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Al centro di produzione della Rai di Milano, circa il 70% dei lavoratori ha un contratto a tempo determinato, molti sono gli atipici e i precari, pressochè privi di tutele. Una vera e propria giungla, dove convivono anche quattro forme contrattuali diverse per svolgere lo stesso tipo di lavoro, dove gli apparati tecnologici in dotazione sono fermi a vent’anni fa e mancano i pezzi di ricambio per carenza d’investimenti, mentre si spendono 600 milioni per la fiction, quasi tutta appaltata all’esterno, privilegiando i collaboratori ai dipendenti. Un’azienda che, in teoria, avrebbe una funzione di intrattenimento, cultura e informazione, ma che da tempo ha perso la sua vocazione primaria. È quanto emerso dai racconti dei tanti lavoratori intervenuti all’assemblea organizzata oggi pomeriggio da Cdl e Slc locali, nella sede di Corso Sempione, per presentare la Carta dei diritti universali del lavoro, alla presenza di Susanna Camusso.
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E proprio il segretario generale, nelle sue conclusioni, si è chiesta, in primis, che cos’è il servizio pubblico? “Per noi – ha esordito –, significa garantire il pluralismo dell’informazione e non solo il parere di chi ci governa; vuol dire parlare di lavoro, della crescita degli occupati grazie al Jobs act, come avviene in queste settimane, ma anche del tasso di disoccupazione del nostro Paese, che ha raggiunto livelli abnormi nel contesto europeo, di cui però ultimamente la nostra azienda radiotelevisiva non parla più. Vuol dire dare la parola a lavoratori e sindacati, discutere delle vertenze, molte delle quali sono comparse in tv e poi sparite nel nulla, anche se sono tuttora irrisolte. Insomma, servizio pubblico è affrontare i problemi reali della nostra società, sulla base delle risorse che ti vengono garantite dallo Stato, e che tu, azienda pubblica, non hai bisogno di cercare sul mercato. Su questo tema, occorre fare una discussione seria, in vista del rinnovo della concessione, così come, a proposito dell’abbonamento del canone in bolletta, deciso da Renzi, quali conseguenze avrà sul flusso di cassa dell’azienda, visto che quei fondi arriveranno nella seconda parte dell’anno e non all’inizio, come avveniva prima?”
La leader Cgil ha poi parlato della frantumazione che si è progressivamente determinata nel mondo del lavoro e del conseguente ruolo del sindacato. “Come si riconduce a unità un universo diviso e vilipeso, dove i diritti sono diventati un optional per la maggior parte delle persone? A questo, serve la nostra Carta, ad estendere i diritti a chi non ce l’ha, e lo strumento per agire è la contrattazione. Il nuovo Statuto è esattamente questo: ripartiamo dal fatto che siamo persone che lavorano, indipendentemente dal contratto che abbiamo. Con la Carta, che vuol essere l’inizio di un percorso, promotrice di un cambiamento vero del Paese, abbiamo provato a definire tutte quelle figure che non sono datori di lavoro e che dovrebbero avere gli stessi diritti. Proviamo a costruire un punto di partenza e di unità fra i lavoratori. E dobbiamo farlo subito, perché non c’è più tempo da perdere. Il quadro sta peggiorando ulteriormente, in molti casi, siamo tornati al puro schiavismo”.
Infine, rivolgendosi ai lavoratori Rai, Camusso ha concluso: “Oggi vi chiediamo di esprimervi sulla nostra proposta, non solo per misurare il consenso, ma anche per acquisire un impegno e una responsabilità di dare autonomamente mandato alla Cgil per mettere a punto una proposta di legge da portare in Parlamento e dei requisiti abrogativi da sottoporre a referendum. In un’epoca in cui decidono gli uomini soli al comando, noi rimaniamo per la condivisione collettiva, per far tornare centrale il lavoro attraverso una proposta di unità”.