Pubblichiamo un estratto da Costruire capacità amministrativa nel Mezzogiorno, di Alessandro Natalini (Università Parthenope di Napoli) e Francesco Raniolo (Università della Calabria). L’intervento è stato presentato al Forum Rps/ESPAnet in corso a Roma. Quest’anno il forum dedicato al tema: "La classe dirigente pubblica. I ruoli di governo e capacità amministrativa".

Nell’agenda di ricerca degli studiosi di scienza politica, di politica comparata e relazioni internazionali e sempre di più anche di scienza dell’amministrazione (Peters 2008), da poco più di un decennio si è affermato un nuovo tema: la “qualità democratica”, o meglio la “qualità” delle democrazie. Si tratta di un campo di ricerca in rapida crescita, anche se è ancora controverso, la cui rilevanza si è sviluppata in stretta associazione con le trasformazioni che hanno attraversato i regimi democratici – tanto sul versante dell’input quanto dell’output – nell’ultimo scorcio del XX e nell’abbrivio del XXI secolo.

La questione centrale nel dibattito della teoria della democrazia oggi è come «una democrazia di qualità» funzioni correttamente realizzando «libertà ed eguaglianza dei cittadini» (Morlino 2003, p. 228) e, ancora, attraverso quali «istituzioni e meccanismi» sia in grado di fare ciò. È evidente come in questo approccio alla qualità sia centrale il miglioramento del funzionamento degli assetti istituzionali democratici. Punto di vista, questo, per altro condiviso dall’approccio al capacity building oggetto di questo intervento. Con la conseguenza che diventa cruciale la questione di affrontare empiricamente una simile valutazione (di qualità), il che implica la necessità di tenere assieme premesse di fatto, come “misurare” la qualità democratica e attraverso quali strategie di ricerca quali-quantitative, e premesse di valore, ovvero come intervenire per migliorare la qualità di processi e il funzionamento delle istituzioni.

Da parte nostra, sulla scia di Diamond e Morlino (2005) e di Morlino (2011), ci limitiamo a elencare le otto dimensioni primarie, altrettante “qualità” corredate dalle relative sottodimensioni, che costituiscono la qualità democratica, vediamole rapidamente: la rule of law, la partecipazione, la competizione, la accountability elettorale ed istituzionale elettorale ed interistituzionale, la responsiveness e, infine, l’eguaglianza e la libertà. Le prime sei sono dimensioni procedurali, la capacità di risposta attiene ai risultati, mentre le ultime due riguardano le dimensioni sostantive o di contenuto della qualità. Rimandiamo alla letteratura sul tema per una più approfondita presentazione dello schema analitico (per il caso italiano si veda da ultimo Morlino, Piana e Raniolo s.d.).

Tuttavia, nel corso del lavoro introdurremo alcune specificazioni allo schema presentato. Primo, prenderemo in esame solo un aspetto sostantivo (la capacità amministrativa e la sua costruzione) considerato come una componente o sottodimensione della rule of law. Tra le altre cose questa scelta ci sembra risponda a quella critica che vede l’applicazione dei modelli di qualità democratica scarsamente attenti alle questioni di governance. In questo modo finendo per confondere due differenti cose: «l’una che andrebbe compresa in termini di democraticità mentre l’altra in termini di effettiva capacità di governance» (Plattner 2005, p. 80). La rilevanza della capacità amministrativa per la qualità della democrazie e della governance – riproponiamo la partizione di Plattner – nel mezzogiorno si confronta con la questione dell’innovazione istituzionale ed amministrativa e come questa si riesca a istituzionalizzare, Del resto, le istituzioni meridionali sono ricche di cambiamenti che non si conservano nel tempo, di istituzioni che non apprendono dall’esperienza passata, di innovazioni che restano localizzate.

