Il lavoro è dignità, è affermazione di sé, è sentirsi ed esser parte della società. La partecipazione al voto è, contemporaneamente, affermazione e costruzione della cittadinanza. Questi i fili che legano le testimonianze di Giuseppe, Catia, Massimiliano, Salvo e Franca. Uomini e donne, portatori e portatrici di disabilità, che un lavoro ce l’hanno, lo cercano o l’avevano.
Giuseppe ha difficoltà motorie; eppure, continuano a proporgli impieghi da facchino o lavori precari, andrà a votare domenica per ridurre la precarietà e ridare dignità al lavoro. E andrà anche per sua moglie che è straniera e ancora oggi si scontra con fenomeni di razzismo e di esclusione.
Franca da tanto tempo lavora nella pubblica amministrazione dopo aver vinto un concorso aperto a tutti, non riservato alle categorie speciali, e per lei quel lavoro è stata la salvezza, dal punto di vista economico – avrebbe avuto una vita difficile se avesse dovuto contare solo sulla pensione di inabilità – e dal punto di vista sociale. Voterà cinque sì per dare un futuro ai ragazzi e alle ragazze come suo figlio.
Massimiliano non vede, iscritto al collocamento nelle liste speciali è stato chiamato da un ente collegato alla Regione Siciliana e lavora come centralinista. A votare è sempre andato e andrà anche domenica prossima, ma racconta delle difficoltà che spesso ha incontrato ai seggi per poter esercitare il proprio diritto ad essere accompagnato fin dentro la cabina elettorale.
Salvo ha una motivazione in più e personale per votare sì domenica prossima: è invalido sul lavoro, anni fa la sua ditta lavorava in sub appalto, lui è caduto da una impalcatura e si è spezzato la colonna vertebrale. La grande ditta responsabile della catena di sub appalti, ovviamente, si è lavata le mani rispetto all’incidente. “Per me – afferma – ormai non c’è più niente da fare ma per gli altri che potrebbero trovarsi nelle mie condizioni è indispensabile votare sì al referendum numero 4”.
Infine, Franca che per poter esercitare il proprio diritto al lavoro dalla Sardegna si è spostata a Palermo. Il lavoro è sempre stata la sua prima aspirazione. Lei, insegnante di 81 anni ormai in pensione, ritiene andare a votare “un obbligo morale”.