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“Non c'è nessuna ragione al mondo che giustifichi l'intervento del governo sulle regole contrattuali. C'è invece la volontà di destrutturare la funzione di rappresentanza autonoma delle parti sociali. Questo c'è”. Con queste parole il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in un’intervista a Repubblica, torna a respingere l'ipotesi che Palazzo Chigi metta mano sul rapporto tra sindacati e organizzazioni datoriali.
Nell’intervista firmata da Roberto Mania, Camusso ricorda che “i contratti sono accordi di natura privata”. Quindi, “un governo che avesse a cuore davvero la ripresa del Paese tiferebbe per l'aumento dei salari”, come suggerisce anche l'Fmi. “In questa stagione delle diseguaglianze – afferma ancora il segretario Cgil - indebolire la contrattazione collettiva, a favore per esempio del salario minimo, vuol dire creare le condizioni per un futuro di povertà diffusa”.
Confindustria, che non sembra ostile all'intervento del governo, “a volte - osserva Camusso - ricorda quei presidenti di calcio che tifano incomprensibilmente per un'altra squadra. Francamente non riesco a capire per quale squadra tifi la Confindustria. Per chi vuole toglierle il ruolo di rappresentanza?”.
Ma perché allora il confronto con Confindustria è fallito ancor prima di cominciare? “Perché fin dall'inizio l'obiettivo di Confindustria era chiaro – risponde Camusso - abbassare i salari, ridurre il potere d'acquisto dei lavoratori. Le sembra un obiettivo che potevamo condividere?”. E quando Squinzi si è accorto che le sue idee sul salario non erano condivise, aggiunge Camusso, “ha fatto come quei bambini che si arrabbiamo e portano via il pallone”.
“A volte – conclude il leader della Cgil - vengono da rimpiangere i presidenti di Confindustria, come Angelo Costa e Gianni Agnelli, che pur nella durezza delle loro posizioni hanno sempre riconosciuto il valore del lavoro e della tutela del salario”.