Sottopagati o non pagati. Al nero. Senza il riconoscimento degli straordinari e dei contributi previdenziali. Vittime di caporalato e di ricatti. Ai lavoratori migranti questo non succede solo nei campi di pomodoro del Sud Italia, ma succede anche qui, nel territorio fiorentino, all'ombra della cupola del Brunelleschi. È il quadro che esce dal seminario di stamani alla Camera del lavoro di Firenze, “Migranti e lavoro: lo sfruttamento lavorativo nel territorio fiorentino”, organizzato da Cgil Firenze e Cgil Toscana.

Nell'occasione, è stata presentata una apposita ricerca (realizzata dalla cooperativa sociale Cat) sulla questione (scaricabile online su www.coopcat.org). La ricerca analizza, attraverso interviste a lavoratori e a testimoni privilegiati (sindacalisti, avvocati, operatori sociali), le forme emergenti di sfruttamento lavorativo, evidenziando la presenza e la pericolosità di una zona grigia fra economia sommersa ed economia criminale.

“La cameriera pagata al nero. Il portiere che lavora più ore del dovuto senza che gli vengano pagate. Il facchino somalo che lavora al nero per 500 euro al mese con turni impegnativi. C'è il tema delle cooperative spurie e del caporalato: infermiere e badanti che vengono fatte venire in Italia e smistate, e alcune di loro chiedono almeno di non dover prendersi cura di un uomo, lasciando intendere che temono richieste sessuali”, ha spiegato Livia Bruscaglioni di Cat.

Mentre Andrea Cagioni, sempre di Cat, ha citato uno studio della Filt del 2013: “Nella logistica, rispetto agli italiani, i lavoratori stranieri svolgono mansioni meno qualificate, hanno stipendi più bassi, hanno più part time involontari e subiscono più incidenti sul lavoro. Le cooperative spurie non si riconoscono nei consorzi e non applicano i contratti nazionali, spuntano standard peggiorativi e cresce il rischio di infiltrazioni criminali”.

Amdi, mediatrice culturale di Cat, ha raccontato che si è occupata del censimento della popolazione di uno stabile occupato a Firenze. Qui, gran parte degli uomini lavorava nella stessa cooperativa agricola, in provincia, e ognuno di loro prendeva 400 euro ogni due mesi, in barba al contratto. “Ho cercato di mettermi in contatto con quello che gestiva questo sistema, un somalo, ma mi hanno detto che era diventato talmente ricco che si era trasferito a vivere a Londra”.

Durante il seminario, hanno raccontato la loro storia alcuni lavoratori migranti da tempo in Toscana (alcuni di loro iscritti al sindacato, come Aouatif, della Filcams Firenze, che ha spiegato: “Vogliono metterci gli uni contro gli altri, lavoratori e lavoratori, italiani e stranieri, non caschiamoci”). Tra essi, uno che è impiegato nella logistica: “Nella mia cooperativa siamo quasi tutti stranieri. 'Non devi essere stanco, non devi chiedere soldi, devi fare ciò che ti diciamo noi': queste le cose che ci dicevano appena si entrava in servizio. Ci hanno tolto la tredicesima, i buoni pasto, gli stipendi ritardavano. Chi diceva qualcosa veniva intimidito, chi si iscriveva al sindacato veniva spostato. Ora le cose sono migliorate, ma è fondamentale informare i lavoratori dei loro diritti”.

“Il problema dei lavoratori migranti sfruttati esiste anche qui, e va affrontato. Da anni, siamo mobilitati per chiedere una nuova legge sugli appalti”, ha detto Carla Bonora (Cgil Firenze). “I governi da tempo abbattono le tutele dei lavoratori, e sui migranti c'è un 'di più' legato ai permessi di soggiorno. Del lavoro sfruttato dei migranti si parla poco, e questo seminario vuole far sì che se ne parli di più, il momento della denuncia è il primo passo. Gli iscritti stranieri alla Cgil regionale negli attivi sono il 15 %, una presenza importante da valorizzare", ha aggiunto Maurizio Brotini (Cgil Toscana).