Il riferimento al mezzogiorno ci consente di introdurre, poi, la seconda specificazione allo schema delle qualità democratica, vale a dire il fatto che il nostro ambito di indagine copre una realtà sub-nazionale. Del resto, oggi ancor più di ieri, l’ambito “regionale” costituisce una componente cruciale di una democrazia di qualità, il contesto dove maturano e si formano le «aspirazioni democratiche» dei cittadini, cioè l’insieme di «caratteristiche della vita democratica che i cittadini considerano desiderabili» (Varges Cullell 2004, p. 97). Il punto, sollevato con riferimento ai casi di democratizzazioni dell’America Latina o di altre parti del globo, mantiene tutta la sua validità e urgenza anche nelle democrazie mature. Tanto più per il mezzogiorno d’Italia dove lo Stato è apparso troppe volte «anemico» e la «cittadinanza a bassa intensità» (O’Donnell 2004).

Nonostante gli economisti e gli studiosi della finanza pubblica, enfatizzino che il federalismo (fiscale) dovrebbe promuovere la formazione di mercati politici responsabili, in cui i politici “scontano” il rischio di essere puniti elettoralmente se non producono politiche efficaci delle quali sono istituzionalmente responsabili, sappiamo che almeno nel meridione – ma non solo come hanno svelato i fatti di cronaca relativi alla c.d. “tangentopoli regionale” in Lombardia e Lazio – la realtà è ben diversa. D’altra parte, empiricamente si «possono configurare diversi modelli di democrazia di qualità» (Morlino 2003, p. 249), ciò vale certo per il confronto tra paesi diversi, ma vale anche per i livelli istituzionali distinti all’interno dello stesso paese – nel nostro caso il mezzogiorno e le regioni meridionali. Tale precisazione, che può forse apparire superflua, in realtà ha una conseguenza euristica rilevante nella misura in cui ci avverte della possibile esistenza di una varianza della qualità democratica sub-statale.

Il nostro contributo si fonda sulla convinzione che, tanto più oggi, è difficile, se non insensato, congelare un’immagine del mezzogiorno quale indistinta zona grigia di sottosviluppo e arretratezza. Nel corso del nostro contributo però la differenziazione virtuosa (o viziosa) inter-regionale – intesa specificatamente come effetti degli interventi di capacity building in alcuni contesti territoriali piuttosto che in altri – resterà sullo sfondo (si veda il par. 6). Il tema che ci interessa più direttamente, e siamo ad un terzo punto, è invece quello dello sforzo profuso dal centro (dal livello statale) di costruire deliberatamente capacità amministrativa nelle regioni meridionali. Insomma, a noi interessa verificare le caratteristiche e gli effetti di un particolare tipo di innovazione esogena assai frequente nelle regioni meridionali. In un contesto in cui le autonomie territoriali sono scarsamente dotate (dall’interno) di risorse organizzative e gestionali, istituzioni esterne (lo Stato centrale, l’Unione europea) possono avviare delle iniziative di capacity building, ma il punto è: in che modo? Con quale esiti? Che impatti determinano questi interventi? Da quali variabili sono influenzati? Che insegnamenti possiamo trarne per rivederne l’impostazione o almeno per individuare i punti di debolezza?

Rispondere a tali domande non è semplice, anche perché, come vedremo, quando si parla di funzionamento delle istituzioni e delle organizzazioni complesse sarebbe limitativo, se non fuorviante, fermarsi ad una prospettiva formale (sia questa declinata in termini legali-guridici o manageriali-amministrativi), al riguardo basta richiamare gli strali di Herbert Simon contro i «proverbi amministrativi», piuttosto occorre guardare alle dinamiche istituzionali e ai processi organizzativi effettuali che rendono possibile, o che diversamente bloccano o snaturano, i progetti intenzionali di cambiamento. D’altra parte, la politica di modernizzazione burocratica nel meridione o è rimasta a lungo ai margini delle agende dei governi o, quando ha ricevuto attenzione, ha prodotto scarsi esiti. Tale giudizio vale anche per il ciclo riformatore dell’ultimo ventennio, in relazione al quale amministrazioni e burocrazie sono state caratterizzate nel meridione da una serie di criticità che si presentano in forme più aggravate e distorte rispetto a quanto è accaduto nel resto del paese e, finanche, in altre parti del sud Europa (Sotiropoulos 2004).