Il 29 maggio 2013 moriva a Milano Franca Rame, compagna di vita di Dario Fo, militante politica e collaboratrice di Soccorso Rosso. Una donna libera, antifascista, resistente. Originaria di Villastanza, frazione di Parabiago, Franca è figlia d’arte: il padre Domenico Rame era un attore e la madre Emilia Baldini, prima maestra, diventerà attrice, come il fratello Enrico. Il suo primo film, nel 1952, è Papaveri e papere di Marcello Marchesi, con Walter Chiari. Nel 1957 fonda insieme al marito la compagnia Fo-Rame.

Franca è prima attrice, collaboratrice all’allestimento dei testi e responsabile dell’amministrazione. “Recitare - dirà - significa tradurre con gesti e parole la scrittura, convincere usando il minimo dei mezzi, sia vocali che gestuali, non strafare, evitare gli effetti facili e soprattutto comunicare.(…) accetto di essere classificata ‘attrice’, ma con l’aggiunta di qualche altra definizione. Nella compagnia in cui sono nata e cresciuta ho imparato tutto quello che può servire per fare questo mestiere, dal restaurare un costume a calare un fondale”.

A partire dagli anni Settanta partecipa al movimento femminista cominciando a interpretare testi di propria composizione come Tutta casa, letto e chiesa, Grasso è bello!, La madre. Nel 1971 è tra i firmatari della lettera aperta pubblicata sul settimanale L’Espresso sul caso Pinelli.

Il 9 marzo 1973 viene rapita da cinque uomini, fatta salire a forza su un camioncino e stuprata per ore. I colpevoli non saranno mai arrestati nonostante molti anni dopo un pentito farà i loro nomi: il reato era ormai prescritto. Una vicenda atroce che l’attrice reciterà nel monologo Lo stupro.

“Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti - dirà - È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca. Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido… Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani”.

Nel 1999 i coniugi Fo ricevono la laurea honoris causa da parte dell’Università di Wolverhampton e alle elezioni politiche del 2006 Franca viene eletta senatrice in Piemonte (nello stesso anno Antonio Di Pietro la propone alla carica di presidente della Repubblica raccogliendo però solo 24 preferenze).

Lascerà il Senato nel 2008, dichiarando che le “istituzioni mi sono sembrate impermeabili e refrattarie a ogni sguardo, proposta e sollecitazione esterna, cioè non proveniente da chi è espressione organica di un partito o di un gruppo di interesse organizzato”.

Il 19 aprile 2012 è colpita da un ictus e ricoverata d’urgenza al policlinico di Milano. Morirà il 29 maggio 2013, nella sua abitazione in corso di Porta Romana, tra le braccia del compagno di una vita. Fuori dalla camera ardente allestita al Teatro Piccolo saranno in tantissime a indossare un accessorio rosso come l’attrice aveva chiesto (“Donne, tante donne, tutte quelle che ho aiutato, che mi sono state vicine, amiche e anche nemiche... vestite di rosso che cantano Bella ciao”. Così aveva immaginato i suoi funerali).

“Se ne va un pezzo di femminismo”, sarà il commento di tante, mentre il feretro esce dalla camera ardente tra le note di Bella ciao, gli applausi della folla e un unanime grido: ‘Ora e sempre resistenza’. Al termine della cerimonia laica pugni alzati e le note dell’Internazionale. “Mia madre mi diceva sempre - ricorderà il figlio Jacopo - che Dio c’è ed è comunista”.

“Franca - raccontava Dario Fo - è nata sulla scena, la sua è una grande famiglia di comici dell’arte. Sua madre, l’Emilia, l’ha fatta debuttare neonata nei panni dell’infanta in Genoveffa di Brabante. Quando ha saputo che volevamo sposarci, mia suocera ha mandato un lamento: un altro attore in famiglia! In cambio ha preteso che ci sposassimo in chiesa. Era convinta che le unioni degli altri figli non fossero andate bene perché non consacrate. In effetti la benedizione del parroco di Sant’Ambrogio ha funzionato”.