Il settore delle costruzioni, a livello italiano e nella regione Emilia-Romagna, è senza dubbio uno di quelli che ha maggiormente risentito della profonda recessione economica che ha caratterizzato il periodo compreso tra 2009 e il 2016. Se è vero che questo settore è entrato nella crisi leggermente in ritardo rispetto ad altri, in particolare della manifattura, è altrettanto vero che ha incontrato sinora le maggiori difficoltà a uscirne.

Nel 2017 le costruzioni in Italia hanno generato il 4,5% del valore aggiunto italiano e rappresentato il 6,1% dell’occupazione. Tuttavia, il settore ha subito un significativo ridimensionamento rispetto al periodo pre-crisi: in Italia aveva registrato nel 2007 il più alto livello di valore aggiunto degli ultimi 15 anni, con oltre 94 miliardi di euro, per poi sperimentare una contrazione che lo ha portato a raggiungere i 63 miliardi di valore aggiunto nel 2016, segnando poi un recupero nel 2017, quando è risalito a 64 miliardi di euro. Simile andamento ha sperimentato l’occupazione totale, che nel 2008 contava quasi due milioni di addetti, tra dipendenti e indipendenti, mentre nel 2016 questi erano pari a 1,6 milioni, ridottisi ulteriormente a 1,4 milioni nel 2017.

Le cause di questo andamento così negativo sono note e soprattutto attribuibili agli effetti della crisi economica, che ha portato le costruzioni residenziali a incontrare un crollo della domanda per l’effetto della contrazione dei redditi e delle restrizioni del credito, e le costruzioni non residenziali a fronteggiare il ciclo economico sfavorevole e il razionamento del credito nell’ambito privato, la politica di austerity sul fronte dell’edilizia e delle opere pubbliche. Tuttavia, i dati relativi al periodo più recente segnalano che l’economia italiana ha sperimentato a partire dal 2015 un graduale miglioramento con un allentamento della spinta recessiva e con essa anche il settore dell’edilizia, in particolare nel corso del 2017.

Questo modesto miglioramento, generato soprattutto dai segnali positivi sul mercato immobiliare, nei mutui erogati alle famiglie per l’acquisto dell’abitazione e nei bandi di gara per lavori pubblici, ha però sinora solo parzialmente modificato la tendenza fortemente negativa in atto nel settore. L’indice della produzione a livello nazionale, dopo quattro anni di forte contrazione, si è finalmente stabilizzato tra il 2015 e il 2017 ma non ha ancora mostrato segni di ripresa. L’analisi evidenzia poi rilevanti differenze tra i diversi comparti, in particolare guardando alle nuove superfici in via di costruzione distinte tra edilizia residenziale e non.

L’edilizia non residenziale sembra aver risentito della crisi leggermente dopo quella residenziale, tuttavia nel periodo più recente, tra il 2013 e il 2014, ha accelerato la contrazione delle superfici nuove, riducendo la distanza dalle superfici residenziali per poi però registrare un’inversione di tendenza a partire dal 2015. Tra il 2005 e il 2015 le superfici nuove non residenziali sono passate dai quasi 7 milioni di metri quadri a circa due milioni, mentre quelle residenziali dai 5 milioni a meno di un milione. La moderata ripresa che il settore delle costruzioni sta sperimentando non è certamente trainata dall’edilizia residenziale, che rimane ferma al milione di metri quadri, mentre quella non residenziale prosegue la tendenza alla crescita iniziata nel 2015.

L’analisi degli investimenti in edilizia mostra due dinamiche di grande rilevanza: da un lato, tra il 2013 e il 2016, gli investimenti nel settore sono calati, ma con un’intensità via via minore, fino a registrare nel 2017 un incremento, per quanto contenuto. Dall’altro, i dati confermano la ripresa dell’edilizia non residenziale, a fronte del perdurare della crisi di quella residenziale; anche se, nell’ambito della seconda, radicalmente opposta è la tendenza registrata tra nuove abitazioni e manutenzione straordinaria. Gli investimenti in manutenzione straordinaria sono infatti  nel 2017 più alti di circa il 40% rispetto al 2000, mentre quelli in nuove edificazioni sono più bassi del 70% nel 2017 rispetto al picco del 2007.

