Nel Marzo 2000 a Lisbona il Consiglio Europeo adottava l’obiettivo strategico di “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica al mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro ed una maggiore coesione sociale”  . 
Dieci anni dopo, e per un periodo di ulteriori dieci anni, fu lanciata l'agenda digitale europea, che, per la prima volta, ha stabilito il ruolo chiave delle ICT per il conseguimento degli obiettivi che l'Europa si era prefissata. Quali erano gli obbiettivi di questo piano decennale 2010-2020?

Servizi
Migliorare l'accesso ai beni e servizi digitali per tutti i consumatori e le imprese europee, con un approccio che  dotasse l'UE di un sistema di regole atte a garantire sia i diritti degli utenti che la protezione dei consumatori e delle imprese.
Per fare qualche esempio si stabilirono prezzi  più bassi per le comunicazioni elettroniche (regolamento (UE) n. 531/2012) e la fine delle tariffe di roaming a partire dal 14 giugno 2017 ("Roaming a tariffa nazionale").

Infrastrutture 
Si comprese la necessità di migliorare e uniformare la connessione a Internet  per costruire un mercato digitale unico basato su internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili. Si pensava in allora a una  copertura totale con banda larga di base. All’epoca il settore ICT generava direttamente il 5% del PIL europeo e rappresentava un valore di mercato di 660 miliardi di euro l'anno. Si ravvisava una frammentazione dei mercati digitali, investimenti ancora troppo scarsi in infrastrutture, rischi cibernetichi, scarsa alfabetizzazione digitale. Si prefigurava la costruzione di un mercato unico digitale europeo.

Le tutele
Infine, rientrano in questa prima Agenda le disposizioni in materia di protezione dei dati, dunque norme a tutela della vita privata dei cittadini (regolamento (UE) 2016/679 e direttiva (UE) 2016/680). 
Con questi e altri atti normativi l’UE mirava a massimizzare il potenziale di crescita dell'economia digitale, con la convinzione che fosse necessario promuovere le competenze digitali, favorendo l’adozione di soluzioni digitali sia all’industria che ai servizi privati e pubblici, contestualmente sviluppando  il calcolo ad alte prestazioni, l'intelligenza artificiale (IA), rendere interoperabili i sistemi, incrementare la ricerca e gli investimenti e promuovere l’alfabetizzazione digitale dei cittadini europei.

Effetti a cascata
In virtù del fatto che ogni implementazione tecnologica comporta, a cascata, la necessità di nuove disposizioni che regolamentino e che uniformino lo spazio europeo, ogni passo è di fatto stato accompagnato da Regolamenti o Direttive specifiche, per questo sul tema delle tutele inerenti i rischi cibernetici abbiamo, ad esempio, il Regolamento Ue 2019/881 del Parlamento europeo e del Consiglio che ha creato l’Enisa, l’Agenzia dell’Unione europea per la cybersicurezza, e ha stabilito le regole della  certificazione della cybersicurezza per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Insomma, con il programma Agenda digitale e gli atti conseguenti, si ponevano le basi per lo sviluppo di uno spazio unico europeo che potesse sfruttare le enormi potenzialità insite nell’implementazione delle nuove tecnologie.

Il secondo decennio 
Oggi, nel secondo decennio di “ digitalizzazione” regolamentata, l’Ue si  pone nuovi obbiettivi, conscia che i profondi cambiamenti introdotti dalle tecnologie digitali sul ruolo essenziale svolto dai servizi e dai mercati digitali sono un ambito che necessita di ulteriori regolamentazioni e che l’Europa può, e anzi deve, candidarsi a giocare un ruolo di primo piano sia in campo tecnologico sia, conseguentemente, in quello geopolitico. Di fatto investire nelle nuove tecnologie e il loro sviluppo significa, oggi quanto ieri, essere protagonisti e non mero spazio di competizione tra concorrenti. Di fatto l’Europa può avere un peso  e non subire la dipendenza da tecnologie extra europee. 
Per farlo però bisogna accelerare alcuni di quei processi che già l’Agenda digitale tratteggiava.
Così il 9 marzo 2021 la Commissione europea ha  presentato la sua  visione e le prospettive previste per la trasformazione digitale dell'Europa entro il 2030. 
La Commissione propone infatti  una “bussola digitale” per il decennio 2020-2030 dell'UE che, a ragione della sua nomenclatura, si sviluppa intorno a quattro punti cardinali:

Competenze
Specialisti delle ICT - almeno 20 milioni di specialisti in Europa con la previsione di una convergenza di genere Competenze digitali di base - minimo l’80% della popolazione adulta dovrà avere competenze digitali di base

Infrastrutture
Infrastrutture digitali sicure e sostenibili
Connettività - 1 gigabit di connettività per tutti e la copertura in 5G ovunque
Semiconduttori all'avanguardia - raddoppiare la quota dell'UE nella produzione mondiale
Dati (Edge e Cloud) - 10.000 nodi periferici in Europa altamente sicuri e a impatto climatico zero 
Informatica - primo computer con accelerazione quantistica (costruire infatti computer quantistici, computer basati su centinaia o migliaia di qubit, che sono l'unità d'informazioni di base nel calcolo quantistico, permetterebbe un vero “salto quantico” nel numero e nella qualità di calcoli che un computer potrebbe realizzare ).

