla evoluzione del mercato del lavoro e delle sue condizioni, proponendoci sempre nuove frontiere nella tutela e nella rappresentanza sociale. Tutta la evoluzione del welfare del nostro paese è contrassegnata dalle iniziative, dalle elaborazioni, dal contenzioso, dalle battaglie che l’Inca, insieme alla Cgil, ha prodotto.
E non è stato facile il passaggio da uno stato sociale corporativo, esclusivamente lavoristico, legato alla figura del capo-famiglia e sostanzialmente risarcitorio, ad uno stato sociale sempre più rivolto all’affermazione universalistica dei diritti della persona, alla promozione di opportunità per la realizzazione di una condizione di maggior benessere. Possiamo dire che questo passaggio non è ancora realizzato a pieno perché esige la modifica non solo della concezione del diritto sociale in capo al cittadino e non solo al lavoratore ma, anche e soprattutto, la evoluzione della gestione delle risorse e delle fonti di prelievo; esige il passaggio per molti istituti del welfare dalla contribuzione legata al lavoro alla fiscalità generale, dalla mutualità entro categorie ristrette alla solidarietà generale e intergenerazionale.
E’ stato un percorso difficile, spesso anche tortuoso, costellato di grandi conquiste in tutti i campi, dalla previdenza alla sicurezza sul lavoro, alla sanità, alla assistenza, ma anche di grandi battaglie nelle tante, troppe occasioni, nelle quali i governi che si sono avvicendati, hanno tentato, a volte riuscendovi, di risanare i bilanci dello Stato attraverso la compressione dei diritti e delle tutele di lavoratori dipendenti e pensionati, partendo proprio dai diritti sociali faticosamente conquistati appena pochi anni prima.
Siamo agenti di diritto: lo dimostrano le tante sentenze della Corte Costituzionale, che hanno innovato sul piano dei diritti esigibili, proprio a partire dal contenzioso promosso dalle sedi territoriali dell’Inca, non solo sui temi strettamente previdenziali e assicurativi, ma anche su grandi questioni come la parità tra uomo e donna o i diritti di maternità, sollecitando, di conseguenza, anche una importante azione legislativa innovativa.
Con l’accelerazione del processo di unificazione europea, negli anni, e la crescente mobilità delle persone e dei lavoratori in tutti i paesi UE, l’attività di contenzioso dell’Inca ha vissuto un protagonismo altrettanto importante ottenendo sentenze dalla Cedu che hanno contribuito all’affermazione dei diritti degli immigrati nel nostro paese facilitandone l’accesso alle prestazioni di welfare.
Forti di questo impegno abbiamo voluto realizzare un manuale sui diritti che cogliesse il senso più profondo dell’evoluzione legislativa che ha caratterizzato la storia italiana degli ultimi quasi settant’anni, partendo dall’analisi dell’attualità e ripercorrendo a ritroso le principali tappe che hanno significativamente segnato i diversi e profondi cambiamenti sociali e culturali, senza sottacere, però, i condizionamenti, sia positivi che negativi, che l’unificazione europea ha imposto al nostro paese.
In questo volume, perciò, non si è voluto realizzare un manuale su tutta la legislazione previdenziale e assistenziale, già peraltro disponibile in tante affidabili quando esaustive banche dati, quanto piuttosto fornire un quadro di insieme capace di far comprendere il profilo qualitativo delle numerose leggi; capace di far riflettere insieme sulla evoluzione che ha contraddistinto i vari istituti del welfare del nostro paese e con essa il cambiamento prodotto nel tempo in un continuo altalenarsi tra l’estensione dei diritti a platee più ampie di persone, l’affermazione di diritti universali nonché il rischio di compressione dei medesimi, dettata da motivazioni economiche e, spesso, anche ideologiche. Si considerino, inoltre, anche le novità intervenute in sede europea, che hanno accelerato i mutamenti, con l’inclusione di paesi legislativamente e culturalmente profondamente distanti tra loro.
Il manuale si suddivide sostanzialmente in due parti: nella prima, abbiamo voluto raccogliere alcuni saggi di autorevoli esperti che, partendo dalle prime fasi di avvio del progetto di unificazione dei paesi europei, analizzano le criticità e le azioni positive di un processo, tutt’altro che concluso. Il dibattito sul necessario coordinamento delle normative in materia di welfare è ancora aperto e molte sono le incognite da affrontare. L’Unione europea ha cominciato a muovere i primi passi con 12 nazioni, che nel condividere il progetto, hanno lavorato per porre le basi di una comune cooperazione. Oggi questa realtà è arrivata a comprendere 29 paesi molto distanti tra loro, sotto l’aspetto economico, sociale e culturale.
Queste distanze hanno segnato una evoluzione tutt’altro che lineare delle diverse legislazioni esistenti. Le istituzioni europee non sono riuscite a fare una sintesi e questo spiega le incongruenze che, a seconda dei casi, hanno caratterizzato un andamento contraddittorio, spesso riducendo le potenzialità di sviluppo delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori.
Nell’immaginario collettivo, la caduta del muro di Berlino del 1989 ha segnato, senz’altro “un prima e un dopo” nella storia dell’Europa. Si sono affacciati ai mercati finanziari ed economici, paesi che fino ad allora avevano dovuto subire per molti decenni le conseguenze della lacerazione del secondo conflitto mondiale, facendo emergere però profonde contraddizioni che ancor oggi non sono state risolte. Inoltre, l’affermarsi di una presenza in Europa, tutt’altro che marginale, di persone che provengono da paesi extracomunitari, ha ulteriormente influito sulla direzione di marcia del progetto di unificazione degli Stati europei, provocando condizionamenti anche sugli orientamenti politici, legislativi e culturali.
