A cura di Stefano Iucci

L’Ape e la fatica del lavoro degli edili. La Fillea come sindacato di lotta e di governo, i settori in crisi, Casa Italia, l’innovazione necessaria e la ricostruzione, il ruolo della contrattazione: sono questi i temi toccati da Alessandro Genovesi, da qualche mese alla guida del sindacato delle costruzioni della Cgil, in un forum con Rassegna Sindacale. “Trentasei anni di lavoro, per un edile sono tanti – esordisce il sindacalista –. E per chi ha una carriera discontinua rappresentano un tetto, insieme a quello dei 1.500 euro lordi mensili, che renderà l'Ape agevolata un messaggio di propaganda piuttosto che una risposta concreta. In questo modo si crea, infatti, una situazione paradossale: chi ha 36 anni di contributi sta già a 1.500, 1.600 euro netti, e dunque non potrebbe accedere alla misura. Chi invece sta sotto ai 1.500, probabilmente non raggiunge i 36 anni di contribuzione. Insomma: dentro un’intesa che oggettivamente segna un’inversione di tendenza (più risorse ai pensionati, uscita per gli usuranti resa più agevole, attenzione ai precoci) si è sottovalutato un tema, quello della discontinuità contributiva che caratterizza molti lavoratori, tantissime donne, il Sud. L’errore, credo, sia stato quello di definire prima le risorse e poi, su queste, stabilire la platea dei beneficiari. Ma io penso sia una scelta miope, soprattutto se si pensa al futuro del settore edile”.

Rassegna In che senso?

Genovesi Nel senso che se si pensa alle ambizioni di politica industriale del Governo (alcune anche condivisibili), cioè a Casa Italia, alle rigenerazione dei quartieri, agli spazi urbani, a un’edilizia in cui “più che costruire si trasforma” (in termini di confort, sostenibilità energetica, antisismicità, connettività, ecc.) allora è chiaro che per questa grande opera di riconversione tecnologica e produttiva del settore, servono migliaia di giovani lavoratori e tecnici con competenze e scolarità adeguate. È evidente che serve un ricambio generazionale. Insomma con un’Ape adeguata si potrebbe fare un'operazione di giustizia sociale per gli over 60 e, al contempo, immettere nel comparto tanti lavoratori giovani e preparati. Anche per questo noi vogliamo spingere il Governo a tornare alla proposta iniziale che aveva un senso: e cioè l’uscita agevolata per chi guadagna 1.500 euro lordi con 20 anni di contributi. Una misura che potrebbe coinvolgere circa 10.000 edili over 60 su 25.000. Il punto politico è questo: riuscire, in sede di conversione della misura, e nella cosiddetta fase 2, a coniugare un’operazione di giustizia sociale con una prospettiva industriale che guardi a un nuovo modello di sviluppo. Ci impegneremo perché, in fase di discussione parlamentare, i 36 anni scendano il più possibile e chiediamo alla Cgil di non lasciarci soli in questa battaglia.

Rassegna Una linea rivendicativa che si colloca pienamente nella strategia della Fillea, sindacato di lotta e di governo…

Genovesi Certamente. Fillea sindacato di lotta, di governo e, soprattutto, che accetta le sfide del cambiamento e dell’innovazione: dal consumo zero di territorio al green building, alla valorizzazione di un industrializzazione del cantiere che necessita di imprese più strutturate e che investano in professionalità operaie e tecniche più alte. Di “lotta” perché, vorrei ricordare, quando tutti davano per immodificabile la Fornero, il 10 luglio del 2015, sotto un sole torrido, portammo unitariamente 10.000 edili in piazza a Roma. Di “governo” perché la contrattazione di anticipo in edilizia (nel caso di grandi opere, troppo poche purtroppo), la gestione di delicatissime vertenze, ci vede sempre impegnati nel costruire soluzioni e processi condivisi. Oggi, purtroppo, siamo un po’ più di lotta che di governo, ma non per nostra responsabilità. Sempre più spesso vengono meno da parte dei nostri interlocutori le condizioni per governare i processi in maniera condivisa e responsabile. Un esempio è quello del nuovo Codice degli appalti, secondo il quale tutti i servizi e le opere delle concessionarie (compresa la manutenzione e la progettazione, anche quella strettamente connessa alla concessione autostradale stessa) debbano essere fatte per un massimo del 20% in house e per l'80% fuori. Una cosa che non sta né in cielo né in terra, un unicum in Europa, e che rischia di provocare tantissimi licenziamenti.