Digitalizzazione dei servizi pubblici essenziali
Servizi pubblici fondamentali - 100% online;
Sanità online - 100% dei cittadini con accesso alla propria cartella clinica;
Identità digitale - 80% di cittadini in possesso d'identità digitale. 

Trasformazione digitale delle imprese
 Introduzione della tecnologia - 75% delle imprese dell'UE che utilizzano cloud/IA/Big Data
Innovatori - aumentare start-up e i finanziamenti per raddoppiare i cd "unicorni" dell'UE
Innovatori tardivi - oltre il 90% delle PMI dovrebbe raggiunge almeno un livello d'intensità digitale di base.

Questi sono gli obiettivi di base del prossimo decennio digitale europeo ma il 26 gennaio 2022 la Commissione ha proposto anche una dichiarazione solenne interistituzionale per il decennio digitale sui diritti e i principi digitali.

Lo ha fatto ponendo al centro le persone, con l’assunto che le tecnologie dovrebbero garantirne i diritti, sostenere la democrazia. Il tutto con una garanzia primaria perché tutti gli operatori digitali agiscano in modo responsabile e sicuro. Le persone dovrebbero potersi muovere infatti in un contesto sicuro e protetto anche da contenuti dannosi e iniqui. Infine la tecnologia dovrebbe avere finalità inclusive, consentire una partecipazione democratica dei cittadini alla vita delle istituzioni e la costante protezione dei propri dati. 

Sostenibilità
Il tutto però, dopo le intese sul clima, con la rinnovata consapevolezza che bisogna muoversi in quadro di sostenibilità ambientale della implementazione delle nuove tecnologie, che hanno caratteristiche particolari di impatto ambientale che non possono essere ignorate. 

L’Ue vuole poi perseguire una serie di obiettivi ambizioni, corredati da una serie di atti e di proposte che tentano di renderli fattuali e concreti.
L’ottica è quella di una ricerca e sviluppo con un afflato multinazionale, per questo si pensa a una serie di specifici progetti:
• la comunicazione 5G,
• il calcolo ad alte prestazioni,
• la comunicazione quantistica sicura,
• la pubblica amministrazione,
• la blockchain,
• i poli dell'innovazione digitale,
• le competenze digitali.

Si tratta di progetti che, affrontati con sinergie multinazionali, potrebbero garantire un maggiore efficacia e rapidità nel raggiungimento di obbiettivi performanti.
Insomma, l’Europa tenta di costruire uno spazio comune digitale e lo fa con una serie di atti che si informano a principi generali che richiamano il tessuto valoriale che caratterizza la storia del nostro continente: la persona al centro, la tutela dei diritti, l’esercizio dei diritti democratici. 
In questo quadro in cui si hanno anche alcuni innegabili ritardi, l’Europa prende atto della necessità d'implementare la ricerca e lo sviluppo industriale e di servizi, consapevole appunto di essere schiacciata tra competitors mondiali che, in questi anni,  hanno dominato la scena internazionale (pensiamo alle big tech statunitensi ma anche ai colossi cinesi).

Il ruolo dei sindacati
Il sindacato europeo e i sindacati nazionali devono giocare un ruolo centrale in questi processi, che riguardano cittadini, lavoratrici e lavoratori.
Per questo la Cgil chiede con forza, in tutte le sedi di dibattito e decisione nazionali e internazionali, che si preveda un ruolo attivo delle rappresentanze della forza lavoro, che siano codificati diritti d'informazione, consultazione e contrattazione, che si aprano spazi d'intervento sovranazionali e si agisca sempre nell’ottica della trasparenza e dell’affidabilità. E, sempre con questa visione, insiste sulla costruzione di una cittadinanza digitale che non si traduca nella mera digitalizzazione documentale ma nella capacità critica di approcciare alla implementazione e all’utilizzo delle nuove tecnologie.
Di sicuro per noi sindacalisti conoscere oggi il quadro normativo europeo è un elemento imprescindibile per avere le coordinate entro cui agire compiutamente, anche nel nostro paese, il nostro ruolo di rappresentanza.