Il salario deve essere sufficiente a mantenere l'operaio e la sua famiglia. Se il lavoratore, “costretto dalla necessità, o per timore del peggio, accetta patti più duri perché imposti dal proprietario o dall'imprenditore, e che volenti o nolenti debbono essere accettati, è chiaro che subisce una violenza contro la quale la giustizia protesta”.

Queste parole non sono state espresse in una concitata assemblea sindacale ma nel lontano 1891 da papa Leone XII nell’enciclica Rerum Novarum e cento anni dopo risuonano ancora attuali nel monito rivolto da Giovanni Paolo II alle nuove generazioni di imprenditori nell’enciclica Centesimus Annus promulgata emblematicamente il 1 maggio 1991 che segue di dieci anni l'esaltazione della fondamentale funzione sociale del sindacato espressa nella enciclica Laborem Exercens.

I lavoratori del magazzino del gruppo della storica casa editrice cattolica che pubblica Famiglia Cristiana mai si sarebbero quindi aspettati di subire la sostituzione peggiorativa del loro contratto collettivo e l’imposizione di condizioni salariali e di lavoro inferiori con la prospettiva, in caso di mancata accettazione, di un trasferimento di sede di lavoro di oltre 700 chilometri.

Eppure, improvvisamente, la società Distribuzione San Paolo, azienda che commercializza i prodotti editoriali e multimediali, nel febbraio 2019 preannunciava alla Filcams che il suo contratto collettivo del terziario distribuzione e servizi fino ad allora applicato ai lavoratori sarebbe stato sostituito 15 giorni dopo da un nuovo contratto collettivo della logistica sottoscritto dalla Cisal.

Scompariva la 14 mensilità, aumentavano le ore di lavoro e da una sommaria analisi delle condizioni del nuovo contratto collettivo emergeva una drastica riduzione dei parametri retributivi. Non c’era spazio per alcuna mediazione nè margine per una consultazione. La laconica informativa non consentiva alcuna trattativa.

La sostituzione del contratto, veniva giustificata dall’azienda per una omogenizzazione normativa (al ribasso) che Diffusione San Paolo riteneva consentita a seguito della scadenza del contratto collettivo nazionale sottoscritto dalla Filcams. I lavoratori che si dichiaravano indisponibili ad accettare la sostituzione venivano convinti grazie ad un provvidenziale trasferimento da Roma in Piemonte revocato solo dopo la firma di una conciliazione con i rappresentanti Cisal con la quale si accettava la novazione contrattuale.

Il Tribunale di Asti, con una importante pronuncia dello scorso 7 giugno  a conclusione di un giudizio per repressione della condotta antisindacale promosso dalla Filcams nazionale, ha dichiarato la natura antisindacale del comportamento della società e ha ordinato all’azienda di disapplicare il Ccnl Cisal riconoscendo piena validità ed efficacia alla contrattazione collettiva della Cgil liberamente pattuita  in sede di assunzione.

La decisione del tribunale piemontese costituisce un caposaldo fondamentale nella lotta al triste fenomeno del dumping contrattuale agevolato dalla proliferazione incontrollata di contratti collettivi pronti per essere applicati da imprese che con disinvoltura non esitano a massimizzare gli utili a scapito delle condizioni contrattuali dei lavoratori, “prelevando” dallo scaffale dei contratti low cost quello più confacente al caso.

Il Giudice ha ritenuto che la sostituzione del contratto e gli accordi di accettazione stipulati direttamente con i lavoratori erano contrari ai principi di trasparenza che impongono di fornire al sindacato una preventiva adeguata informativa finalizzata ad un accordo nel rispetto dei principi stabiliti dal d.lgs 25/07. La sentenza ritiene inoltre antisindacale  la decisione di sostituire il Ccnl in quanto la clausola di ultrattività contenuta nel Ccnl rendeva illegittima la scelta dell’azienda di negare la persistenza del contratto collettivo.

Nonostante la scadenza della vigenza contrattuale, il nucleo dei diritti assicurati dal complesso delle norme del contratto non poteva essere intaccato dalla scelta unilaterale di Diffusione San Paolo di svincolarsi dal Ccnl sottoscritto dalla Filcams al fine di sostituire la relativa disciplina. Solo le organizzazioni sindacali firmatarie – conclude il giudice – hanno, infatti, la facoltà di rendere inefficace un contratto collettivo al quale, nonostante la scadenza le parti stipulanti hanno inteso assicurare continuità normativa con la clausola di ultrattività.

L’ultrattività convenzionale costituisce il fulcro del sistema che inibisce all’impresa di disporre a piacimento del contratto collettivo anche dopo la sua scadenza. È una fondamentale vittoria non solo per i lavoratori di Distribuzione San Paolo ma per tutti i lavoratori che vedono nella tutela della contrattazione rappresentativa, liberamente scelta, una garanzia essenziale per il riconoscimento di condizioni di lavoro giuste eque e dignitose.

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