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Sindacati e associazioni scendono in piazza oggi, giovedì 15 novembre, per contrastare il condono edilizio previsto dal governo: appuntamento al presidio, dalle ore 9 alle 12.30, in piazza Vidoni a Roma. L'iniziativa è promossa da Legambiente, Ance, Cgil, Cisl e Uil, Fillea Cgil, Filca Cisl, Feneal Uil, Anci Marche, Consiglio nazionale Architetti, Coord. Enea Flc Cgil, Accademia Kronos, Libera, Rete della Conoscenza, Sigea-Società Italiana di geologia ambientale, Symbola, che lanciano un appello per spiegare le loro motivazioni.
“Dal 1985 ad oggi – si legge nel testo – in Italia sono stati approvati tre condoni edilizi che hanno regolarizzato edifici realizzati spesso in aree a rischio idrogeologico e sismico, costruiti anche con lavoro nero e/o materiali di scarsa qualità. Ogni condono doveva essere l’ultimo per garantire che si sarebbero chiusi i conti con l’illegalità e puntato su tutela del territorio e sicurezza del patrimonio edilizio. Invece nel decreto Genova in corso di approvazione al Senato, dopo il voto positivo della Camera dei deputati, sono previsti due diversi condoni per la ricostruzione del Centro Italia e di Ischia”.
Per la ricostruzione post terremoto a Ischia, l’articolo 25 prevede di regolarizzare edifici che per i condoni del 1994 e 2003 sono insanabili, perché le richieste di condono sarebbero valutate esclusivamente con la legge del condono tombale del 1985, molto permissiva nei vincoli idrogeologici e sismici. Per la ricostruzione post terremoto nelle quattro regioni del Centro Italia, l’articolo 39-ter riapre la sanatoria fino ad agosto 2016 permettendo di sanare, a prezzi scontati, abusi recenti fatti nei 13 anni dall’ultimo condono del 2003.
“Il rischio evidente delle due sanatorie – proseguono – è che quanto concesso a Ischia e nel Centro Italia venga allargato in altri Comuni alla prima occasione utile, aprendo a una sanatoria diffusa che sarebbe un incredibile volano per nuovi abusi edilizi. Le tragedie delle ultime settimane, causate da eventi meteorologici estremi e dal diffuso dissesto idrogeologico in cui versa il nostro paese, ci ricordano che la priorità deve essere garantire la sicurezza dei cittadini e del territorio e davvero chiudere i conti con il passato”. Per cambiare questa realtà, dunque, il nostro paese “deve affrontare il ritardo assurdo nella valutazione delle richieste di condono presentate nel 1985, 1994, 2003 che ancora giacciono nei Comuni italiani, stimate in numero pari a 5 milioni, e che aspettano di essere valutate. Una situazione ingiusta nei confronti di chi avrebbe diritto al condono, che non può intervenire per mettere in sicurezza o riqualificare gli edifici, e che non consente di individuare gli edifici abusivi che andrebbero abbattuti evitando di mettere in pericolo la vita delle persone”.
Per queste ragioni sindacati e associazioni chiedono “di eliminare dall’articolo 25 del decreto Genova la frase finale ‘per la definizione delle istanze di cui al presente articolo, trovano esclusiva applicazione le disposizioni di cui a Cap. IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47’. L’esigenza di accelerare la valutazione delle pratiche di condono presentate nel 1985, 1994, 2003 può essere soddisfatta dalla già prevista assunzione di personale nei tre Comuni coinvolti, per i quali deve essere garantita la necessaria competenza e quindi siano architetti, geologi, ingegneri, geometri. Di sostituire all’articolo 39-ter del Decreto Genova la data di agosto 2016, per cui è possibile sanare gli abusi, con i termini fissati dall’ultimo condono del 2003. L’esigenza di sanare alcuni interventi che vengono definiti ‘vecchi e limitati’ per dare un’accelerata alla ricostruzione sarebbe ampiamente soddisfatta. Coloro che negli ultimi 13 anni hanno realizzato abusi edilizi non meritano certamente un premio. Di prevedere nella legge di bilancio risorse per i Comuni destinate all’assunzione temporanea di personale tecnico per smaltire le pratiche di condono ancora aperte”. Appuntamento al presidio della capitale, dunque, per respingere al mittente l'ipotesi di condono.
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