La drammatica crisi internazionale, finanziaria prima ed economica dopo, che ha colpito il vecchio continente ancor più di altre regioni del pianeta, ha fatto esplodere le tante fragilità del progetto di Europa Unita, acuendo le divergenze di vedute su come uscire dalla recessione. La forbice tra il rigore dei conti finanziari e la flessibilità sempre più invocata dai paesi con maggiori difficoltà di ripresa si è allargata ad un punto tale da ridimensionare le aspettative sulla unificazione.
Lo scetticismo e la paura, emersi in modo inequivocabile nelle elezioni europee del 2014, risente evidentemente di una generalizzata compressione delle tutele sociali in quasi tutti i paesi membri e influisce sulla tendenza di alcuni di essi all’affermazione di una sorta di “protezionismo dei diritti”, a favore dei cittadini autoctoni, che rappresenta uno degli ostacoli principali alla libera circolazione delle persone in ambito Ue; nonostante il principio resti tra le espressioni ideali più alte contenute nei trattati fondativi del progetto Europa Unita.
Questa cornice sta fortemente condizionando l’evoluzione legislativa del sistema di protezione sociale italiano (come si evince nella seconda parte del manuale), che mostra una marcata, quanto preoccupante propensione a mettere in discussione i valori di solidarietà e di universalità dei diritti, che pure avevano ispirato originariamente i padri fondatori del progetto europeo. Ma troppo spesso l’Unione Europea è usata come alibi per rimettere in discussione le grandi riforme dei decenni passati, sul lavoro, la sanità, la scuola, il sistema previdenziale e, più in generale, sul welfare avviando un processo involutivo che ha fortemente intaccato il profilo qualitativo delle normative su queste stesse materie.
Non può essere sottaciuta la tendenza a mettere in discussione il sistema di protezione sociale finora conosciuto, con la frequente alterazione di concetti quali la solidarietà del sistema, il rapporto tra responsabilità pubblica e responsabilità individuale, la limitazione di diritti universali sulla base del reddito, prescindendo dall’indispensabile presupposto dell’equità fiscale. E’ evidente che fa più fatica il sindacato ad affermare il valore del contratto di lavoro stabile, in un contesto europeo dove le forme precarie sono sempre più diffuse, a cominciare da quelle atipiche e dove la disoccupazione, soprattutto giovanile, ha raggiunto livelli inediti.
Le riforme pensionistiche degli anni ’90, e ancor più quelle degli ultimi tre anni, sono la rappresentazione plastica di come si stia cercando di affermare in senso restrittivo il diritto alla pensione, con bruschi innalzamenti dei requisiti di accesso sia anagrafici che contributivi. Compatibilità finanziarie si discostano sempre più dalla indispensabile compatibilità sociale, creando incertezza sul presente e sul futuro, povertà crescenti, sfiducia nella capacità del sistema di mettere in campo la necessaria protezione per l’età anziana, come per la perdita di lavoro, come per la gestione familiare.
Le modifiche normative contro gli infortuni e le malattie professionali, fiore all’occhiello nel passato, hanno seguito lo stesso tipo di evoluzione, affievolendo le responsabilità in capo al datore di lavoro, perché il confronto con gli altri paesi europei non ci ha certo aiutato. Troppe sono le differenze, e ancora di più sono radicalmente divergenti i sistemi di tutela, specchio spesso di disuguaglianze economiche e sociali profonde.
Di fronte alla crisi, l’Italia si è mostrata ancor più fragile rispetto agli altri paesi industrializzati. Negli ultimi anni, l’instabilità politica dei governi, unita alla delocalizzazione delle imprese che ha impoverito il sistema produttivo nazionale, sono state le principali cause di un ripensamento in senso restrittivo del sistema di protezione sociale nell’accezione più ampia. E il processo è tutt’altro che esaurito.
Ancor oggi dobbiamo fare i conti con riforme del lavoro che nel nome della flessibilità, tanto invocata dalle associazioni imprenditoriali, propongono soluzioni inadatte ad aggredire con efficacia la disoccupazione e soprattutto l’inoccupazione dei milioni di giovani scoraggiati che non lo cercano neppure più, né tanto meno partecipano ad alcun progetto di inserimento formativo. La crisi è stato un collante fortissimo per abbassare l’asticella delle tutele e con essa la possibilità di esercitare i diritti universali sanciti nella Carta Costituzionale.
Il manuale che presentiamo, analizzando tutti gli istituti previsti nel nostro sistema di tutele, vuole offrire uno strumento di approfondimento e di riflessione, quanto più necessario per scoraggiare pulsioni xenofobe e discriminatorie e per affermare, invece, il principio dell’universalità e del progressivo sviluppo di una Europa solidale. Jacques Delors, nel ’95, lasciando la guida della Commissione europea, ebbe a dire agli Stati membri: “Non tradite l'Europa” e li invitò a realizzare la "Federazione di Stati nazionali", affinché si facesse “della potenza economica europea una grande potenza politica in grado non solo di difendere i propri interessi legittimi ma anche di irradiare nel mondo gli ideali che hanno segnato il meglio della nostra storia". Ed è a questo progetto ambizioso che vogliamo continuare ad ispirarci.
* presidente Inca