Spesso vengono meno da parte dei nostri interlocutori le condizioni per governare i processi in maniera condivisa

Rischio che pensavamo di aver scongiurato grazie a un accordo con il ministero delle Infrastrutture, ma che l'Anac ha poi contraddetto. Il risultato è che le concessionarie stanno strumentalizzando la vicenda al punto tale da destrutturare uno dei pochi presidi industriali di qualità del settore, strettamente connesso alla sicurezza di milioni di automobilisti. Ma veramente pensiamo che centinaia di km di strade e autostrade possano essere mantenute da centinaia di piccoli imprenditori ognuno responsabile di tratti di 10, 15 km? La nostra mobilitazione è volta a ripristinare una condizione di normalità, sapendo che è in gioco il destino di 3.000 lavoratori e la professionalità che serve per garantire la sicurezza sulle nostre autostrade. Su questo la battaglia la faremo fino in fondo perché è un vero e proprio “non senso” sociale e industriale. E speriamo che già nei prossimi interventi correttivi al Codice si tolga ogni alibi.

Rassegna Anche in un settore come il legno la conflittualità non manca: il 28 ottobre il settore è in sciopero per il contratto…

Genovesi Veniamo da una stagione contrattuale positiva: aumento di 70 euro nel settore dei laterizi e 90 nel cemento – settori in grande sofferenza – e di 103 euro per i lapidei. Se ne è parlato poco anche in Cgil, ma le compagne e compagni della Fillea nelle aziende e nei territori hanno fatto un ottimo lavoro. Con Federlegno, purtroppo, abbiamo grandi difficoltà: sembra che stiano prendendo tempo. Quello che temiamo è che aspettino che, magari, qualche altro tavolo contrattuale porti a casa il principio dell’“aumento zero” in questa fase. Una situazione incredibile, perché il comparto è in forte ripresa, le esportazioni vanno bene e anche i consumi interni tornano a registrare il segno più (grazie anche al bonus mobili che noi per primi abbiamo chiesto venga mantenuto e in legge di stabilità c’è la proroga anche per il 2017). Si tratta, come è noto, di uno dei punti forti del made in Italy. Federlegno deve rinunciare alla visione ottocentesca che ci ha proposto, basata esclusivamente sulla formula “più lavoro straordinario obbligatorio (comprensivo di sabati e domeniche), più contratti a termine e occupazione precaria, meno salario”. La sfida della produttività è altra cosa: si discute in azienda, a partire dalle specificità di mercato e prodotto, si investe sulla partecipazione e la professionalità dei lavoratori, si investe in nuovi macchinari e processi e si compete sulla qualità. Il 7 novembre, poi, c’è la mobilitazione per la sicurezza, con scioperi e assemblee in tutte le aziende edili. Nonostante la crisi, abbiamo già raggiunto un numero di infortuni mortali pari rispetto all'anno passato.

Non ci spaventano i compromessi, ma proprio perché siamo riformisti sulle questioni importanti non stiamo con le mani in mano

E qui torniamo al tema della qualità di impresa, dei costi per la sicurezza che sono sempre i primi ad essere tagliati, del sistema  pensionistico: uno su quattro degli infortuni mortali, secondo i nostri dati, riguarda un over 60. Continuiamo a ripeterlo: a 65 anni non si può stare sulle impalcature o movimentare una macchina pesante: riflessi, condizioni psico-fisiche e scheletro-muscolari non sono più le stesse. Ci tengo a sottolineare un punto: tutte queste mobilitazioni, così come la posizione sull’Ape agevolata, sono unitarie. Insomma: non ci spaventa la dialettica sana e non ci fanno paura i compromessi: quando però ci sono punti di rottura – in alcuni casi pregiudiziali o strumentali – proprio perché siamo una categoria storicamente riformista e moderata non stiamo con le mani in mano.

