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“Prendiamo i soldi dove sono e diciamo NO alla folle corsa al riarmo”. Con questa frase la Cgil annovera l’incremento delle spese in armamenti previsto dalla manovra tra le motivazioni dello sciopero generale del 12 dicembre “contro una legge di Bilancio ingiusta”. Si tratta di un innalzamento di 23 miliardi alla difesa nei prossimi tre anni fino ad arrivare al 5% del pil in spesa militare entro il 2035, questo anche in previsione dell’attivazione della clausola di salvaguardia del Patto di stabilità, per escludere le spese militari dal deficit e sbloccare risorse per il riarmo.
Il sindacato, scendendo in piazza, ribadisce quindi come tanto denaro sia in realtà sottratto a sanità, salari, pensioni, servizi pubblici e investimenti civili per i quali si prevede invece l’impoverimento. Con la manovra, secondo una valutazione previsionale per il 2026 condotta dall’Osservatorio Mil€x sulle spese militari, il Bilancio “proprio” del ministero della Difesa dovrebbe raggiungere in previsione i 32.398 milioni di euro, con un incremento di circa 1,1 miliardi rispetto alla previsione aggiornata per il 2025. La crescita, negli ultimi dieci anni, è di circa il 45%.
Per quanto riguarda il rapporto tra spesa militare e Pil stimato, la percentuale varia da circa 1,46 a 1,51, a seconda che si consideri la spesa militare “pura” o anche le voci indirette relative alle basi militari e ai Fondi europei. Alta anche la quota di investimenti in nuovi armamenti, che, a Legge di Bilancio approvata, sarà di 13.167 milioni di euro. Ciò che la Cgil sostiene è che per fermare il riarmo e destinare maggiori fondi al welfare, ci sono due precondizioni: andare a prendere i soldi dove sono (profitti, extra profitti, grandi ricchezze, evasione fiscale) e rinunciare quindi al riarmo stesso.
Nel primo caso bisognerebbe chiedere un contributo di solidarietà all’1% della popolazione più ricca, per finanziare politiche a beneficio del restante 99%. Una proposta che garantirebbe 26 miliardi all’anno in più, per finanziare tutto ciò che il sindacato rivendica, a partire dalla sanità, alla quale è destinato solamente il 6% del Pil insufficiente al fabbisogno. Nel secondo caso la Cgil mira a fermare la conversione della nostra e quella europea in un’economia di guerra, impedendo che si sottragga un’ingentissima mole di risorse alle vere priorità economiche e sociali del Paese. Solo per l’Italia, parliamo di quasi 1.000 miliardi di euro, se si vuole davvero raggiungere il 5% del Pil entro il 2035.
Quindi anche per dire no al riarmo e investire su sanità e istruzione, tutti in piazza il 12 dicembre in gran parte delle città italiane per lo “sciopero generale contro una Legge di Bilancio ingiusta”.






