L’esame del settore in Emilia-Romagna nel contesto nazionale mostra come questo abbia a livello regionale diversi elementi di similitudine rispetto a quello italiano, ma anche alcune importanti divergenze. Anche in Emilia-Romagna il valore aggiunto del settore ha subito importanti contrazioni, in alcuni anni anche superiori al livello nazionale, tuttavia le stime relative al 2017 mostrano che  il valore aggiunto a livello regionale è tornato ad aumentare rispetto all’anno precedente. Questa tendenza positiva, secondo le previsioni, dovrebbe rafforzarsi in misura importante nell’anno in corso.

La differenza di dinamica tra fabbricati residenziali, già discussa per il livello italiano, ha assunto in Emilia-Romagna un ruolo di particolare importanza. I dati mostrano come l’andamento del peso dei fabbricati residenziali e non dell’Emilia-Romagna su quelli nazionali abbiano avuto tendenze molto differenti: il peso dei fabbricati residenziali si è ridotto a partire da 2005, anno in cui si era raggiunti il punto massimo pari al 9%, mentre quello dei fabbricati non residenziali ha subito una contrazione tra il 2003 e il 2006, per poi aumentare dal 2006 al 2015, superando l’11%. Probabilmente a causa sia del sisma, che ha colpito la regione nel 2012, sia anche di una più rapida capacità di uscita dalla crisi dell’economia regionale rispetto alla media nazionale, l’edilizia non residenziale ha dato un contributo importante per sostenere il settore a livello regionale durante la crisi.

Sul fronte del mercato immobiliare, anche in regione i segnali registrati sono fortemente positivi: dopo 7 anni consecutivi di calo delle abitazioni compravendute (-58,9% tra il 2007 e il 2013), a partire dal 2014 il mercato immobiliare abitativo ha visto un’interruzione del trend negativo. In Emilia-Romagna nel 2014 sono state compravendute 34.742 abitazioni, con un incremento del 6,2% rispetto al 2013, crescita superiore a quella rilevata a livello medio nazionale (+3,6% su base annua). La ripresa del mercato immobiliare si conferma sia nel corso del 2015 con il 6% in più di abitazioni compravendute che nel 2016 quando il numero delle abitazioni compravendute ha fatto un ulteriore balzo superando le 45 mila unità.

Per la prima volta dopo molti anni, anche in relazione al periodo più recente, le dinamiche positive sul fronte economico si sono riverberate sul mercato del lavoro. Nel 2017 l’occupazione regionale nel settore delle costruzioni torna ad aumentare. Nel corso di quest’anno gli occupati del settore crescono di oltre 3 mila persone, pari a un incremento del 3,4%, di molto superiore alla crescita occupazionale registrata nello stesso anno dall’economia regionale nel suo complesso (+ 0,3%), ma anche del settore a livello nazionale (+ 0,9%).

L’Emilia-Romagna quindi non è la sola regione italiana a vedere incrementare l’occupazione del settore delle costruzioni, ma si posiziona tra le prime 5 per intensità di crescita occupazionale, quando ci sono comunque 8 regioni che segnano nuovamente una contrazione. L’incremento occupazionale registrato a livello regionale nel settore va soprattutto a beneficio degli occupati indipendenti, che crescono del 7,6%, mentre quelli dipendenti rimangono sostanzialmente stabili nell’ultimo anno. Anche se, nell’ultimo triennio, ci segnala l’Inps, il cui osservatorio si ferma al 2016, gli occupati subordinati si sono ridotti di quasi 4 mila persone (- 5,6%) tra il 2014 e il 2016, che si vanno ad aggiungere alle oltre 20 mila perse tra i 2010 e il 2014.

In sostanza, quindi, il 2017 rappresenta un anno positivo per il settore delle costruzioni, soprattutto alla luce della grave crisi sperimentata negli ultimi 8 anni. La ripresa del mercato immobiliare, dell’erogazione dei mutui alle famiglie, la buona performance degli investimenti in manutenzione straordinaria, aiutati fortemente dalle misure di incentivazione, e la ripresa dell’edilizia non residenziale hanno sostenuto il settore a livello regionale, portando nel 2017 a un’inversione di tendenza anche il mercato del lavoro. Questa fotografia fa certamente ben sperare per il futuro, sebbene presenti ancora sia sul versante economico che occupazionale numerosi aspetti di fragilità e certamente notevole distanza rispetto alla situazione precedente alla recessione economica.

Daniela Freddi è ricercatrice Ires Emilia-Romagna