Rassegna Il contratto principe del settore, quello dell’edilizia, è prossimo al rinnovo. Di recente, durante un’assemblea dell’Ance, hai dichiarato: “In Italia i cantieri sono diventati una giungla senza regole. Le responsabilità, in primis, stanno nella mancanza di coraggio del legislatore che dovrebbe definire, una volta per tutte, che in un cantiere non si può non applicare il contratto nazionale di lavoro dell'edilizia”. In questa giungla, come è noto, proliferano anche finte partite Iva e i voucher…

Genovesi 
Al 38% dei lavoratori dipendenti in un cantiere non viene applicato il contratto dell’edilizia, ma quello metalmeccanico, multiservizi o della logistica. Questo in parte si giustifica con l’evoluzione tecnologica. Ma solo in piccola parte. Il motivo è un altro: questi contratti all’azienda costano meno e dunque creano dumping e forse anche come Cgil e categorie abbiamo qualche responsabilità.

Rassegna Cosa dovrebbe fare il legislatore, secondo la Fillea?

Genovesi Servirebbe una norma simile a quella contenuta nel Codice per gli appalti nei servizi pubblici e che non siamo riusciti a far entrare in quello per i lavori. E cioè che il contratto da prendere a riferimento deve essere quello sottoscritto dalle organizzazioni sindacali più rappresentative e, comunque, quello di miglior favore rispetto al lavoratore. Nel “nostro” codice, invece, il riferimento è solo al contratto maggiormente rappresentativo. Il migliore favore, per il nostro settore, è quel 6% di costi in più rispetto agli altri ccnl, che comprende la cassa edile e l'iscrizione al Cpt e a Formedil. E si traduce, ad esempio, nell'obbligo alle 16 ore di formazione sulla sicurezza, nell’aggiornamento continuo per l’uso di macchine complesse, nella fornitura dei dispositivi di protezione individuale, cioè caschetto, scarpette eccetera. Forse non è un caso che in molti cantieri una parte significativa degli incidenti mortali riguardi proprio chi ha altri contratti. Il primo capitolo a cui teniamo è dunque la ricomposizione del perimetro contrattuale di cui bisogna discutere nella piattaforma, anche in maniera laica. Faccio un esempio: fabbrichi sei mesi l’anno infissi e serramenta e vuoi rimanere col contratto metalmeccanico?  Va bene, purché quando entri in un cantiere edile a montare, per quel periodo, tu sia scritto alla Cassa edile, vada a fare il corso e ti si diano i necessari dispositivi di protezione. Stesso discorso per le partite Iva. Non metto in dubbio che ne esistano di vere (e su questo dobbiamo fare di più, penso agli archeologi, ai restauratori, ai decoratori, ecc.), ma chiediamo che quando entrano in cantiere vengano comunque iscritte alla cassa edile, con un’anagrafe di cantiere dedicata, ricevano un compenso minimo, comprensivo di costi specifici perché possano accedere – anche con gradualità – al sistema mutualistico di protezione che le nostre casse assicurano (malattia, formazione, ecc.). Questo vale ancor di più per tutti quegli operai che sono stati obbligati a rinunciare allo status di dipendente e ad aprire una partita Iva per prendere magari un sub appalto dall’azienda con cui lavoravano (e magari sono monocommittenti sempre e solo di quella…) e per cui dobbiamo agire una doppia vertenzialità: ricondurli nell’alveo della subordinazione ma – al contempo – non lasciarli soli.

Rassegna La contrattazione può fare qualcosa per limitare il ricorso massiccio ai voucher?

Genovesi Assolutamente sì. Le casse edili rilasciano il Durc (il Documento unico di regolarità contributiva, ndr), senza il quale un’azienda non potrebbe lavorare. Se dunque le parti decidono contrattualmente che i voucher non si possono utilizzare nel settore dell'edilizia, hanno un’arma potentissima in mano, non solo in caso di appalto (per cui il voucher è già vietato in teoria) ma anche nei lavori diretti (dove la normativa attuale lo consentirebbe). D’altro canto, per ragioni facilmente comprensibili, in un settore come il nostro il voucher non avrebbe alcuna ragione di esistere. Il contratto a tempo indeterminato esiste solo nelle grandi aziende. Per il resto, il rapporto di lavoro nasce con l'avvio del cantiere e si chiude alla fine dello stesso. Abbiamo già il massimo delle flessibilità in entrata e in uscita.

