"Appalti e contratti sono le due priorità per far ripartire l'Italia: su questi fronti, Governo e imprese devono intervenire". Così Franco Martini, segretario confederale della Cgil, oggi ai microfoni di Italia parla, rubrica di RadioArticolo1 (qui il podcast). "Un rilancio della crescita del Paese significa investire sull'innovazione – prosegue il dirigente sindacale –, che deve intervenire su tutto il processo produttivo, con il mondo del lavoro - principale risorsa dell'impresa -, a giocare un ruolo propulsivo attraverso i contratti. Ed è per questo che il Governo deve smetterla di ridurre le parti sociali a meri testimoni di una centralità dell'impresa, che da sola non va da nessuna parte". 

"Non meno importanti sono gli appalti – dice Martini –. Il rapporto della Guardia di Finanza evidenzia un sistema d'illegalità diffusa, che riguarda un appalto su tre. Noi abbiamo presentato, assieme a Libera, un decalogo delle cose da fare, ma il mondo politico è rimasto in silenzio, così come gran parte degli organi d'informazione. Con le campagne avviate da tempo, la Cgil sostiene che corruzione e illegalità costituiscono un costo enorme, non solo in termini morali e culturali, ma anche economici: sono decine di miliardi sottratti all'economia nazionale, che potrebbero alimentare politiche di sviluppo e solidarietà sociale. Ecco perché riteniamo impossibile rilanciare il Paese se non si combatte il malaffare. Gli appalti sono la principale fabbrica di corruzione in economia ed è un fenomeno che, purtroppo, oltre a dilagare sul territorio, sta diventando sempre più trasversale, perché invade tutti i settori produttivi, non più solo quelli tradizionali, come anni fa si pensava nel caso dell'edilizia. Perciò, chiediamo al Governo non solo maggiore attenzione, ma una capacità legislativa più incisiva per combattere il fenomeno. Sarebbe meglio dedicare più tempo a questi problemi del Paese, anzichè alla facilità di licenziamento dei lavoratori, perché non è attraverso quella leva che si può uscire dalla crisi". 

"Siamo in dirittura d'arrivo con la raccolta delle firme a favore della nostra proposta di legge d'iniziativa popolare per appalti puliti e trasparenti – continua l'esponente Cgil –. Il bilancio complessivo della campagna è positivo, avendo raggiunto anche l'obiettivo quantitativo che ci eravamo prefissi. Adesso questo risultato rimbalzerà sui tavoli di confronto istituzionali, perché va ricordato che l'Italia deve ancora approvare la legge di recepimento delle direttive Ue in materia d'appalti, all'interno della quale noi pensiamo debba trovare soluzione anche il tema che abbiamo proposto con la nostra iniziativa, cioè la salvaguardia della norma sulla responsabilità solidale nella catena di appalti e subappalti, perché ci deve essere chiarezza sul soggetto che si assume la responsabilità dell'intero processo. Sugli appalti dobbiamo lavorare ancora parecchio per rendere consapevole la società civile su quello che è il vero cancro economico e morale del Paese. Dobbiamo però registrare una significativa convergenza di posizioni, non solo da parte di chi rappresenta il mondo del lavoro, ma anche dalle associazioni dell'impresa: vi è un'area che lucra sulla corruzione, ma un'altra parte del sistema datoriale vuole competere accettando la sfida dell'innovazione e vede nella corruzione una condizione svantaggiosa in tale ottica".

"In ambito contrattuale – aggiunge Martini –, sottolineo l'importanza degli ultimi due rinnovi nazionali firmati, quello del commercio e l'altro dei bancari. Sono accordi che ribadiscono la centralità della funzione del contratto nazionale e la bontà di un sistema di relazioni sindacali, moderno e funzionale, esistente con Confcommercio e le associazioni del credito. Altro importante risultato dei due nuovi ccnl riguarda il fatto che per lavoratrici e lavoratori, interessati da processi di riorganizzazione o in procinto di essere trasferiti, si continuerà ad applicare le norme sempre esistite e quindi non verranno considerati come nuovi assunti. Questo punto è basilare, e si ripercuoterà nella discussione sugli appalti, per l'appunto: in tale ambito, il Jobs act ha prodotto un grave danno, in quanto a ogni cambio d'appalto i lavoratori rischiano di essere considerati neoassunti, senza portarsi dietro i diritti pregressi. Quindi, questi due accordi parlano anche alle altre situazioni presenti nel Paese negli altri settori, e quindi vanno difesi anche per questo". 

"Malgrado gli ottimi risultati ottenuti, la stagione contrattuale resta difficilissima, soprattutto perchè il Governo non ha alcuna intenzione di rinnovare i contratti pubblici: l'esecutivo non riesce a capire che non può esistere alcuna riforma della pubblica amministrazione, di cui vi è bisogno anche per rilanciare l'economia, senza il coinvolgimento di chi lavora nel pubblico impiego. Una riforma senza, o addirittura contro il lavoro pubblico, non porta da nessuna parte, perché la Pa deve essere semplificata, ma anche resa più produttiva e maggiormente qualitativa nelle sue funzioni. Tutto questo si può fare solo coinvolgendo il mondo del lavoro, valorizzando anche la contrattazione di settore", conclude il sindacalista.