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Era il 23 maggio 1992 quando il tritolo di Cosa Nostra fece esplodere un tratto dell’autostrada A29, all’altezza di Capaci, vicino Palermo. In quell’attentato persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la magistrata Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Da allora, ogni anno, il 23 maggio è diventato il giorno della memoria ma anche dell’impegno civile contro la criminalità organizzata. In quella data, non solo Palermo ma tutta l’Italia ricorda le vittime per riaffermare il valore della legalità. Come diceva Falcone: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.
Il dolore per la strage fu immediatamente seguito da una reazione collettiva. Una mobilitazione spontanea attraversò la città e il Paese, diventando un punto di svolta nella coscienza civile italiana. Anche la musica raccontò quel momento: Jovanotti, nella canzone “Cuore”, dedicò versi a quella Palermo scesa in piazza per non rassegnarsi al silenzio.
Una canzone emblematica di quel maggio di ribellione civile nata dal basso: “I ragazzi son stanchi dei boss al potere, i ragazzi non possono stare a vedere la terra sulla quale crescerà il loro frutto bruciato e ogni loro ideale distrutto. I ragazzi diffidano di ogni proposta, non stanno cercando nessuna risposta, ma fatti, giustizia, rigore morale da parte di chi calza questo stivale. I ragazzi hanno il tempo che li tiene in ostaggio, ma da oggi han deciso di farsi coraggio, perché non ci sia un’altra strage di maggio”.
Quel maggio segnò l’inizio di una nuova stagione di attivismo popolare. In risposta all’attentato, nacque a Palermo il “comitato dei lenzuoli”: cittadini, giovani, famiglie appesero lenzuola bianche dai balconi in segno di lutto, protesta e resistenza morale. L’iniziativa partì da Marta Cimino, assistente sociale, figlia di due giornalisti de L’Ora di Palermo. Fu lei a scrivere un volantino che invitava la cittadinanza a reagire al potere mafioso, a non restare in silenzio, a mostrare pubblicamente il rifiuto della violenza e dell’omertà.
"Ricordo con emozione i balconi palermitani tappezzati di questi lenzuoli bianchi, superando l'atavica omertà che contraddistingueva la città e mostrando con un gesto semplice ma altamente simbolico che migliaia di famiglie erano stanche di stare in silenzio, soggiogate dalla paura e desiderose di un cambiamento che, in effetti, possiamo dire c'è stato", dice Pietro Grasso, presidente di Scintille di Futuro.
Nel 2012 il registra Pierfrancesco Li Donni ha raccolto nel film documentario ‘Il secondo tempo’ la testimonianza di Marta Cimino: “L’omicidio di Falcone fu una cosa fuori da ogni schema” e così ci fu “un’esplosione in tutte le coscienze, una cosa così non si era mai vista”, “eravamo silenziosi” racconta Cimino “perché il dolore e la rabbia erano incontenibili e generalizzati” ed è così che nacque l’idea, “ed è stato immediato procedere a questa azione”.
Il 19 luglio, appena 57 giorni dopo Capaci, un secondo attentato mafioso in via D’Amelio uccise Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Anche allora, la risposta della città fu immediata e forte. Le lenzuola bianche tornarono alle finestre, diventando un emblema nazionale di opposizione al potere mafioso.
Quel gesto simbolico, negli anni, è diventato una tradizione: un atto di ribellione civile, un segno di risveglio delle coscienze, l’espressione di una società che non vuole più essere complice né spettatrice della mafia.