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Questa è una storia come tante, una storia di ordinario sfruttamento. Si potrebbe parlare di futuro distopico, di macchine che si sostituiscono agli uomini. E di fatto è in parte così, ma come da secoli avviene, in una triste coazione a ripetere: se la tecnologia non la governi finisce per fagocitarti. Se non ne definisci le regole di utilizzo e i limiti, a farne le spese saranno le lavoratrici e i lavoratori.
"La tua posizione è ridondante, quello che fai possiamo farlo fare all’intelligenza artificiale”. Quando arrivai a Berlino, dieci anni fa, non potevo immaginare che un giorno mi sarei sentito dire questa frase. Però sapevo che non sarei tornato tanto presto in Italia. Dopo la laurea capii subito che se volevo realizzarmi professionalmente avrei dovuto fare i bagagli. In Germania ci avevo già vissuto in passato, conoscevo il tedesco, e così non mi restò che comprare un biglietto aereo di sola andata. Le mie aspettative non furono deluse: trovai lavoro quasi subito, e dopo una serie di esperienze professionali nell’ambito del content creation e del copywriting approdai a Babbel.
"Babbel mi assunse per fare un lavoro creativo”
I contenuti prodotti dal mio team cominciarono a mostrare ottimi risultati, a fare ottimi numeri. Una sorpresa, ma con un risvolto problematico: i contenuti viaggiavano benissimo sul web, solo che non attraevano effettivamente potenziali nuovi iscritti ai corsi di lingua. Il che, per un'app che deve vendere corsi di lingua, è un po' bizzarro. Così, se all’inizio i nostri responsabili ci avevano spinti a produrre sempre di più, a un certo punto ci imposero una battuta d’arresto.
“Molte delle cose che fate può farle l’intelligenza artificiale”
Ci venne annunciato nel corso di una riunione che alcuni team sarebbero stati interessati da una radicale ristrutturazione, e tra questi c’era il mio. Ce lo dissero senza troppi giri di parole: “Molte delle cose che fate può farle l’intelligenza artificiale”. Il tema vero, però, che non avevano il coraggio di dire ad alta voce, era a mio parere un altro: un conto è promuovere l'immagine di un'azienda per farla conoscere. Un altro è pensare di potere, con un contenuto spingere gli utenti ad acquistare un abbonamento. Ci chiedevano qualcosa che non era possibile fare.
"Con l’AI potevano risparmiare un sacco di soldi”
Quest’ammissione da parte dell’azienda non fu però così immediata. Babbel ha come suo grande competitor Duolingo, che negli ultimi anni ha fatto un uso massiccio e dichiarato dell’intelligenza artificiale. Al contrario Babbel, proprio per porsi come alternativa, si è sempre fatta un vanto del contrario. Le cose, però, hanno cominciato a cambiare quando si sono resi conto che l’intelligenza artificiale gli faceva risparmiare un sacco di soldi. È stato allora che hanno messo il piede sull’acceleratore.
"Volevano capire se potevano fare a meno di noi”
Ci chiesero di comunicare, per ogni progetto, quanto fosse frutto del nostro ingegno e quanto dell’AI, stimolandoci a usarla il più possibile. Insomma, non serviva un genio per capirlo: volevano rendersi conto se e quanto avrebbero potuto fare a meno di noi. La responsabile del mio team ci disse: "Quando potete usare l'intelligenza artificiale usatela, perché vogliamo vedere fino a che punto ci può aiutare".
"A febbraio l’annuncio: tagli per il 40%. C’ero dentro anche io”
Usavamo l’AI non soltanto per scopi compilativi e di supporto alla traduzione, ma proprio a scopi creativi, per scrivere i copy per esempio. Dopo l’annuncio del piano di ristrutturazione, a novembre del 2024, l’azienda avviò una serie di confronti con l’organo interno del Work Council, una sorta di consiglio dei lavoratori, per poi presentare, a febbraio 2025, un piano che prevedeva il 40% di tagli. In una prima fase siamo stati tutti invitati via email a uscite spontanee, qualora avessimo voluto. In una seconda fase alcuni di noi sono stati direttamente invitati ad andarsene e poi licenziati: “La vostra posizione è ridondante”. Licenziati per motivi operativi, così si dice in tedesco. Licenziati, perché ci hanno fatto addestrare un’app a fare a meno di noi.