"Siamo un paese dove le persone comuni, chi lavora, chi sta in pensione, le fasce più deboli pagano ogni giorno una situazione sempre più drammatica, che sembra non avere vie di uscita". A dirlo è il segretario confederale della Cgil, Nino Baseotto, intervistato da RadioArticolo1 (qui il podcast).

"La politica - prosegue - fa la narrazione di un paese che non c'è, elude i problemi veri che sono i problemi quelli lì: si esce da questa crisi, come si affronta la deflazione, come si ridà spazio alla produzione, come si ridà prospettiva al terziario e rilanciano i consumi. Queste cose sono state enucleate, sono state escluse dal dibattito e dalla riflessione politica. Ci si occupa invece di riproporre antichi desideri di scalpi ideologici, che francamente non servono a nessuno".

Poi la critica al presidente del Consiglio, Matteo Renzi. "Promette cambiamento, e poi nell'ansia di cambiare percorre strade vecchie che lo porteranno su un binario morto. Rimettere insieme salari e pensioni decenti, redistribuire il reddito si deve fare allargando i diritti, e non togliendoli. Così l'Italia non ce la fa. Sono otto anni che c'è la crisi e vediamo sempre le stesse politiche. Bisogna cambiare la cura".

Le ricette degli ultimi governi, prosegue Baseotto, "hanno massacrato i consumi, hanno massacrato i redditi delle persone, hanno tolto diritti, anche quelli concreti: ci sono milioni di lavoratori e lavoratrici che si sono visti negare da anni il rinnovo del proprio contratto di lavoro. E ci sono migliaia di persone che, con una riforma sbagliata degli ammortizzatori sociali, nel pieno della crisi rischiano di non avere quel minimo di sostentamento necessario per arrivare a fine mese. La politica stava da un'altra parte, inseguiva la chimera del rigore e dell'austerità".

Nino Baseotto si sofferma poi sulla riforma del lavoro: "Stiamo parlando di provvedimenti annunciati che riguardano una cosa importante, riguardano il lavoro e si continua a fare annunci, a buttare lì slogan, a dire una cosa e poi il suo contrario. Proposte precise non ce ne sono, c'è una situazione molto confusa. Noi siamo abituati a guardare i testi, il merito delle cose, vorremmo capire che cosa davvero potrebbe capitare a coloro che noi rappresentiamo". In particolare, c'è "una proposta non ancora definita di contratto a tutele crescenti, che potrebbe essere un fatto positivo se davvero si cancellano grandissima parte di quelle 46 forme di accesso al lavoro che oggi ci sono. Ma bisogna cancellarle davvero. Oppure si rischia la 47° o 48° forma di accesso precario al lavoro".

Sul contratto a tutele crescenti, spiega, "non tutte le professionalità, non tutti i lavori possono essere compatibili con i tre anni di prova, ma diamo per scontato che sia così, poi si lascia l'attuale ordinamento dei contratti a tempo determinato? Cioè il fatto che senza alcuna causale uno può essere assunto per tre anni con contratto a tempo determinato?". "In questa ipotesi tre più tre fa sei - continua -, allora mettiamo un ragazzo per sei anni in un eterno periodo di prova, in un eterno stato di indeterminatezza, incertezza e privazione dei diritti? Questo è un bel problema, vogliamo delle risposte".

Poi il capitolo sulla concertazione. "Siamo un grande sindacato europeo, un paese come l'Italia non dovrebbe avere dubbi e praticare una scelta di fondo costitutiva dell'Unione europea che è il dialogo sociale. Questo vuol dire confronto tra le parti con i governi: vuol dire ascoltare e ascoltarsi, poi ognuno faccia il suo mestiere. Il sindacato - in particolare - fa il mestiere di rappresentare gli interessi dei lavoratori, anche con la mobilitazione, anche con le lotte se necessario. Il governo fa il suo mestiere, che nessuno gli nega, che è quello di decidere, di proporre provvedimenti e così via. Il Parlamento fa il suo mestiere, che è quello di votare le cose proposte dal governo e di trasformarle in leggi. Apprezzo il fatto che, dopo diversi mesi, il giovane presidente del Consiglio si sia reso conto che forse è il caso di ascoltare e di discutere con noi di temi che ci riguardano. Siamo pronti, accettiamo le sfide".

A questo proposito "il premier ci sfida a una legge sulla rappresentanza, ma forse non sa che da qualche tempo Cgil, Cisl e Uil hanno firmato un accordo con Confindustria sulla rappresentanza. Vogliamo discutere guardandoci negli occhi con il presidente del consiglio sul fatto che questo accordo viene esteso a tutti e diventa legge? Siamo pronti, sfida raccolta e perfino già risolta. Basta con gli insulti al sindacato - conclude Baseotto -, guardiamoci negli occhi e discutiamo, se Renzi vuole farlo noi siamo pronti".