Rassegna A proposito di ricostruzione e Casa Italia, il giudizio dei sindacati è ancora positivo su come si stava muovendo il governo? A che punto siamo?

Genovesi Il governo ha fatto una cosa che condividiamo: ha separato Casa Italia, cioè il piano pluriennale per la messa in sicurezza del Paese sul piano antisismico, energetico e idrogeologico, dalla questione della ricostruzione nelle zone colpite dal sisma del 24 agosto. Abbiamo quindi due tavoli aperti. Rispetto alla ricostruzione, il Consiglio dei ministri ha licenziato un decreto di 53 articoli che contiene molte cose positive, e in gran parte coincidenti con le proposte della Fillea e della Cgil. Si tengono insieme ricostruzione e sviluppo delle aree interne. E, soprattutto, viene accolta un’idea della Fillea: e cioè il fatto che anche la ricostruzione privata, in quanto sostenuta con fondi pubblici, debba comunque essere sottoposta alle regole che valgono per gli appalti pubblici, per cui ci sarà una anagrafe delle imprese e dei progettisti tra cui il cittadino può scegliere. Sarà garantita maggiore trasparenza e tracciabilità dei flussi finanziari e maggior facilità nel realizzare i necessari controlli.

Rassegna Quindi il giudizio è positivo?

Genovesi Sì, pur con degli aspetti da chiarire meglio: in particolare pesa l’assenza di ogni riferimento al Documento di congruità, aggiuntivo al Durc. Il documento di congruità è fondamentale perché ci dice a fronte di un’opera specifica, del suo volume e valore, la quantità minima di lavoratori (ore lavoro) necessaria. Solo con il Durc potremmo avere il caso (e lo abbiamo già visto in passato) che un’azienda risulti regolare perché denuncia 5 lavoratori e ne versa contributi e salario (quindi ha il Durc positivo), ma poi prende appalti per ricostruire 20 case ad Amatrice in contemporanea. È evidente che qualcosa non va. Il Documento di congruità di dice che per essere in regola dovrebbe avere almeno 25-30 lavoratori. Così come fondamentali saranno alcune accortezze sulla possibilità di accesso all’anagrafe delle imprese, sul badge, sul settimanale di cantiere (cioè la comunicazione la settimana prima di chi starà nei cantieri) con il coinvolgimento diretto delle casse edili. Dove tutto ciò è stato fatto, come in Emilia Romagna o in Umbria, abbiamo avuto poco lavoro nero e pochissimi infortuni. Chiediamo al Commissario Errani e al governo di introdurre questi elementi o in sede di conversione del decreto legge o con specifiche ordinanze commissariali. Dobbiamo, insomma, gestire al meglio quanto stabilito e fare ancor di più perché legalità e qualità del lavoro siano sempre una assillo costante. Su questo, l’impegno e la vigilanza del sindacato sarà massima.

Rassegna E su Casa Italia?

Genovesi
 Casa Italia in quanto tale (cioè un intervento strutturale, pluriennale e pluri settoriale) sarà “costruita” nel 2017, per approdare a singoli provvedimenti nel tempo. È positivo però che alcuni dei contenuti su cui l’Unità di missione sta lavorando siano molti vicini a quanto richiesto dalla Fillea. E ancor più positivo (se i testi che dobbiamo leggere lo confermeranno) è che la legge di Stabilità – pur con tutti i limiti e le contraddizioni macro – su questo versante faccia scelte già coerenti: si differenziano i bonus per le ristrutturazioni a fini energetici in base ai miglioramenti realizzati, mentre prima era fisso al 65 per cento. Si mette mano al bonus per le ristrutturazioni antisismiche premiando fino all’80% chi passa da una classe anti sismica a una più sicura. Si conferma la cessione dei crediti e soprattutto si stabilizza in un arco pluriennale l’agevolazione quando si tratta di condomini, la vera sfida che abbiamo davanti. Insomma si tratta di un sistema di incentivi che premia chi fa di più e meglio. E questo rappresenta una sfida anche per le imprese a crescere, a strutturarsi, a darsi una dotazione tecnica, commerciale e finanziaria più solida, andando nella direzione che da anni, in altri paesi europei, le aziende edili hanno già intrapreso con successo.

