Il 'Piano Sud 2030' è “un vero e proprio documento programmatico”, che prova ad individuare una strategia “di ampio respiro”, con un orizzonte temporale “necessariamente di medio-lungo periodo”. Di positivo c'è soprattutto “una novità di metodo apprezzabile”, ma anche dal punto di vista del merito, il piano presenta “numerosi titoli che vanno nella direzione giusta”. Non mancano però i punti d'ombra, visto che “le misure proposte per il breve periodo non hanno nel concreto una grande capacità di impatto, né per mole di risorse investite, né per la loro stessa natura”. È un giudizio composito e articolato quello che la Cgil dà del piano per il Sud, presentato lo scorso 14 febbraio dal presidente del Consiglio Conte e dai ministri Provenzano (Sud) e Azzolina (Istruzione) in conferenza stampa a Gioia Tauro.

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Il Piano – come spiegano nella loro analisi Riccardo Sanna (coordinatore area politiche per lo sviluppo) e Jacopo Dionisio (responsabile politiche per la coesione territoriale e il Mezzogiorno) - prevede un orizzonte temporale lungo, dieci anni ma è articolato in fasi progressive, la prima delle quali guarda al triennio 20-22, con alcuni interventi che andranno a regime già nei prossimi mesi. Dal punto di vista delle risorse il piano poggia su tre pilastri che non prevedono un nuovo aggravio per la finanza pubblica con risorse aggiuntive, ma riguardano piuttosto l’efficacia e la capacità di spese delle risorse ordinarie e dei fondi nazionali ed europei rivolti alla coesione territoriale. Complessivamente, in ogni caso, l'obiettivo è una spesa complessiva di 21 miliardi nel triennio, naturalmente da ripartire tra i territori e i diversi filoni di intervento.

In particolare, sono 5 le “missioni” individuate dal Governo su cui indirizzare le risorse disponibili e quelle future: istruzione; infrastrutture sociali e per il trasporto e la mobilità; transizione ambientale ed energetica; green deal; ricerca e innovazione; Mediterraneo, portualità, logistica, export. Per ognuna di queste missioni alcune misure sono già state previste con la legge di bilancio o partiranno nei prossimi mesi, in alcuni casi si tratta poco più che di titoli da rendere concreti, in altri di misure più definite. Inoltre, il piano prevede alcuni interventi trasversali sul fronte dell’occupazione, del sostegno all’impresa e più in generale degli investimenti.  

Ma secondo la Cgil, “al di là delle misure elencate, lo sforzo maggiore del Piano è concentrato sulle procedure e la riorganizzazione amministrativa necessaria a liberare e spendere più rapidamente risorse già programmate ma non utilizzate con efficacia”. La seconda parte del documento presentato dal governo delinea infatti una strategia di rafforzamento della capacità amministrativa incentrata su due principi: il rafforzamento del ruolo centrale dello Stato in senso di maggior presidio degli interventi e una cooperazione rafforzata con le amministrazioni territoriali per un migliore accompagnamento degli interventi.

In quest'ottica di rafforzamento rientra anche un piano di assunzioni qualificate nella Pa di 10.000 giovani con competenze coerenti alle necessità delle amministrazioni in termini di esecuzione delle politiche per la coesione (progettazione, rendicontazione, valutazione ecc..). “Il Ministro Provenzano – spiegano Sanna e Dionisio - sta verificando la possibilità con la Commissione europea di utilizzare a tale scopo le risorse della programmazione europea che altrimenti, finora, sono state destinate all’assistenza tecnica esterna, cioè a società private di consulenza, senza ritorno alcuno a livello strutturale per le pubbliche amministrazioni. Le procedure per programmare tali assunzioni dovrebbero essere avviate già nel 2020”. 

“Un piano certamente ambizioso per raggio di intervento e obiettivi – osserva ancora la Cgil - alcuni dei quali se raggiunti potrebbero davvero imprimere una svolta al modo in cui il Paese investe sulla coesione e lo sviluppo dei territori”. Tuttavia, siamo di fronte a un Piano che “ancora una volta deve poggiare sopratutto sulle risorse aggiuntive, nazionali ed europee, con tutti i limiti di frammentazione e intensità che hanno, in assenza di un solido coordinamento con le politiche ordinarie”.

Poche le risorse e dunque scarsa la possibilità di un effetto sistemico, secondo il sindacato: “Tutto è centrato sulla speranza di un effetto leva delle politiche di coesione, che, quand’anche si riuscisse nell’obiettivo di rendere più efficaci, è tutt’altro che scontato e sufficiente. Per questo – concludono dal sindacato - occorre riprendere l’interlocuzione con il Governo sugli investimenti, in sinergia con quella sul 'Piano Sud', in vista del Documento di Economia e Finanza, con l’obiettivo duplice di dare corpo e sostanza ai titoli positivi del Piano, coniugandoli con una svolta necessaria nella politica economica”.