ROMA - Adesione del 100% allo sciopero nazionale dei lavoratori Cementir. Questa mattina davanti al ministero dello Sviluppo economico a Roma sono giunti circa 350 operai dai vari stabilimenti italiani, alcuni partiti nella notte con i pullman. Dovevano essere di più, ma dalle zone colpite dal terremoto hanno dovuto rinunciare per problemi di viabilità. Il presidio si tiene in occasione del nuovo incontro tra azienda e sindacati sui 250 licenziamenti annunciati negli stabilimenti Cementir e Sacci, (l'azienda cementiera acquisita di recente dalla stessa Cementir). Al tavolo odierno si arriva dopo la rottura delle trattative il 18 ottobre scorso all'Unindustria di Roma, quando il gruppo Caltagirone ha confermato i licenziamenti e non ha accettato la richiesta dei sindacati di aprire confronti differenziati per le due società. A quella fumata nera seguì lo sciopero del 21 ottobre, anche quello con adesioni altissime.

“Chiediamo il rispetto delle procedure, in primo luogo di ritirare i licenziamenti”. Così Marco Carletti della Fillea Cgil nazionale interpellato da Rassegna Sindacale. “Non è possibile fare una trattativa – sottolinea – se non si fa una discussione di gruppo e se non si presenta un piano industriale e sociale. La loro proposta invece è lasciare a casa 250 persone senza ammortizzatori né incentivi, e nel frattempo fare ricorso alle esternalizzazioni. È vero che in Italia c'è la crisi del cemento e che la produzione è calata del 50 per cento. ma così Cementir fa solo un'operazione finanziaria con lo scopo di ridurre i costi fissi. Per ripartire servono investimenti, sviluppo, innovazione, una discussione sui carichi di lavoro. Finora non c'è nulla di tutto questo”.

Tra i vari stabilimenti oggetto di ridimensionamento c'è quello di Taranto, dove l'azienda ha annunciato di voler effettuare 47 licenziamenti su un organico totale che è di 72 addetti dopo i tagli avvenuti negli anni precedenti. Cementir motiva la nuova ristrutturazione col calo della domanda di cemento in Italia. Gli edili di Cgil, Cisl e Uil ribattono chiedendo un piano industriale di rilancio. Nel caso di Taranto, poi, la richiesta specifica è quella di allungare di un altro anno gli ammortizzatori sociali visto che l'area, riconosciuta area di crisi industriale complessa, può beneficiare di una proroga.