Al governo chiediamo l'introduzione del Libretto unico di fabbricato, che sarebbe a costo zero per le casse pubbliche

Quello che proponiamo, in aggiunta, al Governo, è il rafforzamento delle Esco (Energy service company, ndr) e comunque di società finanziarie solide che in connessione con le imprese edili possano facilitare tali processi e incentivare i “condomini” a cedere i loro crediti, in grado di reggere il rientro degli investimenti. Soprattutto chiediamo l’introduzione del Libretto (o Fascicolo) unico di fabbricato (una specie di carta di identità minima dell’immobile), che sarebbe tra l’altro a costo zero per le casse pubbliche. Questo libretto dovrebbe aggiungere alla certificazione energetica – che è già obbligatoria – quella sismica e del rumore. Si potrebbe partire con il renderlo obbligatorio per le compra-vendite, il che vuol dire circa 3-400.000 edifici l’anno. Sarebbe questo il vero salto culturale per il paese, oltre che uno strumento di conoscenza, trasparenza e responsabilizzazione diffusa formidabile.

Rassegna Nell’agenda sindacale di queste settimane spiccano anche due grandi vertenze, quella di Natuzzi e Cementir.

Genovesi
 Su Natuzzi la questione, nella sua drammaticità, è semplice. Abbiamo sottoscritto una serie di accordi per cui, a fronte di una riduzione drastica del costo del lavoro (con una metrica quasi fordista in senso classico, alla Chaplin), l’azienda contraeva un doppio impegno: riportare lavoro dalla Romania e, anche grazie al finanziamento delle Regioni Puglia e Basilicata, far nascere una o più nuove società (newco) che avrebbero ricomposto la filiera. Su questo progetto avevamo “costruito”, insieme al governo, anche una rete di ammortizzatori sociali per accompagnare il processo. L’azienda ha reinternalizzato 200.000 sedute (il costo di lavoro nel settore si misura in minuti per seduta, ndr). Noi ne chiedevamo 350-450.000, ma comunque in questo modo si sta dando occupazione seppure con i contratti di solidarietà. C’era anche, però, l’impegno dell'azienda a costruire opportunità d’impresa per collocare i circa 330 lavoratori a zero ore. Natuzzi ha preso tempo, per avere chiarezza sui finanziamenti così dice, noi li abbiamo incalzati, intanto, a iniziare col progetto. Per tutta risposta Natuzzi ha rotto il tavolo e annunciato 330 licenziamenti. La nostra reazione è stata immediata: noi non firmeremo nessun licenziamento, questo sia chiaro. L’azienda ha preso degli impegni e ha margini per poter occupare tutti quei lavoratori che non saranno in condizione di a ad uscite incentivate: per noi ci sono.

Rassegna E il cemento?

Genovesi Ogni vertenza ha le sue specificità: dalle grandi – Italcementi, che però ora ha il “cuore” in Germania – alle tante, piccole e complesse situazioni. Però un punto di contatto c’è. In Italia ci sono alcuni settori la cui sovra capacità produttiva rischia di essere permanente, e il cemento è uno di questi, con i suoi 10.000 addetti che, senza una grande opera di riconversione industriale, non rappresenteranno nel medio periodo un punto di equilibrio sostenibile. Il comparto va dunque accompagnato alla riconversione, con ammortizzatori specifici. Per questo, accanto alle aree di crisi complessa, bisogna introdurre il tema dei settori in crisi complessa. Sapendo che si possono riconvertire prodotti e mercati, ma è difficile però che si possano coinvolgere in questo progetto lavoratori alle soglie dei 60 anni. Insomma, si tratta di mettere in piedi un’operazione che è stata fatta, ad esempio, per gli acciai pesanti e per la chimica in anni passati, quando la politica era “più forte”. O noi leggiamo tutte le singole vertenze, Italcementi, Unicalce, Cementir, anche nella chiave di un intero settore che si deve riorganizzare, oppure non abbiamo soluzioni percorribili, a meno di accettare una macelleria sociale. E ovviamente anche in questo caso, noi staremo sempre dalla parte dei nostri compagni e colleghi.

(Al forum hanno partecipato Guido Iocca, Stefano Iucci, Roberto Greco, Maurizio Minnucci, Emanuele Di Nicola e Carlo Ruggiero)