Il confronto con il governo va avanti, ma davvero troppo lentamente. E i sindacati provano a dare una scossa, oggi (giovedì 13 luglio) a Roma, con l'Attivo nazionale unitario dei quadri e dei delegati di Cgil, Cisl e Uil, chiamato “Cambiare le pensioni, dare lavoro ai giovani”. L’appuntamento è alle ore 9.30 presso l'Hotel Quirinale (in via Nazionale 7). L’assemblea è l'occasione per rilanciare le richieste contenute nella piattaforma unitaria presentata lo scorso anno e alla base del verbale sottoscritto con il governo il 28 settembre, i cui nodi sono ancora al centro degli incontri sulla cosiddetta “fase 2” della previdenza.

“L’esecutivo risponda e dia concretezza al confronto sulla ‘fase 2’, che invece è continuamente dilazionata nel tempo” ha commentato mercoledì 12 luglio il segretario generale Cgil Susanna Camusso: “Faccia invece scelte politiche. Al di là degli annunci, il governo non sta dicendo cosa intende fare per il futuro, riguardo le pensioni di garanzia dei giovani, né per l'oggi, a cominciare dal blocco dell'automatismo dell’aumento dell’età pensionabile in relazione alle aspettative di vita”. Per Camusso quest’ultimo aspetto “è una questione fondamentale, è evidente che non si può procedere con gli automatismi. Il tema, semmai, è ripensare l'allungamento delle vite lavorative, che è anche un ostacolo all'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro”.

I due incontri tra governo e sindacati del 4 e dell’11 luglio non hanno prodotto i risultati sperati. Il primo obiettivo di Cgil, Cisl e Uil è interrompere l'innalzamento automatico dell’età pensionabile, previsto dalla riforma del 2011 per adeguarla alla speranza di vita. Martedì 11 il blocco è stato sostenuto, con un appello bipartisan, anche dai presidenti delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato Cesare Damiano e Maurizio Sacconi. Ma su questo l’esecutivo continua a prendere tempo: anzi, l’intenzione sarebbe quella di aspettare l'aggiornamento Istat sull'aspettativa di vita, previsto per ottobre.

Come spiegato dal presidente dell’Istat Giorgio Alleva in una recente audizione alla Camera, nel 2019 si andrà in pensione a 67 anni (dai 66 anni e sette mesi del 2018), con uno scatto di cinque mesi in avanti. Altri tre mesi saranno aggiunti nel 2021, mentre dal 2023 si prevede un incremento di due mesi alla volta: l'età pensionabile sarà di 68 anni e 1 mese nel 2031, di 68 anni e 11 mesi nel 2041 e di 69 anni e 9 mesi nel 2051. Il primo aumento, quello a 67 anni, dovrà essere autorizzato con un decreto interministeriale da emanarsi entro il 1° gennaio 2018.

“Speriamo che non si perda tempo. Entro la fine del mese ci sarà un incontro politico, preceduto da un tavolo tecnico, dove dovrebbero emergere le simulazioni sui conti”. Queste le parole del segretario confederale Cgil Roberto Ghiselli, al termine dell’incontro di martedì 11 luglio tra governo e sindacati. L’esecutivo, dunque, si è impegnato a stimare le platee dei beneficiari delle diverse misure e a valutare economicamente le varie ipotesi di intervento della ‘fase 2’ sulle pensioni.

Le cose da fare sono molte: la definizione di una “pensione contributiva di garanzia” per i giovani, il riconoscimento dei contributi figurativi per chi ha svolto un lavoro di cura per anziani e disabili, il riconoscimento di un anticipo legato alla maternità (la proposta sindacale è di un anno per figlio), il rafforzamento della flessibilità nell'accesso al pensionamento, lo sviluppo della previdenza complementare (con la conseguente adozione di misure che favoriscano gli investimenti dei fondi nell'economia reale), la rivalutazione delle pensioni attuali (la Cgil vorrebbe “adottare meccanismi a scaglioni") e l'adeguatezza di quelle future.

Qualcosa si muove pure nel campo del governo. L’esecutivo starebbe considerando, anzitutto, l’introduzione di bonus contributivi per le donne, allo scopo di eliminare le disparità di genere, agganciando le agevolazioni all'Ape social. Altre proposte in campo, ancora però non formalizzate, sono il riscatto gratuito della laurea per chi si iscrive all'università nel 2018 (i beneficiari dovrebbero essere 250 mila, per un investimento complessivo di 300 milioni di euro); il riconoscimento di un periodo di contribuzione figurativa aggiuntiva per le mamme; un intervento di “liberalizzazione” della previdenza integrativa, agevolato dallo Stato mediante sgravi fiscali, che permetta a chi raggiunge i 63 anni e dispone di un fondo pensione di poter chiedere una sorta di pensione anticipata.