Infermiere e insegnanti, parrucchiere e operaie dell’industria alimentare, lavoratrici delle tintorie e delle arti grafiche. Più scienza e conoscenza progrediscono, più si allunga la lista delle professioni che vedono una diffusione del cancro al seno ben oltre la media. A fare il punto sul tumore alla mammella, che ogni anno in Italia colpisce 50 mila donne (rappresentando un terzo di tutte le neoplasie maligne a loro diagnosticate) è la ricerca “Working Women and Breast Cancer. The State of the Evidence” dell’organizzazione nazionale statunitense Breast Cancer Fund (di cui una sintesi è comparsa in una recente newsletter dell’Inca Cgil).

“Nessuno dovrebbe affrontare una diagnosi di cancro al seno a causa del proprio lavoro. Purtroppo, le lavoratrici di un’ampia gamma di settori … hanno una probabilità significativamente maggiore di affrontare la malattia rispetto alla popolazione generale”: inizia così il rapporto, e i risultati sono sconfortanti. Perché sono tantissime le lavoratrici esposte a radiazioni, oppure a sostanze chimiche e cancerogene: sono i “moderni canarini nelle miniere di carbone” dicono i ricercatori con un’immagine terribile ma efficace. “Siamo sicuri che un’economia libera dal cancro sia a portata di mano. È tempo di lasciare il cancro al seno disoccupato” concludono nella breve introduzione.

L’indagine individua anzitutto cinque gruppi professionali con un rischio di cancro al seno considerevolmente alto. Sono infermiere (il rischio è fino a cinque volte più elevato rispetto alla popolazione generale), bibliotecarie, avvocatesse e giornaliste (fino a quattro volte), tecniche di laboratorio, operaie e altre lavoratrici che utilizzano solventi chimici (fino a tre volte), insegnanti e tecniche radiologiche (fino a due volte). Tutte professioni su cui vi è ormai un “corpo ben consolidato di prove scientifiche”, che mostrano con tutta evidenza l’associazione tra queste attività e il tumore alla mammella.

Lavoro notturno ed esposizione a sostanze chimiche e a radiazioni ionizzanti, queste le cause principali del cancro al seno

Il rapporto, però, ha anche “scoperto” una vasta gamma di professioni fin qui trascurate, che meritano ulteriori ricerche e programmi di protezione. Sono parrucchiere, estetiste, operaie dell’industria alimentare (il rischio è fino a cinque volte più elevato rispetto alla popolazione generale), lavoratrici di tintorie a secco e lavanderie (fino a 4,5 volte), personale di vendita al dettaglio (fino a quattro volte), medici e operatrici sanitarie (escluse le infermiere; fino a 3,5 volte), operaie tessili, metalmeccaniche, dell’industria carta e stampa (fino a tre volte), poliziotte, vigili del fuoco e personale militare (fino a 2,5 volte), assistenti di volo e addette del settore gomma-plastica (fino a due volte il rischio).

Ma quali sono le cause? Al primo posto vi è l’esposizione a sostanze chimiche: troviamo i solventi (come il benzene e la formaldeide), i policlorobifenili (composti organici simili alla diossina), gli idrocarburi policiclici (che sono derivati dal petrolio e dal carbon fossile), l’ossido di etilene (usato molto in sanità), i pesticidi e il fumo di tabacco. Altra importante esposizione è quella alle radiazioni ionizzanti, che coinvolge anzitutto il comparto sanitario (con esami particolarmente “pericolosi” per gli operatori, come la fluoroscopia), ma anche altri settori (come l’aeronautica, l’energia e le attività di laboratorio in genere).

L’ultima associazione evidenziata dall’indagine del Breast Cancer Fund è quella con il lavoro notturno (già ampiamente rilevata dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), che ovviamente riguarda una grande pluralità di professioni. In Gran Bretagna, ad esempio, un recente studio (pubblicato sul British Journal of Cancer) ha stimato che la rottura del ritmo circadiano è causa del 4,5 per cento dei casi di cancro al seno. Mentre una ricerca francese (pubblicata sull’International Journal of Cancer) ha dimostrato che il rischio diventa ancora più elevato nei casi di donne che hanno lavorato di notte prima della loro prima gravidanza.