Il diritto di indire assemblee spetta non solo alla Rsu collegialmente intesa, ma anche a ciascun suo componente. È quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza 7 luglio 2014, n. 15437. Il caso preso in esame dalla Suprema Corte è quello di un’organizzazione sindacale non firmataria del ccnl applicato in azienda, che si è resa protagonista di un ricorso ex articolo 28 dello Statuto dei lavoratori per sentir dichiarare l’antisindacalità del comportamento della società, consistente nella reiterata negazione – a un membro della Rsu, eletto nelle liste della stessa sigla sindacale ricorrente – del diritto di indire assemblee.

La domanda del sindacato era respinta dalla Corte d’appello, che riteneva che non potessero considerarsi titolari del diritto i membri delle Rsu istituite dall’accordo interconfederale del 1993, visto che l’articolo 4 di tale accordo stabilisce che i vari componenti delle Rsu “subentrano ai dirigenti delle Rsa nella titolarità dei diritti, permessi e di libertà sindacali e tutele già loro apprestate”; d’altra parte, il medesimo articolo 4, al comma 5, prevede la sussistenza del diritto a indire, singolarmente o congiuntamente l’assemblea dei lavoratori, “in favore delle organizzazioni aderenti alle associazioni sindacali stipulanti il ccnl applicato nell’unità produttiva”, il che significherebbe – secondo i giudici di appello – che conserva la prerogativa originariamente stabilita dall’articolo 20 dello Statuto dei lavoratori alle sole strutture periferiche aziendali dei sindacati firmatari del suddetto contratto di lavoro.

Chiamata in causa, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso dell’organizzazione sindacale. Secondo il parere dei giudici di legittimità, l’accordo interconfederale non contiene alcun dato testuale che faccia ritenere che il riconoscimento pattizio delle prerogative sindacali di cui si tratta sia limitato solo a quelle attribuite ai dirigenti delle Rsa e non si estenda anche a quelle riconosciute alle Rsa come organismi rappresentativi (quale il diritto di indire l’assemblea).

“Delle Rsu non è predicata la natura di organismi a funzionamento collegiale, sicché non vi è ragione per non ritenere che alle Rsu siano state pattiziamente riconosciute le prerogative sindacali delle Rsa tutte, cioè sia quelle riferibili alla singola Rsa, sia quelle attribuite ai suoi dirigenti; e tra queste prerogative è compreso anche il diritto di indire l’assemblea sindacale”. Del resto, se la prerogativa prevista dall’articolo 20 dello Statuto in favore delle Rsa non richiedeva che l’indizione dell’assemblea fosse necessariamente congiunta, la speculare prerogativa pattizia prevista dal citato articolo 4, che reca il riconoscimento del diritto di indire “singolarmente o congiuntamente” l’assemblea dei lavoratori, non può che essere intesa come ripetitiva di questa duplice modalità di convocazione.

La Corte emanava il seguente principio di diritto: “In tema di rappresentatività sindacale, dalla lettura coordinata della legge 20 maggio 1970, n. 300, articoli 19 e 20, si desume che il combinato disposto degli articoli 4 e 5 dell’accordo interconfederale del 1993 (istitutivo delle Rsu) si deve interpretare nel senso che il diritto di indire assemblee rientra tra le prerogative attribuite non solo alla Rsu considerata collegialmente, ma anche a ciascun componente della Rsu stessa, purché questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato che, nell’azienda di riferimento, sia di fatto dotato di rappresentatività ai sensi dell’articolo 19 della legge 300 quale risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 2013”.