“Quella che il ministero dell'Economia ripropone con il Def 2016 è una politica economica per restare nella crisi. Nonostante la mancata ripresa, italiana ed europea, la deflazione e il peggioramento del contesto internazionale, viene confermata la strategia economica avviata dal governo ormai tre anni fa, con misure di consolidamento delle finanze pubbliche a scapito di una politica espansiva”. Questo il commento della Cgil al Documento di economia e finanza 2016, illustrato nella giornata di ieri, lunedì 18 aprile, dal segretario confederale della Cgil Danilo Barbi nel corso dell'audizione presso le Commissioni congiunte Bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. All'audizione ha partecipato anche il coordinatore dell'Area politiche economiche e di sviluppo, Riccardo Sanna.

Un milione e 600 mila i posti di lavoro persi, più che raddoppiate le persone in povertà assoluta

“L'Italia non è ripartita - si legge nel documento - e i dati rispetto ai livelli pre-crisi sono preoccupanti: 1 milione e 600 mila i posti di lavoro persi, più che raddoppiate le persone in povertà assoluta, per la prima volta dal dopoguerra è diminuita la speranza di vita alla nascita e il numero degli emigrati ha superato quello degli immigrati, inoltre si amplia il divario tra Mezzogiorno e resto del Paese”. “La politica economica - accusa la Cgil - continua ad essere sempre la stessa: troppo ottimistica e poco ambiziosa”. Nel Def, infatti, si riconosce l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi di crescita e, di conseguenza, di riduzione dell’indebitamento netto della P.A. e del debito pubblico. Si fissa l'obiettivo di portare il tasso di disoccupazione dal 10,9% del 2017 al 10,8, un dato ancora molto lontano dal livello pre-crisi (6%), mentre si programma una riduzione dei salari reali da qui al 2019.
Secondo la Cgil, con il Def 2016 il governo continua a perseverare con “una strategia liberista che finora non ha funzionato”. “Non c'è traccia - accusa - di una politica economica alternativa e si prosegue con un''austerità moderata' fallimentare”. In tema di pubblica amministrazione e lavoro pubblico la Cgil registra “un'assoluta continuità con le politiche fin qui assunte. Proseguono le riduzioni di spesa per i redditi da lavoro fino al 2019 e le forti limitazioni al turn-over, allo stesso tempo contnuano ad essere assenti le politiche di innovazione anche occupazionale”. Per quanto riguarda la programmazione delle infrastrutture strategiche, la Cgil precisa come occorrano “più risorse, maggiore efficienza e omogeneità per le opere previste e in attuazione”.

La Cgil denuncia una mancata copertura finanziaria di 16.075 miliardi, pari al 22,60%

Inoltre, il sindacato di corso d'Italia denuncia una mancata copertura finanziaria di 16.075 miliardi, pari al 22,60%, per la realizzazione delle opere. Infine, anche per le politiche inerenti il welfare e la coesione “si sceglie di continuare con una politica che non produce risultati: si agisce con una politica di tagli al finanziamento pubblico, come nel caso del Servizio Sanitario Nazionale, per la parte previdenziale nessun seguito agli annunci, parziale interventi per la riduzione della povertà, mentre per la coesione e il Mezzogiorno solo la riproposizione di intenzioni”. 

In conclusione del documento la Cgil, unitariamente a Cisl e Uil, esprime la sua posizione in merito agli interventi sulla contrattazione previsti nel Def: “un intervento legislativo incentrato sulla contrattazione di secondo livello - avvertono i sindacati confederali - rischia di alterare l’equilibrio della struttura delle relazioni industriali nel nostro Paese, che è costruita in una logica di sistema in cui i ruoli dei livelli contrattuali sono ben distinti e dedicati. La disarticolazione del sistema contrattuale potrebbe ingenerare fenomeni negativi tanto per i lavoratori quanto per le imprese: dumping per i primi, concorrenza sleale per le seconde”.