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Il settore delle costruzioni, in Campania, stenta ad uscire dalla crisi in cui è immerso da almeno otto anni. Una crisi pesante, dura, che ha lasciato segni che rischiano di diventare indelebili, se non si inverte marcia negli investimenti pubblici e privati. Segni che parlano di perdita, pressoché irreversibile, di migliaia di posti di lavoro, di ricchezza individuale e collettiva sprecata, in termini di massa salari decurtata, di depauperamento di pezzi importanti del sistema d'impresa dell'edilizia. Segni che parlano di un peggioramento delle condizioni di lavoro sui cantieri, di un ricorso preoccupante al lavoro nero e soprattutto a quello irregolare, di una recrudescenza brutale degli infortuni mortali e degli infortuni in generale, dell'abusivismo come "bene rifugio" per chi non riesce a trovare un lavoro regolare, come accaduto al povero Claudio Tammaro di Casalnuovo.
Dalle casse edili, che oltre ad essere organismi che garantiscono l'applicazione delle norme contrattuali e dei diritti, come ferie, malattia, premi di anzianità professionale, welfare integrativo, sono anche osservatori certificati dei flussi occupazionali del settore, parziali ma significativi per quanto riguarda lo stato di salute del settore, giungono saldi negativi per quanto riguarda tutti gli indicatori del comparto edile, i lavoratori attivi, le ore lavorate, denunciate e versate, le aziende attive, il monte salari prodotto.
Nella comparazione tra il 2016 e 2017 – condotta dalla Fillea Cgil in un Report sull’edilizia regionale – il settore ha perso 7.038 posti di lavoro, circa il 13,5% degli addetti: rispetto al 2016, quando nelle casse edili erano censiti 53.300 lavoratori, a dicembre 2017 ne risultano 46.300. Alla fine del 2010 gli addetti in edilizia erano 83.000. Questa forte emorragia parla di un settore che sta pagando il prezzo di una crisi aggravata dal dilagare dell'illegalità, dell'irregolarità, in termini di evasione ed elusione contributiva.
Le aziende attive e iscritte alle casse edili nel 2016 erano 12.100, nel 2017, 11.290 (-6,6%). Aumentano di contro le aziende morose verso gli istituti, casse edili e Inps (+9,9%), segno di una difficoltà delle imprese a stare sul mercato per il combinato disposto tra le criticità per l'accesso al credito e i ritardi dei pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche, si legge sempre nel Report Fillea.
La massa salari, la ricchezza del reddito prodotto dal settore, subisce nel corso della crisi una decrescita pari a quasi 300 milioni di euro. A riprova di ciò è il dato in continuità del 2017 che registra un monte salari di 407.093.498 euro contro i 453.316.341 euro del 2016, con una perdita pari al 10,20% (poco più di 46 milioni di euro).
I dati ancora negativi, sommariamente riepilogati, sono al netto di una timida e ancora inefficace ripresa che il settore ha conosciuto nel corso del 2017, dovuta al completamento dell'agenda comunitaria 2007-2013 e a pezzi di spesa privata per la riqualificazione del patrimonio abitativo in fieri per il sistema delle detrazioni per ristrutturazioni.
“Ciò – sottolinea la Fillea nel suo studio – dovrebbe suggerire di riprendere seriamente in considerazione il recupero del Progetto Sirena declinato alle nuove esigenze di sicurezza e decoro del patrimonio abitativo, utilizzando in maniera unificata gli strumenti oggi disponibili tra bonus e incentivi con una forte regia pubblica anche in termini di cofinanziamento”.
“Il cambio di passo dovrà esserci in questo 2018. E ci sarà se verranno adottate tutte le procedure e gli interventi per cantierare le risorse previste dai vari piani di sviluppo, tra gli altri: il patto per la Campania (circa 9 miliardi di investimento di cui 4,5 afferenti il settore delle costruzioni), quello per Napoli (350 milioni), il piano delle periferie (poco meno di 150 milioni), risorse e capitali privati che possono contribuire alla riqualificazione urbana e alla rigenerazione”.
“Le costruzioni sono da sempre un volano per l’economia generale. Può essere anche un fattore e regolatore di sviluppo, dal consumo di suolo zero, al rispetto per l'ambiente. Per ogni euro speso in edilizia si genera una ricchezza pari a 3,5 euro, e per ogni miliardo che si riesce a cantierare possono esserci fino a 18 mila posti di lavoro, di cui 12 mila solo nel settore edile”, ricorda la Fillea, sottolineando che “la ripresa e la crescita del settore va accompagnata con poderose iniezioni di qualità, regolarità e legalità”. Il sindacato le elenca: contrasto al lavoro nero e irregolare con l'estensione del Durc (Documento unico di regolarità contributiva) legato agli indici di incidenza della manodopera; rispetto integrale del contratto di settore, censurando il ricorso al supermercato dei contratti da parte di imprese che scelgono quello a loro più favorevole; più formazione per i lavoratori e per le imprese, investendo il sistema bilaterale in sinergia con le politiche pubbliche a partire da quelle regionali.
Prioritario, poi, investire in sicurezza: il settore edile è da sempre connotato da un altissimo tasso di infortuni gravi e mortali. Nei primi mesi dell'anno in corso sono aumentate le morti sul lavoro e quindi sui cantieri, in edilizia più del 50%. Alla perdurante idiosincrasia delle imprese a rispettare ed applicare le norme previste dalle leggi e dai contratti, si aggiunge per la Fillea la inadeguatezza dei controlli. Solo 22 ispettori dell'Inail operano in Campania, con circa 500 mila imprese attive da controllare. Anche se si aggiungessero gli ispettori dell’Istituto nazionale del lavoro (circa 200 e non tutti impegnati sulla sicurezza), ogni funzionario dovrebbe seguire 2.250 aziende, ognuna delle quali potrebbe avere una visita ogni 20 anni, rileva la Fillea.